joao miranda

“SPALLETTI? COME UOMO È STATO IL PEGGIORE ALLENATORE MAI AVUTO. VIVEVA COL TERRORE CHE QUALCUNO PARLASSE MALE DI LUI” – L’EX DIFENSORE DELL’INTER JOAO MIRANDA SVELENA CONTRO IL TECNICO TOSCANO: “IMPONEVA LA PAURA. NON A CASO SONO POCHI I CALCIATORI AD AVER AVUTO BUONI RAPPORTI CON LUI” – “LITIGAMMO PER QUESTIONI DI CAMPO. NON AMA CHI GLI SI METTE CONTRO E HA OPINIONI DIVERSE. DOPO QUEL DIVERBIO HO INIZIATO A GIOCARE SEMPRE MENO” – “LA FASCIA TOLTA A ICARDI? ROBE PERSONALI. LUCIANO È COSÌ: NON CREDO PENSI TOTALMENTE ALLA SQUADRA. QUANDO TI PRENDE DI MIRA È FINITA…” - VIDEO

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Estratto dell’articolo di Filippo Pietrella per www.gazzetta.it

 

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João Miranda è andato oltre le aspettative. A 10 anni, mentre sua madre si asciugava le lacrime al funerale del suo primo figlio, Joao richiamò la sua attenzione. “Ti prometto che farò il calciatore. Renderò onore alla memoria di mio fratello”. Promessa mantenuta.

 

Miranda è stato uno dei centrali più forti della sua generazione, campione d’Europa League nel 2012 con l’Atletico e finalista di Champions nel 2014, quando il “cabezazo” di Sergio Ramos gli strappò dalle mani una coppa già vinta. “Sulle palle inattive eravamo i migliori. Lui segnò proprio di testa, al 93esimo…”. Miranda, 41 anni, risponde da San Paolo per raccontarci il suo Atletico-Inter. Quattro anni a Madrid con cinque trofei, altrettanti a Milano ma senza vincerne uno. “Un altro grande rimpianto”.

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[…] Che coppia è stata Miranda-Godin?

“Impareggiabile. Sarò sincero: a quei tempi non c’era nessuno come noi. Neanche Ramos-Varane al Real o la BBC della Juve. Singolarmente magari sì, ma insieme eravamo fortissimi. Siamo stati i primi soldati di Simeone, e a me fa anche ridere definirmi così…”.

 

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Come mai?

“Se non avessi fatto il calciatore sarei entrato nell’esercito. Con noi dietro, comunque, non passava nessuno”.

 

[…] Com’era il primo Simeone?

“Come lo vede adesso. Uno che ci riuniva a centrocampo coi suoi discorsi: “Se sei il migliore in campo, non mi importa se perdi”. Anche se quando uscivamo sconfitti era un dramma. Era come se avessimo salutato un familiare al funerale. Ci ha trasmesso fame e grinta”.

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Un flash sul suo modo di essere?

“Ricordo il suo modo di stare in panchina: sempre vestito di nero, adrenalinico, sanguigno. In campo è una persona, fuori un’altra. Quando lo incontravamo in giro per Madrid, magari a cena, ci abbracciava e scherzava con tutti, ma durante l’allenamento ci massacrava. Un’ora e mezza di intensità. E dovevi dare il 100%, altrimenti ti mangiava”.

 

[…] All’Inter avrebbe potuto dare di più?

“Dipende dai punti di vista, ma in generale penso di sì. Con Mancini, De Boer e Pioli ero titolare, poi è arrivato Spalletti. Uno che ha imposto la paura”.

 

In che senso, la paura?

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“Come allenatore niente da dire: un vincente. Ha riportato l’Inter in Champions e ha gettato le basi per il futuro, ma come uomo… lasciamo stare. Il peggior allenatore avuto in Italia in tal senso. Mancini è stato un gentleman, De Boer non è stato capito. Ma Spalletti viveva col terrore che qualcuno parlasse male di lui. Se ci fa caso sono pochi i calciatori ad aver avuto buoni rapporti con lui”.

 

In cosa non vi siete trovati?

“Litigammo per questioni di campo. Non ama chi gli si mette contro e ha opinioni diverse. Dopo quel diverbio, successo nel mio ultimo anno all’Inter, ho iniziato a giocare sempre meno. Mi schierava una volta sì e un’altra no. Così è difficile entrare in condizione, soprattutto se ti ritrovi a giocare solo le partite importanti”.

 

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Nel 2019 lui tolse la fascia di capitano a Icardi. Anche per colpa delle dichiarazioni di Wanda.

“Robe personali. Lui è così: non credo pensi totalmente alla squadra. Quando ti prende di mira è finita. Comunque, nonostante ciò che diceva Wanda, Mauro è sempre stato professionale con noi. E quanto segnava...”.

 

Il rimpianto interista che si porta dietro?

“Non aver vinto un trofeo”.  […]

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