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1. I MOSTRI D’ITALIA RINASCONO GRAZIE ALL’URBAN ART
Matteo Maffucci e David ‘Diavù’ Vecchiato per “il Fatto Quotidiano”
Fate un esercizio: osservate con amore i nostri panorami italiani. Non vi fanno tristezza quegli edifici abbandonati che, di tanto in tanto, lasciano cadere pezzi di cornicione come a maledire le amministrazioni e i proprietari che li hanno lasciati marcire? Pensiamo a palazzi di importante valore storico come Palazzo Nardini nel cuore di Roma, alle ex-colonie in abbandono, come quelle di Massa, all’ex mattatoio di Imola, ai paesi fantasma, o alle tante strutture carcerarie dismesse.
Ma anche i ruderi industriali, la LEO sulla Tiburtina a Roma, l’ex fonderia dell’Ansaldo di Genova o l’ex Italsider di Bagnoli a Napoli. E non vi indignano quegli ecomostri che da soli dicono tutto sull’inadeguatezza, e molte volte sulla corruzione, di chi amministra questo Paese? Milioni di fantasmi e mostri urbani che reclamano il loro posto nelle nostre vite. E allora, che se ne occupi l'Urban Art.
Avete fatto mai caso a quei tizi che, arrampicati su ponteggi e bracci elevatori, dipingono sulle facciate di palazzi – di solito abbandonati e degradati – enormi murales che poi dilagano sul Web? Ecco, loro sono quelli che l’hanno creata e la fanno vivere, l’Urban Art, pittori spesso quotati ed esposti in musei e gallerie eppure disposti a dipingere pezzi di città per il puro gusto di farlo.
Sono loro ad aver ritrovato il ruolo sociale dell’artista, ora di nuovo in grado di migliorare la vivibilità delle città, stimolare relazioni sociali, arricchire culturalmente la crescita dei giovani. Allora, ci siamo chiesti, perché non focalizzare l’attenzione di questi artisti proprio sugli edifici più brutti e degradati d’Italia? L’abbiamo fatto.
Prenderemo un “mostro” a settimana e lo affideremo ad un'artista chiedendogli di mostrarci in che modo lo “rifarebbe”. Certo, quest’operazione di maquillage attraverso un bozzetto grafico non sarà una soluzione definitiva, ma di sicuro potrà diventare una buona occasione per fare conoscere il “mostro” e per discutere della sua sorte.
L’OPERA - LA COLONIA A MARINA DI MASSA
Driiiin! Suonata la sveglia, e recitata la preghiera mattutina, i bimbi si radunavano in refettorio. Una scodella di pane e latte e, dopo il saluto al Duce e al Re, in fila per due in pineta, o al mare, seguendo le accompagnatrici, quasi tutte figlie degli italiani in missione in Libia. In divisa e col fazzoletto al collo, come mostra il documentario promozionale della Colonia Motta “Vacanze a Marina di Massa”, firmato da Ermanno Olmi nel 1958, maschi e femmine marciavano sempre separati.
D’altronde dagli anni Venti ai Sessanta erano poche le famiglie che potevano concedersi una villeggiatura, per questo le colonie climatiche marine, nate a metà dell'Ottocento per la cura di minori affetti da tubercolosi e malattie respiratorie, divennero sotto il fascismo centri estivi per le vacanze e l'educazione dei bambini. Ma col boom economico degli anni Sessanta nacque il turismo di massa, e le colonie vennero dimenticate.
A Marina di Massa ce ne sono ben ventotto, edifici di valore architettonico e storico, alcuni in abbandono come la Ettore Motta: due anni e mezzo fa si parlava di trasformarla in struttura sanitaria, ma nei fatti niente è successo. Noi abbiamo sognato di trasformarla in un’opera e abbiamo chiesto di farlo a uno dei più grandi nomi della Street Art, quel Ron English autore dell’obeso Ronnie McDonald's per il film “Supersize Me” e del ritratto di Obama misto a Lincoln, co-protagonista con altri arti-star come Shepard “Obey” Fairey e Kenny Scharf di una puntata dei Simpson.
2. RON ENGLISH “MAGARI ORA LE PERSONE LO VORRANNO PROPRIO COSÌ”
A Ron English, l’Andy Warhol dell’Urban Art, abbiamo raccontato come si svolgeva la vita nelle colonie marine italiane. Si è discusso di edifici in rovina e dello straordinario panorama italiano, non tutelato da leggi che ne difendano la bellezza. Dopo un po’, Ron ha proposto una sua idea per il muro della Colonia Motta di Massa.
Nell’immagine di un bimbo guerrigliero e clown, circondato da camouflage militare che si tramuta in macchie carnevalesche, si trovano riferimenti ai balilla italiani, alla tragica realtà dei bambini soldato , al circo mediatico che rende spettacolo anche le guerre.
Che effetto le fa mostrare questo murale virtuale, una bozza che non verrà mai dipinta dal vero?
Mi piace perché, guardandolo, le persone potrebbero volerlo sul serio.
Lei è uno dei precursori della Street Art. Negli anni ‘80, rischiando il carcere, combatteva l’industria del tabacco e le multinazionali scorrette con false pubblicità affisse nelle strade. Se un tempo le autorità vi rincorrevano per arrestarvi, oggi vi commissionano murales. Che cos’è cambiato ?
Negli ultimi anni l'incomprensione tra artisti e proprietari si è sbriciolata come il muro di Berlino. Anch’io sono diventato “legale” da un momento all’altro.
Pensa che l’arte sia in grado di portare in strada, oltre a una bellezza estetica, anche coesione sociale?
L’Urban Art è diventata importante perché, per avviare processo di riqualificazione dei quartieri, può essere uno straordinario stimolo iniziale. È un'ottima idea utilizzare l’arte per donare ai quartieri una personalità unica ed un’unificazione culturale, laddove l’unica estetica, monolitica, è data dalla sovraesposizione di pubblicità ed insegne.
Quello che fa ha anche una valenza politica?
Si, ogni cosa che apre al dialogo crea energia politica e può influenzare le persone.
La diffusione dell’arte urbana è oggi possibile perché i soldi non rappresentano il valore dominante. Un artista che vende i suoi quadri a migliaia di euro se ne ha voglia dipinge un intero edificio gratuitamente. Questo sta sviluppando un’economia in grado di produrre anche festival ed eventi attorno ai murales…
Certo, perché l'arte esiste a un livello più alto del commercio.
Qual è la quotazione record di una sua opera?
Alcune vanno oltre i centomila dollari.
E a quanto ha venduto la prima?
A 50 dollari. Avevo otto anni, e mi ci comprai altri colori.
Qual è il murale che avrebbe voluto dipingere?
Il più grande del mondo: la Muraglia cinese.
Quando ne fa uno vorrebbe che rimanesse là per sempre?
No, in un modo o nell'altro tutta l'arte sarà distrutta, sono le idee che vivranno per sempre.
Qual è il suo supereroe?
Chiunque rischi tutto per rendere il mondo un posto migliore.
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