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Enrico Currò per “la Repubblica”
«SONO disposto a vendere la maggioranza, a chi investirà le stesse cifre che gli arabi mettono in alcuni grandi club europei, come il Psg. La mia famiglia non può più reggere una concorrenza da 250 milioni l'anno».
La resa ufficiale del liberista Silvio Berlusconi alla legge del libero mercato è il testamento calcistico del padrone del Milan: la decisione, svelata da Repubblica già quattro mesi fa, di cedere la squadra che gli ha regalato popolarità mondiale e consensi elettorali.
Se però è definitivamente caduto per ammissione del demiurgo stesso il mito dell'inscindibile destino che legava il Milan alla famiglia Berlusconi, c'è una condizione molto precisa per gli acquirenti: chi compra non deve caricare la società di altri debiti, ma mettere soldi subito, sia per pagare lui (ha speso in 29 anni di presidenza circa 1 miliardo di euro) sia per inseguire lo scudetto.
Il magnate thailandese Bee Taechaubol (Action)
Sembra proprio un invito pubblico a uscire allo scoperto, indirettamente rivolto all'uomo forte della cordata thailandese di Bee Taechaubol: un arabo appunto, il principe sceicco di Abu Dhabi Zayed Al Nahayan, fratello del proprietario del Manchester City Mansour - club che ha appena stanziato per il prossimo mercato 300 milioni e che tratta Guardiola e Ancelotti - e garante di Taechaubol attraverso la banca dell'emirato ADS Securities, accompagnata dalla banca cinese di Stato CITIC.
Ma le parole di Berlusconi rivelano anche che la vendita è imminente («con condizioni congrue, si farà alla svelta») e che si conoscerà entro metà giugno l'esito del duello tra la cordata thailandese e quella cinese, concorrente più 'segreta' ma convinta di poterla spuntare con oltre mezzo miliardo di investimenti diretti per la maggioranza contro la cifra più o meno analoga, ma raccolta per lo più con finanziamenti esterni dall'attivissimo Mister Bee. Il quale, tuttavia, ha il vantaggio di essere partito prima e un nuovo appuntamento a fine mese col venditore: conta di presentarsi ad Arcore per chiudere.
Mentre la sua cordata aumenta il budget di partenza per avvicinarsi subito alla quota di maggioranza (la rivista Forbes ha appena quotato il club 682 milioni, ma Berlusconi lo valuta 1 miliardo e 200) i tifosi milanisti osservano i frenetici movimenti del fondo d'investimento Doyen di Nelio Lucas, che Galliani associa esclusivamente alla vittoria di Taechaubol.
«Lucas lavorerà per il Milan, ma solo se Bee prenderà il club», ha detto l'ad. In verità Lucas sta già lavorando alla rifondazione della squadra, ha casa a Milano e sabato a San Siro ha visto la partita con la Roma accanto al braccio destro Juanma Lopez e a Fernando Couto: l'ex difensore di Parma e Lazio entrerebbe nei quadri.
Con Lucas Galliani ha ottimi rapporti e insieme vogliono accontentare Berlusconi, che vuole chiudere lasciando un Milan vincente e ha intimato che si riparta dall'allenatore, come con Sacchi all'inizio dell'era trentennale. «Voglio uno dei primi 5 al mondo ». Da qui il difficile tentativo di strappare proprio al City - riecco gli sceicchi - un tecnico dai 10 milioni annui in su e per giunta senza la vetrina della Champions: Ancelotti o Guardiola.
«Il City ha preso Guardiola», ha titolato l'araba Bein Sports. «Il Milan vuole Guardiola », ha risposto il Times nella sua veste domenicale. I giocatori, battendo la Roma, hanno fatto inorgoglire il sicuro partente Inzaghi. Honda dovrebbe avere evitato il taglio, Destro chissà. L'assente capocannoniere Ménez è in bilico, date le censure dei compagni: freudiana quella di Honda, che senza il francese ha giocato molto bene, sottile quella di Van Ginkel. «Finalmente abbiamo giocato da squadra».
Con 6 italiani in campo. «Se saltano le trattative, faccio una squadra di soli italiani: ormai il ct è costretto a chiamare gli oriundi». Berlusconi ipotizza una remota terza via: che il Milan resti a lui. Ma nemmeno Conte, altro pupillo, per ora può credergli davvero.
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