rauschenberg retrospettiva

IL PIONIERE DELLE ARTI - ALLA MODERN TATE DI LONDRA UNA GRANDE RETROSPETTIVA CELEBRA ROBERT RAUSCHENBERG, PONTE IDEALE FRA ESPRESSIONISMO ASTRATTO E POP ART - ANTESIGNANO DELLE ATTUALI SCENOGRAFIE DIGITALI, L’ARTISTA AMERICANO FU USATO (O SI LASCIO’ USARE) DALLA CIA NELLA PIU’ ECLATANTE DELLE OPERAZIONI LEGATE ALLA “GUERRA FREDDA CULTURALE” - VIDEO

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Antonio Riello per Dagospia

 

Tra la prima importante affermazione internazionale dell’arte visiva americana, l’Abstract Expressionism, e il suo trionfo decisivo e incontrastato, la Pop Art, c’e’ una specie di ponte ideale che li unisce e questo collegamento si chiama Robert Rauschenberg (1925-2008). La Modern Tate di Londra, con la collaborazione del MoMa di New York, gli dedica una grande mostra.

 

Originario del Texas, Rauschenberg, viaggia prima un po’ in Europa (Parigi e Roma) e poi studia al mitico Black Mountain College, nel North Carolina, dove insegnavano personaggi del calibro di Joseph Albers e dove, tra la fine degli anni quaranta e l’inizio degli anni cinquanta, si formano molte figure di rilievo della scena artistica statunitense. Inizia quindi a lavorare a New York, in Pearl Street. Il suo vicino di studio, anche lui legato alle esperienze del Black Mountain College, e’ un mostro sacro della cultura musicale del dopoguerra, John Cage.

 

“Automobile Tire Print” (1952), la prima opera in cui ci si imbatte, e’ un frottage: una striscia di carta dove si vede la traccia di pneumatico fatta da Cage in persona alla guida della propria auto: passa sopra una lunga linea di carta-carbone (quella allora usata nelle macchine da scrivere) appoggiata a sua volta su una linea di cartoncino bianco. Ci appare subito un artista curioso ed estremamente interessato alle collaborazioni con la musica e la danza.

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E rimarra’ un personaggio cosi’ fino alla fine: incontentabile, curiosissimo e straordinariamente eclettico con una carriera passata tutta a scoprire materiali inconsueti, a sperimentare nuove tecniche e a vivere complesse avventure creative. Tra i suoi amici e sodali di quegli anni ci sono Cy Twombly e Jasper Johns. Alcune sue opere fotografiche di quegli anni hanno come soggetto proprio un giovane Twombly gia’ inesorabilmente innamorato di Roma.

 

L’artista da’ il via a New York alla fase dei “Red Paintings”, una serie di lavori che mescolano assieme, carta da parati, fumetti, carta da regalo e colore materico. Composizioni forti e raffinate giocate su un magistrale equilibrio visivo. A guardarle con attenzione sembra, tra l’altro, che Sigmar Polke si sia ampiamente e direttamente ispirato a questi lavori. Prende forma intanto la grande amicizia e la leggendaria collaborazione con la coreografa Merce Cunningham, con lei realizza infatti il progetto “Minutie”.

 

Siamo nel 1954, inizia la stagione epocale dei lavori che danno ufficialmente il via alla Pop Art, i cosiddetti “Combines”, dove oggetti e pittura si mescolano in articolati collage tridimensionali. Gli oggetti perdono qualsiasi significato simbolico e ne acquistano un altro inedito ( spesso ineffabile ed incomprensibile almeno a quel tempo) a contatto con i colori della tela: ovvero finiscono per rappresentare solo se stessi. Sono “merce”, niente di piu’ e niente di meno. In altre parole, il ready made di duchampiana memoria diventa “adulto” e finalmente si libera dal ruolo tradizionale di “provocatore” per diventare gia’ il precursore della stagione dell’ “inespressionismo” degli anni ottanta.

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E’ un momento fondante che ancora oggi irradia suggestione. L’opera d’arte inesorabilmente iniziava a mescolarsi con il vivere quotidiano della grande metropoli americana e con la foresta di oggetti (nuovi di zecca o anche semplicemente vecchi e rotti) che ne era la caratteristica nota consumistica. Tra i lavori in mostra il celebre e profetico “Monogram”: un grande caprone impagliato con il muso impiastricciato di pigmenti. La lunga e vivace relazione tra Arte Contemporanea e Tassidermia (Thomas Grunfeld, Maurizio Cattelan, Damien Hirst e diversi altri ancora) prende il suo avvio molto probabilmente con questo lavoro.

 

Una grande passione per la grafica e le sue tecniche, in particolare la serigrafia, coinvolge da sempre l’artista. Gli viene chiesto di realizzare una serie di tavole per illustrare i canti dell’Inferno di Dante. Raramente la Divina Commedia e’ stata tradotta in immagini contemporanee di tale efficacia e potenza. Assolutamente uno spettacolo da vedere per i tanti che Dante se lo sono studiato a scuola come un pesante fardello, che parlava di cose lontane e noiosissime.

 

Le sue serigrafie iniziano comunque anche a trasferire efficacemente sulla tela, direttamente dai giornali e dai settimanali, foto di cronaca. L’arte, la fotografia e la cronaca intersecano, da allora, sistematicamente le loro strade. Il suo iconico “Untitled” del 1964 con una immagine di J. F. Kennedy in primo piano fa (fortunatamente) parte della mostra. Nel 1964, intanto, la Pop Art era sbarcata alla Biennale di Venezia con un clamore ed un successo mai visto prima. E’ lui ad essere acclamato vincitore del Premio per il migliore artista a Venezia.

 

Qualche anno prima un giovane Andy Wharol era arrivato a New York da Pittsburgh e aveva guardato con molta attenzione a cosa stava lavorando Rauschenberg….

 

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Nel frattempo il nostro sospende temporaneamente la collaborazione professionale con il coreografo Merce Cunningham e inizia a lavorare a con Steve Paxton, Yvonne Rainer, Trisha Brown. Assieme fondano il Judson Dance Theatre. Lui si occupa di scenografie tecnologiche e assolutamente innovative. Inventa sculture che sono macchinari e complicati aggeggi che si muovono destando sorpresa e meraviglia.

 

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Rauschenberg, pochi lo sanno, fu invitato dalla NASA a realizzare un piccolo disegno che sarebbe dovuto essere lasciato sulla Luna, a testimonianza perenne della creativita’ del genere umano in una delle missioni Apollo.

 

Partecipa insomma a pieno titolo alla ossessione collettiva di quegli anni per la tecnologia. Infatti in Europa proprio allora lo svizzero Jean Tinguely sta fabbricando le sue fantasmagoriche sculture mobili e gli artisti del Noveau Realisme sono pure loro affascinati e turbati dalla meccanica.

 

All’inizio degli anni settanta, stanco dell’ambiente metropolitano, seguendo in pieno la tradizione americana, cerca un ritorno liberatorio alla natura. Il suo buen retiro diventa Captiva Island, una piccola stupenda isola che si trova sulla costa occidentale della Florida. Qui idea e produce molte opere con cartone da imballaggio, come ad esempio “Hyperallergic” del 1971, opere austere e imponenti quasi come fossero delle pale di altare di qualche chiesa. Veri e propri reliquiari della modernita’. Ritorna a collaborare nel frattempo con Merce Cunningham e a viaggiare. Va in India e torna con nuove idee e materiali che lo porteranno a sfiorare in modo molto personale anche i temi e le visioni del minimalismo. E’ il tempo dei leggeri e colorati “Jammers” realizzati con stoffe e plastiche. Ce ne sono davvero parecchi di molto belli in mostra.

 

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Agli inizi degli anni ottanta fonda ROCI (Rauschenberg Overseas Culture Interchange). Un ambizioso progetto, si potrebbe dire di livello quasi diplomatico, che prevede dei viaggi in parecchi paesi con regimi dittatoriali o comunque problematici (Cina Popolare, Unione Sovietica, Messico, Chile, Cuba, Germania Orientale) dove realizza opere che coinvolgono scuole, artisti e popolazione locale.

 

Un grandissima mostra a Washington nel 1991 presso la National Gallery of Art celebra in pompa magna la fase conclusiva di questa iniziativa di. Qualche frammento e qualche memorabilia ci danno un’idea di questo interessantissimo esperimento di Arte Geopolitica.

 

Il suo amore per la danza e la performance non conosce comunque soste o pentimenti e riparte la collaborazione con Trisha Brown per cui realizza il famoso fondale “Metal Decoy”. Per questo antesignano delle attuali scenografie digitali impiega fotografie in grande formato e proiezioni. Cose all’epoca di assoluta avanguardia. Allestisce in contemporanea anche una serie di drammatiche sculture in metallo usando i resti e gli scarti dell’industria petrolifera del Texas che si trovava in quel momento in una crisi profonda. Anche Theaster Gates, l’artista di Chicago che si occupa con grande talento di riciclo e recupero di aree industriali dismesse forse gli deve qualcosa…

 

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Negli ultimi anni della sua vita ritorna prepotente (e declinato in varie forme) il suo interesse per la fotografia. “Mirthday” e’ il tipico lavoro di questi anni che mescola, memorie personali e visioni di un mondo in via di globalizzazione. Opere che qualche modo riecheggiano lo stesso approccio delle ricerche che altri artisti di qualche anno dopo metteranno a punto per il Web. Aveva gia’ in nuce l’idea, o almeno l’intuizione, del Blog.

 

Insomma un indomito e coraggioso pioniere delle arti. “Essenziale ancora piu’ che Importante”, scrive la Tate sul suo comunicato stampa (senza esagerare stavolta).

 

Unica ombra, se cosi’ si puo’ dire, sembra essere l’attivo coinvolgimento dei servizi segreti americani nel successo padiglione degli USA nella Biennale del 1964. Rauschenberg in pratica fu usato (o si lascio’ usare, sostiene qualcuno) dalla CIA nella piu’ eclatante, forse, delle operazioni legate alla “Guerra Fredda Culturale”. Ma a ben guardare, in tempi di Trump Age, queste cose ci sembrano solo delle goliardiche e innocue ragazzate.  

 

 

 

ROBERT RAUSCHENBERG

TATE MODERN

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Londra

SE1 9TG

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Fino al 2 Aprile 2017

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