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Simone Pieretti per il Tempo
È stato il primo raggio di sole dell’estate laziale, un primo fascio di luce che ha illuminato il Rinascimento calcistico della società più antica della Capitale. Gol, dribbling, corse a perdifiato verso l’area di rigore avversaria. In una carriera fatta di guizzi, gli è mancato lo scatto vincente per proiettarsi dalla storia alla leggenda.
Nel momento giusto ha fatto spesso la scelta sbagliata, allontanandosi da quella gloria che aveva laboriosamente conquistato sul campo. Tre titoli di capocannoniere il magro bottino di una carriera che avrebbe meritato altri riconoscimenti. Beppe Signori sabato compie cinquant’anni, mezzo secolo carico di gol, emozioni e qualche scivolata.
È stato un Re, senza mai riuscire a diventare Imperatore. La lite con Arrigo Sacchi per il rifiuto di giocare in un ruolo diverso da quello di attaccante nella finale dei Mondiali 94 contro il Brasile, lo strappo con Eriksson a Vienna nel momento in cui stava nascendo la Lazio più bella della storia, il divorzio dal Bologna quando mancavano appena 12 reti per entrare nel club esclusivo dei 200 gol, frequentato unicamente dai cinque bomber che avevano scritto la Storia del calcio italiano.
Ma a Roma, all’ombra del Colosseo, Signori resta Signori: riavvolgere il nastro del suo film è una carezza al cuore, un nostalgico tuffo nel passato che sa di passione. La sua chioma, bionda come messi di grano, era la promessa di un raccolto opulento, garanzia di emozioni, una schedina del Totocalcio con i tredici segni esatti. La vita gli ha riservato qualche tiro mancino, forte come le randellate che era costretto a subire sulle caviglie dai suoi ringhiosi marcatori, picchiatori randagi con licenza di uccidere. I successi individuali ottenuti certificano le eccellenti doti di attaccante rapido - tecnico - cinicamente spietato in zona gol. Il suo sinistro affilato sapeva essere potente, la precisione chirurgica con la quale riusciva a infilare i portieri, rara dote dei bomber di razza.
Era arrivato a Roma in punta di piedi, ma con i tifosi della Lazio fu amore a prima vista - un colpo di fulmine inaspettato - una liason che avrebbe segnato il lustro successivo in maniera indelebile; Signori è il ragazzo che rompe la coltre di nebbia dei fumogeni col pugno alzato - dalla parte laziale nessuno ha visto nulla - ma ci si abbraccia sulla fiducia, è il rigorista al quale basta un passo per fare gol, il bomber che … «e segna sempre lui», il giocatore che paralizza un’intera città perché il presidente lo vuol vendere, ma alla fine resta furor di popolo. È il capitano che prende per mano la Lazio e la porta, gol dopo gol, fino a un passo dal traguardo. Poi, vincono gli altri. E lui, sempre a un passo dalla gloria.
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