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COLOUR REVOLUTION
Victorian Art, Fashion & Design
fino al 18 Febbraio 2024
Ashmolean Museum
Beaumont Street, Oxford OX1 2PH
Antonio Riello per Dagospia
Si tende a considerare che in Gran Bretagna la cosiddetta età vittoriana (1837-1901) sia stata un nido di moralismo ipocrita farcito di convenzioni borghesi. Questa valutazione comunque rimane abbastanza corretta. Come corollario parrebbe dunque legittimo pensare a questo periodo come ad una lunga avventura parecchio noiosa e piuttosto incolore (per meglio dire dominata dal Bianco-e-Nero: il bianco delle biancheria e il nero degli abiti e del fumo; è noto che i colori sgargianti possono essere considerati una forma di tentazione).
COLOURS REVOLUTION, in corso ad Oxford e curata da Matthew Winterbottom, ha la (riuscita) missione di ridimensionare l'assunto che per tutti i vittoriani il colore fosse solo e semplicemente "l'anticamera del peccato".
L'Ashmolean Museum of Art and Archeology di Oxford, che appunto ospita questa mostra ha radici antichissime (1683) e ha incorporato, nel corso della sua storia, svariate collezioni.
In pratica attualmente è un felice incrocio tra la National Gallery, il British Museum e il Victoria and Albert Museum, ovvero: Archeologia, Arte e Arti applicate. Destinazione comunque fascinosa e imperdibile (non fosse altro che per la stupefacente "Caccia Notturna" (1470) di Paolo Uccello che vi è custodita) che vanta una nobile e comprovata vocazione per raccontare la Storia anche - e soprattutto - attraverso oggetti e manufatti ordinari.
I 140 oggetti che compongono l'esposizione (c'è, in ogni caso, anche il celeberrimo vestito da lutto - tutto nero - della Regina Vittoria) descrivono in effetti un ambiente cromatico diverso da quello che ci si potrebbe aspettare.
Il fatto cruciale è che siamo nella seconda fase della Rivoluzione Industriale (segnata da un forte sviluppo della Chimica) e si scopre che dagli scarti del carbon fossile (all'epoca in grande auge) si poteva estrarre l'Anilina. Una molecola (assai economica) che diventa la madre di molti coloranti artificiali per tingere i tessuti. Stiamo parlando, in questo caso, inizialmente della gamma dei rossi, dal rosa al viola (in qualche anno seguiranno anche nuovi/artificiali tipi di verde).
E' William Henry Perkin (1838-1907) che sintetizza per primo nel 1856 il "Rosso Malva". Seguiranno a breve molti altri pigmenti e grazie alla scoperta della Alizarina anche la stampa su carta ne beneficerà (a cominciare dai francobolli). Curiosamente, la colorazione "Magenta" (termine come è noto in uso corrente nel sistema di stampa CMYK) viene così battezzata come richiamo/omaggio alla città dove si svolse una delle più sanguinose battaglie della Seconda Guerra di Indipendenza Italiana (1859).
dichess louises queen zenobia fancy dress 1897
Grande enfasi venne data a queste scoperte durante la Grande Esposizione Universale di Londra del 1862, dove la meraviglia suscitata dalle nuove vibrazioni cromatiche fu enorme. Si parla di tinture industriali finalmente stabili, brillanti ed accessibili. Infatti prima di queste scoperte i pochi coloranti naturali davvero efficienti erano molto rari (costosi) e quindi riservati a Re, Papi, Imperatori, ovvero costituivano degli eclatanti "Simboli di Privilegio".
Quelli economici che la Natura metteva a disposizione erano invece scadenti e soprattutto incapaci di durare nel tempo (con i lavaggi diventavano rapidamente di un incerto grigio-marroncino o sbiadivano fino a scomparire). Insomma, a dispetto della dichiarata preferenza della morale del tempo per il nero e il grigio, in quei decenni per il guardaroba della consolidata borghesia europea arriva finalmente l'ora del colore.
jane morriss jewel casket by dg rosetti e elizabeth siddal 1859
La Moda quindi entra, in questi anni, in una delle tappe decisive della propria storia. Rapidamente le industrie si buttarono a capofitto sui coloranti sintetici non solo per quanto riguarda le stoffe ma anche per l'oggettistica (soprattutto la Gioielleria di pregio) e l'arredamento (nasce la grande stagione borghese delle "carte da parati").
Molti sono i reperti - alcuni davvero impressionanti - che in mostra lo certificano. Perfino gli spettacoli al famoso Folies Bergère di Parigi furono rinnovati da una folata di cromatica novità: l'americana Loïe Fuller presentò per la prima volta nel 1892 proprio in questo locale - e con enorme successo - la sua coloratissima performance "Serpentine Dance".
Il mondo dell'Arte ne ebbe insomma grande vantaggio.
Le nuove tinte - disponibili anche nei nuovi pratici tubetti in stagno - diedero sensazionali (ed insperati) gradi di libertà all'espressione pittorica. I colori cosiddetti "innaturali" causarono grandi dibattiti (e polemiche) nel Regno unito del tempo. John Ruskin (il guru culturale dell'età vittoriana) era contrario al loro uso (...."diavolerie moderne").
Il considerato pittore Abbot McNeil Whistler invece ne era assolutamente entusiasta. William Morris era scettico ma anche affascinato. Pittori definiti come "decadenti", quali Ramon Casas, ne fecero la propria cifra (un suo bel quadro del 1899 è in esposizione). Nel frattempo, grazie alle nuove tecnologie industriali, il Giallo venne adottato come colore della trasgressività (un tipo di colore che prima era difficilmente stampabile con successo).
La pubblicazione del celebre The Yellow Book (1894) rappresentò per la cultura britannica un punto fermo, dove i valori vittoriani venivano scardinati e sostituiti da una Modernità decisamente novecentesca. Nella lingua inglese il termine Giallo esprime ancora, in qualche modo, temi licenziosi e legati ad una certa ambiguità morale (a differenza che in Italia dove viene generalmente associato a storie di indagini su omicidi e sparizioni).
ramon casas oil on canvas 1899
L'Ashmolean Museum mette bene in evidenza anche il "lato oscuro" della rivoluzione cromatica: la tossicità non trascurabile di questi composti chimici procurò enormi danni sia a chi lavorava nelle fabbriche che li producevano sia alle persone, soprattutto donne, che ne erano i fruitori.
Molti abiti colorati creavano grossi problemi cutanei (e non solo). Grandi danni furono comunque causati anche dalle carte da parati, i cui composti coloranti impiegavano importanti quantità di Arsenico. L'intossicazione da Arsenico ed Anilina era di fatto endemica negli ambienti domestici dell'epoca.
Forse l'unica nota carente di una mostra certamente molto bella e informativa è una certa autoreferenzialità nazionalistica, ovvero la mancanza di sostanziali riferimenti a quanto succedeva in quegli stessi anche anni in Francia e in particolare in Germania. L'industria dei coloranti, storicamente parlando, fu in effetti più una faccenda tedesca che britannica.
Per chi volesse saperne di più vale la pena di segnalare (a parte ovviamente le dottissime ricerche del super-specialista francese Michel Pastoureau) tre bei libri: "Colore, una biografia" di Philip Ball, "Storia dei Colori" di Manlio Brusatin e soprattutto il magnifico "Cromorama" di Riccardo Falcinelli.
shawl presented to queen victoria kasmir pashmina wool silk 1870 womens boots england blue satin over linen 1870 the yellow girl poster for today magazine dudley hardy venice from the porch of madonna della salute j turner coloured riello
kate dyes colours colour revolution 03lady dressanilines viewstudy of a kingfisher john ruskin 1871 queen victorias mourning dress. 1898whistlers paint tubes 1880 colours revolution 01 british porcelain 1872 the pipe bearer john frederick lewis 1868 colours revolution 04
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