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Andrea Sorrentino per “la Repubblica”
Patty Pravo lo definirebbe un pensiero stupendo. Luciano Salce l’avrebbe chiamata una voglia matta, per Cesare Ragazzi è semplicemente un’idea meravigliosa. Per Massimo Moratti, da alcuni mesi, è un’emozione crescente che prende corpo, fisionomia, diventa reale. E’ il pensiero, poi l’idea che si fa progetto, di tornare a occuparsi di Inter, davvero. Di riprendere in mano il bene di famiglia.
Si tratterebbe di uno dei più clamorosi ritorni in sella nella storia del calcio italiano, un colpo di scena pazzesco, ed è anche questo che intriga il presidente (per tutti è sempre il presidente), cui non è mai dispiaciuto sorprendere l’uditorio per vedere l’effetto che fa. Usiamo verbi al condizionale, perché certe trattative sono complicate e in via di definizione tra stuoli di avvocati e commercialisti al di qua e al di là della Grande Muraglia, ma è un fatto che le cose si stiano muovendo rapidamente da alcune settimane.
E se fino a un anno fa, a chi gli chiedeva se un giorno sarebbe tornato presidente dell’Inter, Moratti rispondeva secco e spazientito («Ma per carità!»), pare che da alcuni mesi la reazione si sia ammorbidite: «Speriamo di no…», come se il suo ritorno si rendesse ora necessario a causa delle difficoltà di Thohir, che proprio non è riuscito a migliorare i conti e i risultati, e perché uno come Moratti, con quel che rappresenta per l’Inter, non può non accoglierne il grido di dolore.
La storia è che un’azienda cinese, veicolata dal colosso Chem-China che da poco ha rilevato il controllo di Pirelli, è interessata a un 25-30% delle quote. Il regista dell’operazione è Marco Tronchetti Provera, presidente Pirelli e vecchio amico di Massimo Moratti.
L’azienda cinese in questione entrerebbe nel club, poi nel giro di alcuni mesi e attraverso i necessari passaggi tecnici diventerebbe maggioranza, in ticket col 29% attualmente detenuto da Moratti, che a quel punto tornerebbe con ruoli operativi di primo piano, tra l’altro caldeggiati dai nuovi azionisti, mentre Erick Thohir scivolerebbe a meno del 50% delle azioni e lentamente, entro un paio d’anni, uscirebbe dal club.
Si ristabilirebbero così gli equilibri che Moratti aveva provato a instaurare, ancora con un’azienda che faceva riferimento a Pechino, nell’estate del 2012, con un accordo annunciato poi saltato per vari intoppi, a cominciare dalla situazione politica cinese. E dato che in Cina le aziende per muoversi all’estero hanno sempre bisogno del lasciapassare statale, anche in questo caso si è in attesa.
L’obiettivo è chiudere gli accordi entro giugno per poter avere mano libera in sede di campagna acquisti, visto che proprio sabato Mancini ha chiesto un “ricco budget”: anche se poi è tutto da dimostrare che un’Inter di nuovo con un’impronta morattiana possa considerare Mancini il suo allenatore ideale, ma questo lo capiremo col tempo. In tutto questo, Erick Thohir combatte la sua battaglia.
Sta lavorando a una partnership con il colosso cinese Suning, che entrerebbe con una quota di minoranza, e anche lui attende risposte. Ma la situazione dei conti, secondo tutti gli esperti, non invoglia all’ottimismo. Venerdì Thohir torna in Italia, si tratterrà una settimana tra Milano e Londra, intavolerà riunioni e trattative, rivedrà Moratti. Saranno giorni importanti, il futuro dell’Inter è di nuovo in ballo. E Massimo Moratti vuole, deve esserci: l’Inter è lui e lui è l’Inter, nessuno ha molti dubbi in proposito. Nemmeno Thohir.
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