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1. L'OPERA D' ARTE FINISCE NEI RIFIUTI
Al Museion di Bolzano, domenica mattina le addette alle pulizie hanno rimosso un' opera d' arte pensando che bottiglie di champaghe, bicchieri, coriandoli e ghirlande riversi per terra fossero i resti di una festa tenutasi la sera prima. Si trattava invece di un'installazione d' arte contemporanea intitolata «Dove andiamo a ballare questa sera?», firmata dalle artiste Goldschmied & Chiari e ispirata ai festini della politica degli anni '80, dietro suggestione di un libro scritto dall' ex ministro socialista De Michelis. Il museo ha promesso che l' opera, finita nella raccolta differenziata, verrà riallestita al più presto.
2. INSERVIENTI DEL MUSEO GETTANO UN’OPERA D’ARTE. BONAMI: “UNA VOLTA LO STAVO PER FARE ANCH’IO”
Francesco zaffarano per lastampa.it
Ha fatto scalpore (e un po’ sorridere) il caso delle addette alle pulizie del Museion di Bolzano che hanno gettato nella spazzatura un’opera d’arte dopo averla scambiata per i resti di un party. Del resto, l’installazione «Dove andiamo a ballare questa sera?» delle artiste Goldschmied & Chiari, voleva proprio richiamare quel genere di immaginario. Forse ci è riuscita fin troppo bene? Di sicuro è riuscita ad attirare l’attenzione e le ironie di molti, che si sono chiesti come sia potuto succedere.
«A dire il vero non è la prima volta» racconta il critico d’arte Francesco Bonami. «C’è il caso famosissimo della porta di Duchamp, la scultura esposta alla Biennale di Venezia del ’78 e riverniciata dagli imbianchini che stavano ritinteggiando la sala». Quella volta l’errore costò alla Biennale una causa di nove anni e 400 milioni di risarcimento per il collezionista romano Fabio Sargentini, decisamente seccato per l’accaduto. Ma ce la sentiremmo di condannare le inservienti del Museion?
«A Bolzano deve esserci stato un problema di comunicazione - sostiene Bonami - ma la questione è più ampia e riguarda anche il pubblico: il problema è che anche l’arte più provocatoria e simile alla realtà deve avere qualcosa che ci faccia capire che quella è arte».
È sempre la solita disputa su cosa sia arte e cosa no, già affrontata da Bonami nel suo libro Lo potevo fare anch’io? «Non ho visto l’installazione e non posso giudicare, ma secondo me bisogna distinguere tra quella che è un’opera d’arte e quella che è una creazione artistica: la prima ha dei confini dentro i quali possiamo riconoscerla come arte, l’altra è un’esperienza artistica che non finisce in un’opera e ha dei confini più labili».
Non è compito dell’artista spiegare l’opera d’arte, ma dai musei ci si aspetterebbe un tentativo maggiore di accompagnare chi sta dall’altra parte, guarda e, magari suo malgrado, non capisce.
«Certo, non è così facile, ma il tentativo dovrebbe essere quello. Comunque anche a me è capitato di non capire: a New York una volta un artista mi ha regalato una bottiglia con dentro un mozzicone che aveva esposto. Quando sono tornato a casa stavo per buttarla via, ma poi ho scoperto che la bottiglia era stata fatta soffiare dall’artista e che il mozzicone in realtà era finto e riprodotto alla perfezione: il lavoro dell’artista faceva di quella bottiglia un’opera d’arte».
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