SCAZZI ALLA META - GUERRA NELL’ITALRUGBY, I GIOCATORI VOGLIONO PIU’ SOLDI E RIFIUTANO DI ALLENARSI, LA FEDERAZIONE (CHE HA L’APPOGGIO DI MALAGO’): “VOGLIONO GUADAGNARE DI PIU’? VINCANO DI PIU’”

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Domenico Calcagno per il “Corriere della Sera”

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È l’unica Nazionale che perde (quasi) sempre ma riempie l’Olimpico e l’unica che si scioglie al primo giorno di un raduno premondiale per questioni di quattrini. Il rugby italiano è abituato a non farsi mancare nulla, ieri però ha alzato l’asticella rimediando una figuraccia da far impallidire anche le sconfitte con 60 punti di scarto.

 

I fatti: gli azzurri (eccetto Parisse e Castrogiovanni, che hanno appena finito di giocare in Francia) si ritrovano a Villabassa, provincia di Bolzano, per le prime due settimane di preparazione alla Coppa del mondo (il via il 18 settembre). Rifiutano di indossare tute e maglie della Federazione e rifiutano di allenarsi.

 

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Il c.t. Brunel non sa cosa fare e si decide di andarsene tutti a casa. La Gira, il sindacato dei giocatori, sostiene che gli azzurri sono stati cacciati e minaccia cause e controcause. Per quello che si è capito (i giocatori non parlano), gli azzurri si sono messi nelle condizioni di farsi mandare a casa. 
 

Il motivo del contendere? A metà aprile, a Sei Nazioni ancora tiepido, il presidente Gavazzi lanciò il suo anatema: «Non sono io che sono sceso al 15esimo posto del ranking mondiale, voglio giocatori non pensionati». Tradotto: pochi euro garantiti e premi alti. Concetto condivisibile, espresso in modo un po’ troppo acrobatico. La risposta degli azzurri arriva qualche giorno dopo, via Twitter, attraverso l’hashtag #portacirispetto. Da allora la Gira ha fatto le sue richieste, la Federazione le sue offerte, ma non è servito a evitare la rottura clamorosa. 
 

«Credo di avere fatto una proposta di buon senso — spiega Gavazzi — e non intendo venire meno a certi principi. Quanto siamo distanti? Non lo so. Ci incontreremo, ma il discorso per me è chiaro: vogliono guadagnare di più? Vincano di più». L’incontro è previsto oggi, a Brescia, e potrebbe esserci Parisse, che è qualcosa più di un capitano.

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L’offerta della Federazione, che ha incassato il sostegno del presidente del Coni Malagò («Nello sport è giusto premiare il merito») è la seguente: 3 mila euro a tutti i convocati, 8 mila per la vittoria sul Canada, altri 8 mila per quella sulla Romania, 12 mila per il successo sulla Francia, 16 mila se si batte l’Irlanda. Vincendo tutte le partite del girone, ogni azzurro intascherebbe 47 mila euro (stessa cifra in caso di qualificazione a prescindere dalle vittorie), più i 3 mila fissi, più 3 mila per chi giocherà i tre test di preparazione.

 

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Dovesse andare tutto per il meglio, ogni azzurro porterebbe a casa 50 mila euro. In caso contrario, solo sconfitte: 6 mila. Il sindacato giocatori fa notare che chi andrà in tribuna (8 su 31 a ogni partita) prenderà la metà. Gavazzi ricorda che durante il Mondiale i convocati di Zebre e Benetton prenderanno comunque lo stipendio dal club. 
 

Insomma, ognuno la vede a modo suo, ma la figuraccia da primato è fuori discussione. Il rugby è sempre stato orgoglioso dei suoi valori: la maglia, lo spirito di squadra, il rispetto, il terzo tempo e la mitologia assortita. Noi non siamo come il calcio è una delle frasi ricorrenti. Vero: ieri il rugby non è stato come il calcio, è stato peggio. 
 

 

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