DAGOREPORT - È TORNATA RAISET! TRA COLOGNO MONZESE E VIALE MAZZINI C’È UN NUOVO APPEASEMENT E…
Agostino Gramigna per il “Corriere della Sera”
Si comincia dal sogno. «Per i bambini della mia generazione era fare il cantante o il calciatore». Il primo, Enrico Ruggeri, l'ha realizzato tanto tempo fa, primi Anni 70, suonando con un suo gruppo in una cantina a Milano. L'altro, il calcio, ha dovuto attendere i 63 anni. Ma ce l'ha fatta: è stato tesserato dal Sona, squadra veronese di serie D, guidata da un personaggio bizzarro.
Un presidente che a gennaio ha fatto parlare di sé per aver ingaggiato Maicon, l'ex calciatore dell'Inter e del Brasile. Maicon (che giocava ancora nella quarta serie brasiliana) è tornato un po' per nostalgia, un po' per curare da vicino gli interessi rimasti a Milano. A spingerlo verso Sona, l'amico e agente Thiago de Souza da anni stabilitosi nel Veronese e, infine, la possibilità di tesserare anche il figlio Felipe, 15 anni: al momento con gli juniores, ma chissà che padre e figlio non finiscano per giocare insieme.
Ruggeri conosceva Maicon da tifoso. Si erano incrociati qualche volta. Baci e abbracci, come capita tra vip. Ma finiva lì. Poi una mattina di aprile se l'è visto arrivare assieme a un signore. Ruggeri racconta così l'incontro che gli ha permesso di dare consistenza al sogno. «Ero in ritiro con la nazionale cantanti, vicino Verona. Maicon è passato a trovarmi. Con lui c'era Paolo Pradella, presidente del Sona. Mi sono fatto coraggio e gliel'ho buttata lì: mi prenderebbe nella sua squadra?».
il presidente del sona paolo pradella
Ha riso. E ha accettato. Sessantatré. Non proprio l'età ideale per rincorrere la palla insieme ad atleti ventenni. E a un certo Maicon. Ruggeri s'immagina lo scenario. Che illustrerà dopo. Intanto precisa: «Volevo entrare in una squadra vera e ce l'ho fatta. E ho stabilito un record: il debuttante più anziano del mondo».
Riprende fiato. «Non voglio contendere il posto a un giovane. Però, modestamente, sono ancora in gran forma». Ruggeri gioca a pallone due volte a settimana con gli amici e si allena con la nazionale cantanti, di cui è capitano. Vorrebbe debuttare. Non sta nella pelle. Ma non sarà facile trovare posto. Per ora gli basta annusare il profumo dell'erba sul campo. E osservare Maicon respirare sulla fascia.
ruggeri con la nazionale cantanti
Com'è? «È il brasiliano che vive alla giornata e s'innamora di un'idea, che sogna ancora perché se non sei così non ci vai a giocare a 40 anni in serie D. Sono stato agli allenamenti e l'ho visto durante la partitella arrabbiarsi come quando giocava il derby a San Siro».
C'è una foto che mostra Ruggeri a centro del campo attorniato dai giocatori. Parla. Sembra nella posa dell'allenatore. «Ci mancherebbe. Ho solo fatto un discorso motivazionale. Per caricarli e... per interesse personale. La squadra deve salvarsi. Se lo fa con qualche giornata d'anticipo ho più chance di giocare».
ruggeri in versione calciatore
I ragazzi? «Con me sono timidi. Non mi chiedono autografi, sono di un'altra generazione. Facciamo foto, loro scattano foto, è il modo per iniziare». Immagina il suo debutto e spiega cosa farà. «Mi colloco dietro le due punte, perché sono un rifinitore. E appena ho la palla tra i piedi la do via. Un solo tocco. Se la stoppo sono finito».
Ruggeri è stato colpito da Pradella. «È uno di quei presidenti all'antica, passionali, che si agitano in panchina, il presidente-fratello maggiore che si sacrifica». Ricorda. «Quando ero bambino andavo in via de Amicis a Milano dove c'era il negozio di uniformi di Fraizzoli, presidente dell'Inter. Spesso stava alla cassa. Ecco, io andavo lì perché c'era, potevo vederlo. Se penso ai presidenti di oggi mi vengono in mente le holding, le scatole cinesi…».
Nostalgia. Ruggeri si fa serio. Ritorna a parlare di Maicon. «Con lui finisci a parlare sempre di Mourinho e del Triplete del 2010. Mi viene da fargli domande da tifoso. Per esempio: Maicon ha fatto un gol strepitoso alla Juve, decisivo per uno scudetto: un destro fantastico. Ecco gli chiedo come ha fatto, di spiegarmi. Al suo fianco divento un bambino».
Come respirare l'infanzia. «Già, aria meravigliosa». Sessantatré anni. Ha due figli, 10 e 15 anni. «Del mio tesseramento non mi hanno detto nulla. Forse non avevano capito. Del resto mi vedono spesso uscire di casa con la borsa da calcio. Un giorno però sono rientrati belli carichi. Entusiasti. «Il tuo papà gioca in serie D, figo». Erano stati avvisati dai loro amici.
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