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Andrea Scanzi per "il Fatto Quotidiano"
gli inglesi soffrono per balotelli
Da sempre allergico al senso della misura, il giornalismo calcistico ha perso ogni rigurgito di pudore dopo la vittoria dell’Italia con l’Inghilterra. Il primo a crogiolarsi nell’enfasi è stato Cesare Prandelli: “Trionfo epico”, ha sentenziato. Non esageriamo: bella vittoria sì, ma la parola “epica” andrebbe scomodata giusto per le Italia-Brasile di 32 anni fa. Ritenuta alla vigilia una squadra prossima a una conventicola di semi-schiappe, l’Italia di Don Cesare assurge ora a squadrone che tremare il mondo fa. O anche solo farebbe.
L’entusiasmo è in parte giustificato, perché al momento di colossi così superiori alla Nazionale non se ne vedono. Giusti gli applausi, forse meno i peana. Ancor più se riguardano chi, fino all’altro giorno, era ritenuto un bullo spacca-spogliatoi. Mentre la stampa più nazionalista dipinge Joel Campbell (la punta della Costarica) come un satanasso inarrestabile, giusto per preparare agli azzurri un alibi, larga parte dei media santifica Balotelli come il nuovo Garibaldi.
Il più ardito è il Corriere della Sera: “Balotelli ambasciatore di una bella nazionale che sa farsi voler bene”. Da “mela marcia”, come lo definì Berlusconi e come tanti (troppi) pensano, ad “ambasciatore”. Giornali e tivù traboccano di servizi che tratteggiano Balotelli come un ragazzo di colpo immacolato: a Brasile ha trovato le condizioni ideali, la gente lo idolatra e i bambini piangono al suo passaggio.
Ci sono, attorno a Balotelli, due errori di fondo. Il primo attiene alla sua “condotta morale”: è un uomo contraddittorio e talora autolesionistico, che ha collezionato harakiri ora tristi e ora tragicomici, ma non certo un calciatore da condannare senza diritto al perdono. Balotelli non è un esempio, né nella condotta in campo (l’indolenza, le simulazioni) né nelle intemperanze fuori dagli stadi (le risse, le multe, le sboronate).
Il punto è che, lui, non ha mai ambito a essere un “esempio”. Neanche quando passa due Natali a Mata Escura, la favela più povera di Salvador de Bahia, e adotta a distanza cinque bambini. Gioca quasi sempre per se stesso, perennemente accigliato e con una serenità che lo conforta sporadicamente (spesso proprio in Nazionale). È un ragazzo che, quando fa del male, sceglie rigorosamente se stesso come bersaglio.
balotelli dopo italia inghilterra
Il secondo errore di fondo attiene alle sue qualità tecniche reali. Tanto talentuoso quanto intermittente. Il giornalismo italiano schizza come una pallina da flipper: ora è il nuovo Maradona, ora il nuovo Blissett. Quando poi veste la maglia azzurra, ecco arrivare il surplus di retorica. L’esagerazione buonista, l’iperbole zuccherosa: non solo campione, ma pure “ambasciatore”.
Non importa che, a ben pensarci, la sua partita con l’Inghilterra sin lì un po’ anonima sia stata salvata dal gol (neanche difficilissimo) e che l’unica epifania di genio vero abbia casomai coinciso con quel pallonetto lunare salvato sulla linea. E non importa nemmeno che Balotelli sia tale anche e soprattutto in virtù dello sbaglio marchiano: se a Mario togli la cazzata, lo normalizzi.
No: i media italiani devono per forza trasformare il peccatore in figliol prodigo. Così, sempre sul Corriere della Sera, addirittura in prima pagina, Aldo Cazzullo lo definisce “buona metafora dell’Italia”: “La differenza di percezione dell’Italia – e di Balotelli – in patria e all’estero è impressionante.
Un Paese sfiduciato, rassegnato, giunto quasi a commiserare se stesso, all’esteri – e in particolare qui in Brasile – è considerato una terra benedetta da Dio, che si guarda con affetto e ammirazione. Non diversamente, Balotelli, da noi visto come uno scapestrato che è meglio perdere che trovare, all’estero – e in particolare qui in Brasile – è amato come il portabandiera della sua generazione e del suo Paese.
BALOTELLI E VERATTI
Fanny Neguesha e Balotelli
MARIO BALOTELLI
veratti, balotelli, candreva
Un’Italia lontana dagli stereotipi, multietnica, aperta, piena di energia, e soprattutto giovane”. Per Cazzullo, Balotelli è il Renzi della Nazionale e Prandelli il Napolitano della panchina. Su di lui, addirittura, “grava una responsabilità importante”: “i neri italiani esistono, esisteranno sempre di più” e lui li rappresenta. Balotelli è quindi – al tempo stesso – ambasciatore, metafora di un paese e rappresentante della integrazione razziale. Un mix tra De Gasperi, Mazzini e Malcom X: mica niente. E pensare che, comprensibilmente, Balotelli vorrebbe essere soltanto quello che è: un calciatore, con licenza di divertirsi e di sbagliare.
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