
DAGOREPORT - L’ANSIA ATTANAGLIA LA ‘’MILANO DEL BALLO DEL MATTONE’’. ‘’QUI SALTA TUTTO!’’,…
1 - LA FRANCIA VA VIA VELOCE LA TECNOLOGIA È LENTA E CONFUSA
Roberto Perrone per ‘Il Corriere della Sera’
Improvvisamente, in una sera d’inizio autunno allo stadio Beira-Rio sulla Laguna di Porto Alegre si manifesta per la prima volta in un Mondiale sotto il nome di «Goal-Controllo 4-D» (14 telecamere ad alta velocità, 7 per ogni porta) la tecnologia tanto voluta da Sepp Blatter. E ci prende, alleluia. Però, volendo strafare (tipico del Colonnello), provoca un momento di stordimento collettivo.
Accade sul secondo dei tre gol che la Francia rifila all’Honduras, la nazionale più scarsa tra quelle viste finora all’opera in Brasile. Il tabellone, che a differenza dell’impianto acustico (guasto, non vengono suonati gli inni, anche questa una primizia) manda in confusione tutti i presenti sul raddoppio della Francia: palla dentro o palla fuori? Invece di mostrare solo il momento finale (la palla dentro) l’occhio di falco, precisino, spezza in due l’azione e documenta che, sulla conclusione di Benzema che centra l’incrocio dei pali la palla è fuori.
Attimi di panico, perché a questo punto i giocatori dell’Honduras protestano furiosamente e all’arbitro brasiliano Sandro Ricci sfugge la seconda parte del moviolone. Confuso, il fischietto deve andare a chiedere lumi al quarto uomo che conferma: sul rimbalzo, Valladares spinge oltre la linea la palla. Alleluia, viva la tecnologia, ma con giudizio.
Alla fine finisce tutto bene, tranne che per l’Honduras ovviamente. Ai problemi si ovvia come si può. I tifosi francesi si cantano da soli la Marsigliese e fischiano all’indirizzo degli organizzatori e la Fifa che, ovviamente, scaricherà la colpa su qualcuno. Allons enfants de la patrie (du football), alla fine risuona lo stesso, ma il giorno di gloria per la nuova douce France di Didier Deschamps arriva con un po’ di timore che, tra falli e occasioni fallite, salti qualche nervo ai giocatori. Il rischio è concreto.
L’Honduras del colombiano Luis Fernando Suarez, accusato di esprimersi in modo rude cerca infatti di ovviare alla sua pochezza tecnica mettendola sul fisico. A volte esagera e ne paga il fio, visto che la partita si decide quando Wilson Palacios, che pure dovrebbe avere una certa esperienza visto che gioca nello Stoke City in Inghilterra, spinge platealmente Paul Pogba in area, sul finire del primo tempo. Tra l’altro i due, i precedenza, si erano scambiati dei «convenevoli» con i piedi, provocando un accenno di rissa tra i due gruppi. Entrambi ammoniti. Il giallo preso da Wilson, però, si rivelerà fatale.
Il rigore è ingenuo, ma c’è. La Francia merita il vantaggio: dalla sua ha ben due traverse, una di Matuidi con provvidenziale deviazione del portiere dell’Honduras, l’altra colpita da Griezmann, il talentino della Real Sociedad e il dominio del campo. Sul dischetto va Karim Benzema che ripaga della fiducia Didier Deschamps. L’allenatore gli ha affidato il peso dell’avanguardia e non solo e Karim lo ripaga con una tripletta, perché anche il secondo, praticamente, è suo. Messo in sicurezza il risultato, il commissario tecnico francese può togliere dal campo gli ammoniti (Pogba e Cabaye) e rilassarsi. Dopo 16 anni la Francia torna a vincere la partita d’esordio e scivola avanti nel gruppo E che, come si sospettava al momento del sorteggio-inganno, si annuncia di tutto riposo.
2 - L’ARGENTINA BATTE LA BOSNIA
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Basta un lampo per illuminare il Cristo redentore. Ha l'effetto di un raggio laser, ma in realtà è una magia, che parte dal Maracanà, attraversa le spiagge di Copacabana e Ipanema, per colorare ulteriormente la notte carioca. Questa volta Neymar e il Brasile non c'entrano, la scena se la prende Leo Messi che giochicchia contro la Bosnia, poi decide che vuole lanciare un messaggio forte ai rivali brasiliani (che lo aspettano in finale): chiude una triangolazione con Higuain, grazie a un controllo dei suoi addomestica il pallone e salta contemporanemente un avversario, infine fa carambolare la sfera sul palo e in rete.
E' la firma sul raddoppio dell'Argentina contro l'esordiente Bosnia, che poi accorcerà le distanze, siglando il primo gol della propria storia ai Mondiali, con Ibisevic, che fa passare il pallone fra le gambe del portiere Romero. L'Argentina non fa molta fatica per superare questo primo test iridato, forse intimorita dalla suggestione di esibirsi nel Maracanà, forse convinta dalla lunghezza del torneo a risparmiarsi, giocando in tono minore. Ci sarà tempo e modo per sfoggiare i propri gioielli. Intanto, tre punti al piccolo trotto fanno più che comodo. E l'avversario non era proprio dei più facili.
In più, l'Albiceleste si è vista spianare la strada da un autogol da fare invidia a uno specialista come l'indimenticato Niccolai. E' il 3': punizione velenosa di Messi dalla sinistra, concessa per un fallo su Aguero, pallone che spiove in area e viene deviato in porta - ma in realtà doveva essere in rinvìo - da Kolasinac, sorpreso da un mancato colpo di testa di Rojo. A quel punto la bilancia pende a favore dei sudamericani che badano a controllare il match. Messi sembra svogliato e apatico, Aguero idem.
La Bosnia prova a reagire al 13' con Misimovic, che pesca in area Hajrovic, il suo controllo acrobatico viene fermato dalla tempestiva uscita di Romero, che allontana la minaccia. Al 31' conclusione di Mascherano respinta dal portiere e al 41' gran colpo di testa di Lulic, su angolo dalla destra, con il pallone indirizzato nell'angolo basso alla sinistra di Romero: il portiere, però, ci arriva.
Nella ripresa Sabella cambia uomini e schema: entrano Gago e Higuain, escono Campagnaro e Maxi Rodriguez. Si passa così dal 5-3-2 al 4-3-1-2, con Messi che agisce alle spalle delle punte Aguero e Higuain, mentre Zabaleta, Rojo, Federico Fernandez e Garay formano la linea difensiva; Gago, invece, si fa consegnare le chiavi del centrocampo. Tra un tentativo (con scarsa pericolosità dei bosniaci) e qualche contropiede fallito sul nascere degli argentini, si arriva alla perla di Messi, che mette la propria griffe sul match.
Nel finale la Bosnia s'illude, ma resta a zero punti. Per fortuna della squadra di Susic, che lascia il nipote in panchina, di Messi ce n'è uno solo in Brasile e lui lo ha già incontrato.
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