DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Giancarlo Dotto per il Corriere dello Sport
Il luogocomunismo non è perseguibile. Vogliamo parlarne? La bestemmia non è più un reato penale da vent’anni, niente più galera e nemmeno la mutilazione della lingua, ma una multa salata la rischi. Stesso discorso per gli atti osceni, punibili con sanzioni amministrative e nemmeno un colpo di frusta o di battipanni. Che dire, piuttosto, dei pensieri osceni, via bocca o tastiera? Zero. Nessuna sanzione. Liberi di circolare trionfanti in tutte le porosità e gli ampere dei social sotto forma di luoghi comuni. Una truce pornografia che si è particolarmente esaltata con la ripresa del calcio in Bundesliga. Ecco un paio di esempi illuminanti e sconfortanti allo stesso tempo di questa non riciclabile pattumiera.
Questo non è calcio. La sentenza corre sul filo delle verginelle decerebrate che spianano il loro mattarello sulla complessità delle cose. Scandalizzati a buon mercato. Certo che non è calcio, ma davvero qualcuno ha pensato che la posta in gioco fosse il calcio o un pallone che rotola? E non piuttosto la smania alias necessità di tornare alla vita, certo amputati, dimezzati, slabbrati, ustionati, ma almeno capaci di articolare una reazione, e chi se ne frega se sarà gol. Sta di fatto che su Bayern e consimili in video si sono avventati moltitudini. Tutti scemi? Affamati di pallone? No, di evasione. Alias normalità. Non è calcio? Forse no, forse qualcosa di più o qualcosa di meno, comunque una coda che si agita, mentre il corpo della lucertola ha le convulsioni. Comunque un’esperienza, se hai i cinque sensi disponibili a osservare quanto capita e magari a raccontartelo, avendo cura di foderare altro con il tuo prosciutto. All’inizio, si capisce, resti un po’ stranito, a vedere Haaland e compagni che si muovono nella bolla, astratti, come dentro uno scafandro, che non sai se è il tuo o il loro. Una specie di pietanza fredda servita in una luce spettrale e in un silenzio irreale, neanche i gemiti simulati di un set hard.
Ma poi, se resisti e insisti, cominci ad abituarti e ad apprezzare alcune cosette per niente marginali. Sottratto a ogni distrazione ambientale, riscopri il piacere della trama, la bellezza calligrafica dell’ordito calcistico, dell’assist, del singolo gesto. La tua attenzione si focalizza sull’essenziale. E c’è un piacere anche lì, insospettabile, che rimonta, focalizzato su triangoli e diagonali. Rischi di capire calcio in novanta minuti di set muto (al punto che risultano quasi fastidiosi gli ululati compensativi dei telecronisti) molto più che in una vita intera. Provando più o meno lo stesso spirituale piacere di quando torni a un “muto” di Buster Keaton o a The Boss, alias Bruce Spingsteen, che si disfa della band e di tutto l’elettrico per scodellarti un “Born to run” ( e quale se no?) di sola armonica nel silenzio dei novantamila assenti ma presenti. E notare che gli arbitri sono più calmi e sereni, senza più le pressioni di un’acustica becera, che tutto, non assediato dalle ciurme dei vivi, scorre via comunque, come in un Tibet del calcio.
Una bella poesia casta. Come quando dopo aver fatto l’amore in modo rumoroso (chi di noi non lo ha fatto almeno una volta?), c’è la sublime parentesi che segue all’apocalisse dei sensi, la mano che, nel silenzio, va a perlustrare vertebra dopo vertebra il corpo della donna amata, imparandolo come non mai e non certo nelle convulsioni amplificate dell’amplesso. Anche questa, una bellissima calligrafia. Magari non piacerà ai più, magari auspichiamo che torni presto sul palco il Boss con la sua Fender, ma intanto siamo felici di questo. Per mille ragioni.
Pensate solo ai soldi. Non ho più spazio, ma bastano due righe. Altro pattume. Lo trovi nelle ceste di lattuga marcia. Lo dice gente che magari ti scannerebbe o passerebbe sul corpo della madre per cento euro (qualcuno suggerisce dieci). È perché c’è qualcuno che pensa ai soldi che voi potete urlare: pensano solo ai soldi”.
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