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Francesca Bonazzoli per Corriere della Sera - ed. Milano
È nelle biblioteche che di solito gli scrittori amano ambientare storie di fantasmi e misteri.
Ma questa sera, alla Braidense, sarà una mostra ad evocare lo spirito di Johann Joachim Winckelmann (1717-1768) di cui si celebrano i trecento anni dalla nascita. Attorno al convitato di pietra sono stati apparecchiati oltre 50 fra libri antichi, stampe e manoscritti che raccontano la sua presenza, mai registrata, a Milano.
Alla ricostruzione di questa curiosa storia di un' assenza si sono dedicati Pierluigi Panza e Aldo Coletto. Carta dopo carta hanno inseguito gli indizi disseminati nei fondi della Braidense sulle relazioni che intrecciarono le vite dell' élite milanese con quella del padre dell' archeologia moderna.
Tutto parte dalla prima traduzione italiana del celebre saggio «Storia delle Arti del Disegno presso gli Antichi» che vide la luce a Milano ad opera dell' abate dell' Ambrosiana Carlo Amoretti e stampata nel 1779 dalla tipografia dell' Imperial Monistero di Sant' Ambrogio maggiore.
Sala Teresiana della Biblioteca Braidense
A finanziare l' impresa contribuirono ben sessantasei milanesi (cui si unirono altri da tutta Europa), tutti cognomi dell' intellighenzia come Verri, Beccaria, Frisi, Allegranza, Bossi, Litta Visconti o Dugnani: cultori d' arte, nobili, clero secolare, alta borghesia. I quali, già che c' erano, arricchirono la traduzione con costose illustrazioni. Ma non delle sole opere citate dall' autore, bensì anche di alcune conservate nelle collezioni private dei sottoscrittori, per esempio del busto del Laooconte di Villa Litta, in modo da aumentarne il prestigio.
Archinto, Bertarelli, Ri. m 2-75 a
Il saggio sulle antichità, comunque, non era l' unica ragione per cui Winckelmann era molto conosciuto a Milano. Se il suo nome compare nella corrispondenza di molti altri eruditi cittadini che pure non presero parte al finanziamento della traduzione, si deve anche al fatto che fu proprio un milanese, Alberigo Archinto, abate di santa Maria in Brera, a favorirne l' arrivo in Italia. Winckelmann era nato nello stato più ottuso e grezzo d' Europa, la Prussia.
Aveva studiato teologia e vissuto in modo stentato lavorando come insegnante e bibliotecario finché, a 37 anni, riuscì a trasferirsi a Dresda, in Sassonia, dove invece Augusto III proteggeva la cultura. Lì il nunzio papale Alberigo Archinto notò la sua intelligenza ambiziosa e lo mise in contatto con il cardinale Passionei che gli offrì la possibilità di andare in Italia.
L' 11 giugno 1754 Winckelmann sconfessò gli «errores Lutheranae sectae» e si convertì al cattolicesimo per spianarsi la strada verso Roma dove in breve divenne un intimo dela curia, segretario del cardinale Albani e antiquario della Camera Apostolica.
Grazie alle ampie didascalie a corredo dei documenti esposti, la mostra fa luce sull' intera vita di Winckelmann che fu appassionante e spregiudicata e terminò l' 8 giugno 1768 nella camera numero 10 dell' Osteria Grande di piazza San Pietro, oggi piazza Unità d' Italia, a Trieste. Winckelmann tornava da Vienna dove proprio Maria Teresa, fondatrice della Braidense, gli aveva conferito due medaglie. A ucciderlo fu tale Francesco Arcangeli, un pregiudicato che per vivere si rendeva disponibile alle voglie dei ricchi «men of italian taste» come all' epoca veniva definito il gusto degli stranieri omosessuali.
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Carlo Firmian come collezionista di Knoller e Frey, Bertarelli, Ri. m. 16-22
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