DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Paolo Tomaselli per il Corriere della Sera
«Alla Juventus manca Paul Pogba a centrocampo, era il nostro LeBron James» (Giorgio Chiellini). «Fame, palle, intensità. Loro sì e noi no. Zero alibi. Poche chiacchiere. Solo così possiamo arrivare in fondo per raggiungere i nostri obiettivi» (Leonardo Bonucci). Se lo dice la Bbc, allora dev’essere vero. E anche se il pensiero dei due senatori bianconeri è opposto, un concetto non esclude l’altro. Perché nella Juve formato «Luna park, con troppi alti e bassi» (ancora Chiellini) c’è un problema strutturale.
Manca il peso di Pogba, fisico e tecnico: le due cose andavano di pari passo e il francese maneggiava ormai le due fasi con la scioltezza necessaria a rendere fluida ed efficace la manovra. Fattore — quello della fluidità — che nella Juve di oggi si vede davvero raramente. Però siamo a metà gennaio e la stragrande maggioranza delle partite, questa Juventus senzapogba le ha vinte, considerato che il segno X in campionato non esce addirittura dal 19 febbraio, 0-0 col Bologna. O tutto o niente, quindi.
Perché oltre alla tecnica e alla qualità individuale la Juve quasi sempre ha messo in campo anche le doti evocate da Bonucci. E così la scelta di investire tutto sulla trequarti d’attacco, con Higuain e Pjanic, senza aver mai davvero rimpiazzato Vidal prima e Pogba poi, ha retto. E magari sulla strada del 4-3-2-1 bruscamente interrotta a Firenze da un ritorno necessario al vecchio 3-5-2, potrà reggere fino in fondo.
Anche se i segnali dati dal k.o. in Supercoppa e da quello di Firenze non vanno sottostimati: certi alti e bassi possono lasciare il segno, come dimostra il divorzio con Patrice Evra — reduce da una pessima prestazione contro il Milan a Doha — ancora in attesa di trovarsi una destinazione. Il francese fino a poche settimane fa era considerato uno dei leader dello spogliatoio. Adesso i leader, anche tecnici, non si vedono nello sviluppo del gioco bianconero. Perché né Higuain, che pure adesso segna con grande regolarità, né Pjanic, né Dybala, tanto meno quello visto a Firenze, lo sono.
«L’anno scorso avevamo un giocatore che era il LeBron James del calcio, mi riferisco a Pogba naturalmente, che anche quando non si vedeva era impressionante — argomenta Chiellini —. Ci stiamo lavorando. Il mister è una persona intelligente e siamo consapevoli dei nostri difetti e non da ora. Abbiamo sbagliato quattro partite e le abbiamo pagate care tutte e quattro. Dobbiamo migliorare tanto, dobbiamo riflettere sul fatto che abbiamo fatto quattro trasferte difficili e non abbiamo fatto punti: dobbiamo cambiare questo andazzo.
Ci manca ancora qualcosa per essere la squadra che ammazza il campionato. Non abbiamo trovato un equilibrio che ci permetta di essere solidi. Ora siamo una squadra come le altre, che vince e perde ». Sembra una frase qualsiasi: «Siamo una squadra come le altre». Ma non lo è. Potrebbe essere la fine di qualcosa. E l’inizio di altro: di una squadra che ha sconfessato il dogma dell’infallibilità. Ed è pronta a lavorare su un nuovo obiettivo: ricostruirselo.
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