DAGOREPORT - QUANDO LA MELONI DICE "NON SONO RICATTABILE", DICE UNA CAZZATA: LA SCARCERAZIONE DEL…
Andrea Sorrentino per “la Repubblica”
Quando una spiegazione razionale non c’è, ci si rifugia nel misterico o nell’esoterico, ed ecco allora la teoria altromondista: tutta colpa della morte di Johann Cruijff, visto che dopo quell’infausto 24 marzo il Barcellona è scomparso.
Oppure c’è l’altra soluzione, e qui entra in campo un pizzico di realismo magico, come spesso accade se si parla di Sudamerica: colpa del “virus Fifa”, perché da quando Messi-Suarez-Neymar sono tornati dalle qualificazioni mondiali giocate a Pasqua con le loro nazionali non hanno più visto palla, o quasi.
C’è chi invece si addentra nella psicologia dietrologica, con spruzzate di riservatissime informazioni in campo tributario: lo scandalo dei Panama Papers ha gettato Leo Messi nell’angoscia più profonda, perché ci è dentro fino al collo, e forse la cosa tocca anche altri nel vestuario del Barça. Altri, più prosaici e meno dietrologici, puntano su ciò che è evidente a tutti: non stanno più in piedi, sono crollati fisicamente. Sia come sia, la squadra più forte del mondo è sparita, s’è inabissata.
Un crollo senza precedenti. Dopo sette mesi di show e 39 partite senza sconfitte, è arrivata la primavera e il Barcellona sembra un mulo recalcitrante, non si muove più di un passo. La rimonta subita dal Villarreal il 20 marzo scorso, da 2-0 a 2-2, fu derubricata in fretta a incidente di percorso, ma dopo la sosta pasquale per le nazionali ecco la crisi nera: tre sconfitte consecutive in campionato (Real Madrid, Real Sociedad e domenica il Valencia: non accadeva dal 2003) e Liga riaperta (l’Atletico era a -8 e ora è a pari punti, il Real è passato da -12 a -1), ed eliminazione in Champions per mano dell’Atletico.
Quattro gare perse nelle ultime cinque e 11 reti incassate nelle ultime 7, col Barça che ormai prende sempre gol in avvio di partita, come accade alle squadre distratte, senza mordente, stanche, afflitte. Ora il rischio, per chi un anno fa conquistava uno straordinario Triplete, è di perdere tutto: dopo la Champions anche la Liga (anche se negli scontri diretti il Barça è in vantaggio sulle due inseguitrici a cinque turni dal termine) e magari anche la finale di Copa del Rey, il 22 maggio contro il Siviglia.
Crolli simili in passato? Viene in mente l’Inter di Herrera del 1967, la Juventus di Ancelotti nel 2000, il Real di Queiroz nel 2004, tutte persero scudetti e coppe quasi vinti.
Ma non erano le squadre migliori del mondo come questo Barça, campione del mondo e d’Europa in carica, anche se ha già lasciato entrambi i titoli vacanti. È la crisi di Leo Messi, senz’altro. Tornato dal Sudamerica sulla soglia del gol 500, il più bravo giocatore del mondo si è fermato, prima di segnare ha aspettato oltre 500 minuti, un’enormità, e alla fine il cinquecentesimo l’ha fatto al Valencia, nella notte dell’ennesima sconfitta: proprio il Valencia che in febbraio era stato ridicolizzato in Copa del Rey dal Barça (7-0).
È stanco, Leo, stremato, e pure preoccupato per le enormi beghe fiscali (e se è colpevole, giustissimo che paghi, altro che la storiella “non so nulla, firmo tutto quello che dice mio padre”). In crisi lui, sono venuti giù gli altri: Neymar, che tra l’altro si sta accapigliando col club perché vorrebbe giocare in estate sia Copa America sia Olimpiadi, Suarez e soprattutto i centrocampisti Rakitic- Busquets-Iniesta, allo stremo delle forze perché senza sostituti all’altezza.
Il tutto che espone e denuda la difesa, dove comunque le intemperanze extracalcistiche di Piqué e Dani Alves, due che da mesi prendono in giro gli avversari e il mondo intero con atteggiamenti e cinguettii da scuola elementare, non sono passate inosservate. Intanto, per il centrocampo del futuro, il club starebbe muovendo su Marco Verratti: c’è una grossa offerta formulata al Psg, si parla di 60 milioni.
Come in ogni crisi tecnica, ora il più esposto è l’allenatore. Luis Enrique è sotto accusa perché la squadra ha perso brillantezza e condizione, mentre i tre fenomeni del tridente, pur stremati, continuano a non poter essere sostituiti, sennò se la prendono, e questo è un vecchio problema per Luis Enrique, che non è granché padrone a casa sua. Pare che il problema principale sia di natura psicologica, e chissà in che modo verrà affrontato. Uno psicologo al Barcellona c’è, ma per seguire e consigliare l’allenatore, non i giocatori.
E c’è assoluto bisogno dei suoi consigli a Luis Enrique. Non nuovo a rispostacce maleducate, l’asturiano domenica notte ha maltrattato un giornalista di nome Victor Malo, che gli aveva solo chiesto: «C’è un problema atletico per spiegare queste prestazioni? ». Luis Enrique, gelido: «Come è il cognome? Malo? (in spagnolo vuol dire cattivo, sbagliato, ndr) Esatto! Prossima domanda? ». È proprio una brutta crisi, e affrontarla all’improvviso, da ex campioni di tutto, deve fare un pessimo effetto. Straniante, allucinante: ma cosa ci facciamo qui?
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