DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Michele Farina per il “Corriere della Sera” - Estratti
Una «partita epica», così è stata definita dagli organizzatori, che si gioca in Africa. Una rivincita nella savana, dove mai pallina era rimbalzata prima d’ora. Appuntamento oggi sulla «terra rossa» dei Serengeti, il paradiso degli elefanti con tremila leoni nei dintorni e il Kilimangiaro all’orizzonte.
Da una parte John McEnroe, 64 anni, sette Slam vinti, il tennista più amato e odiato di sempre. Dall’altra — si trattasse davvero di una sfida «epica» ancorché tra vecchie glorie — potrebbe starci un Bjorn Borg. E invece no. Mal riposti anche i paragoni arditi con la boxe, con il «Rumble in the Jungle» del 1974 quando Mohammed Ali sfidò Foreman sul ring equatoriale di Kinshasa. Il match nel bush (su un campo sintetico fatto arrivare dalla Cina e subito smontato) sembra più che altro un’esibizione di cattivo gusto.
Non piace agli abitanti del luogo, i guerrieri-pastori Masai sempre più estromessi dai loro territori ancestrali, che promettono contestazioni a bordo campo. A sfidare il Genius del tennis nell’area protetta di Ngorongoro, in una terra resa famosa dalla grande transumanza di antilopi e gnu, sarà il fratello Patrick, più giovane (57 anni) e meno bravo.
Una partita in famiglia, nobilmente presentata come il culmine di un’avventura tesa a portare l’arte della racchetta in un angolo di mondo dimenticato dalla dea Eupallina.
In realtà intorno ai McEnroe (sopra John, con gli occhiali, e Patrick) , più che bambini Masai desiderosi di imparare i segreti dello smash, ronzeranno i cento spettatori arrivati da lontano, i fortunati che hanno pagato fino a 27 mila dollari per alloggiare nei Four Seasons Lodge e partecipare al safari tennistico più stravagante della storia, organizzato dall’agenzia Insider Expeditions con la benedizione delle autorità della Tanzania.
A riceverli si è scomodata la presidente in persona, Samia Suluhu Hassan, 63 anni, eletta nel 2021 alla guida di un Paese alla disperata ricerca di investimenti (gli Emirati Arabi hanno appena assunto il controllo del porto della capitale), alle prese con la povertà endemica e il cambiamento climatico (le inondazioni di questi giorni hanno fatto almeno 47 vittime a Katesh, poco più a sud delle mete toccate dalla «spedizione» McEnroe).
Protestano Amnesty International e Human Rights Watch, dando voce alle associazioni locali: il safari McEnroe si inserisce nel conflitto crescente tra il governo e le comunità Masai che vengono allontanate dalle loro terre nella zona del vulcano spento Ngorongoro.
Nel 2022 l’Onu ha chiesto alla presidente Hassan di porre fine al piano di spostamenti
forzati di 82 mila persone verso un’area a 600 km di distanza. Ha un bel dire il portavoce di McEnroe e dell’associazione benefica da lui fondata, il Johnny Mac Tennis Project di New York (a cui andrà parte dei proventi del tour): «John è un ambientalista non vuole entrare in questioni politiche». Ci entra eccome. Con un doppio fallo: un favore di immagine al governo, truccato da opera buona. Dopo l’«epica» partita, i fratelli Mac e i cento vip visiteranno l’area del cratere spento di Ngorongoro, dove ai Masai è proibito recarsi con le loro greggi.
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