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Stefano Sacchi e Andrea Sorrentino per “la Repubblica”
Una volta i milanesi ammazzavano al sabato (copyright Giorgio Scerbanenco) poi vincevano il giorno dopo allo stadio, in quelle belle domeniche nebbiose che facevano tanto Milano. Ora invece non vincono più, anzi perdono pure di sabato e alla luce di un sole abbagliante, come in questo mese di gennaio è accaduto in Inter-Torino, o in Milan-Atalanta e in Milan-Sassuolo, perché neppure la nebbia esiste più e a San Siro (o Meazza che dir si voglia) le piccole possono venire a fare i loro comodi. Milano sprofonda.
Ogni crisi parte da lontano ma il punto di non ritorno, dopo gli scudetti del 2010 (Inter di Mourinho, con tanto di Triplete) e 2011 (Milan di Ibrahimovic e Allegri), può essere situato circa tre anni fa, 25 febbraio 2012: Muntari segna il famoso gol fantasma in Milan-Juve, Tagliavento e gli assistenti non convalidano, la partita finisce 1-1 e la Juve si incammina verso lo scudetto, cui seguiranno altri due, mentre Milan e Inter scivolano sempre più, come se in città ci fosse il bradisismo. Il Milan chiude quel campionato al secondo posto, l’Inter al sesto.
Nel torneo successivo Milan terzo e Inter nona (rossoneri in Champions, nerazzurri fuori dalle coppe), lo scorso anno Inter quinta (e in Europa League) e Milan ottavo (senza coppe), e a distanze assurde dalla Juventus: — 42 e — 45. Ora a 18 giornate dalla fine sono entrambe a — 23 dal primo posto (ma lo scorso anno, allo stesso punto, l’Inter era a — 24 e il Milan a — 31), con scarse possibilità di arpionare un posto in Champions League, proprio nell’edizione che si concluderà a Milano. Brutto affare.
Mino Raiola è il re del mercato, ha fatto spesso affari da capogiro con le milanesi, conosce il mondo e ha il suo punto di vista ben preciso: «Milano, come l’Italia, non ha pensato al futuro quando viveva gli anni dell’opulenza. Quando nel calcio i nostri club erano come gli arabi di adesso, non hanno investito nelle due cose fondamentali: infrastrutture, ossia stadi ma anche centri di allenamento, e giovani. Non hanno pensato alla base. Non hanno pensato a formare gli allenatori dei giovani, come fanno in Germania o in Olanda. Invece in Italia si pensava solo a comprare giocatori stranieri, col risultato che ora danno la colpa di tutto proprio ai giocatori stranieri... È surreale.
Ora l’Italia, e i club di Milano, non hanno più né identità né strutture per svilupparsi. È tutto fermo. Ma com’è possibile che negli anni in cui Berlusconi era il padrone dell’Italia e la famiglia Moratti aveva il sindaco di Milano, nessuno di loro ha pensato a costruire uno stadio nuovo? Me lo spiega lei?».
SILVIO BERLUSCONI, 16 ANNI, PROVINO MILAN
Aldo Serena, che ha segnato e vinto con Milan e Inter, osserva: «Tutto è cominciato quando Berlusconi ha ceduto Ibrahimovic e Thiago Silva e Moratti ha venduto a Thohir: iniziava un’era nuova con un profilo più basso. È una crisi che riflette le difficoltà dell’economia italiana. In questo momento bisogna inventarsi qualcosa, come ha fatto la Juventus con lo stadio. È stata una spinta che ha riacceso l’ambiente.
Inter e Milan invece cercano di reagire in un altro modo, con politiche di respiro più corto. Invece a questo punto, visto che sul mercato non si possono spendere milioni, sarebbe più saggio puntare tutto sul settore giovanile, lanciando ragazzi per la prima squadra. Ma bisognerebbe avere il coraggio di farlo davvero, dicendo che per 3-4 anni questa è la politica e sarà difficile vincere qualcosa».
BERLUSCONI NEL CLUB FORZA SILVIO DI MILANO
E’ dunque arrivata a conclusione la parabola del mecenatismo di Berlusconi e Moratti, simile come concetto (rovesciare denaro sui due club: in due hanno speso oltre 3 miliardi di euro) ma diverso nelle sue declinazioni: più vicino al potere, anzi incarnandolo in tutto e per tutto e infine rappresentandolo, quello di Berlusconi, più discosto dal Palazzo quello di Moratti, anzi spesso in funzione di contropotere, anche se un contropotere in cachemire. In ogni caso, due modelli troppo dipendenti dal sistema italiano di accaparramento delle risorse, grottescamente legato ai denari delle televisioni.
E’ ormai necessaria una discontinuità, che in effetti all’Inter è in atto da un anno e mezzo con l’avvento di Thohir, mentre anche al Milan arriveranno novità epocali, perché nonostante le smentite Berlusconi sta pensando eccome alla cessione della sua creatura.
Nel frattempo ieri Thohir ha pranzato con Moratti, ha ribadito la fiducia nel progetto-Mancini, ha detto che se quest’anno non si arriverà in Champions non sarà un problema (ci saranno cessioni illustri a giugno) e perfeziona il progetto dei bond attraverso cui l’Inter si rifinanzierà: saranno bond per un mercato di investitori istituzionali e non per il grande pubblico, l’operazione dovrebbe partire ad aprile. Insomma per ora si vive e si sopravvive coi prestiti, poi si vedrà. Infine Thohir ha chiuso la sua giornata alla Scala, dove non aveva mai messo piede, invitato dal maestro Daniel Harding: da ieri è un po’ più milanese anche lui. Quindi in bocca al lupo.
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