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— Out of Context Inter (@OutContextInter) December 10, 2021
Da calciomercato.com
peppino prisco massimo moratti
IL RICORDO DI MASSIMO MORATTI - “L’ho conosciuto da bambino, era il vicepresidente dell’Inter quando il club era del mio papà. È sempre stato di famiglia, anche perché all’epoca il calcio era una cosa diversa, aveva un’impostazione familiare e non istituzionale. Per cui si era tra amici ed era normale vederli girare per casa. Prisco era brillantissimo e anche ammirato per il suo passato da eroe alpino. E poi quell’ironia, quel modo inconfondibile di comunicare.
Diventa difficile fissare un solo aneddoto per ricordarlo, perché in qualsiasi ragionamento, anche in quello più serio, emergeva con una sua battuta che ti imponeva a riflettere sul fatto che in fondo alcune cose della vita sono serie o meno a seconda di come le guardi.
Possedeva invidiabili punti di vista. E poi non posso dimenticare il giorno in cui uscendo di casa lo trovai fermo all’angolo ad aspettarmi: in dieci minuti mi spiegò che l’Inter attraversava un brutto momento, che bisognava immediatamente intervenire, ma aggiungendo che avrei dovuto farlo io, che fino a quel momento pensavo a tutto tranne che a comprare l’Inter. In quei pochi minuti riuscì a raccontarmi praticamente tutto e anche a convincermi del fatto che fondamentalmente avrei potuto fare qualcosa.
Non parliamo solo della classica pulce all’orecchio, Prisco fece tutto affinché la trattativa iniziasse e finisse come desiderava, organizzò anche gli incontri. Io mi trovavo in quelle classiche situazioni in cui c’è di mezzo un amico a cui fai anche fatica a dire di no. All’Inter pensavo più come una cosa futura, e invece… Adesso mi manca la sua intelligenza, quel rapporto di ragione e tutto ciò che portava l’avere accanto uno come lui, anche nella sua discrezione. Perché non è mai stato invadente, ti lanciava dei messaggi estemporanei che coglievi perché aveva la capacità di attecchire con poche parole”.
E allora un’ultima domanda sorge spontanea… Anche oggi l’Inter attraversa un momento di difficoltà, provi a pensarci: esce di casa e lì all’angolo trova Peppino Prisco ad aspettare. Come si comporterebbe? (Ride divertito, ndr)“Eh no, non me la farebbe per la seconda volta. Cambierei marciapiede”.
PRISCO
Maria Strada per corriere.it
L'alpino
Prima, però, c'è la Seconda Guerra Mondiale. Vissuta al fronte, con gli Alpini. Che gli rimarranno sempre dentro. Si arruolò appunto subito dopo la maturità, battaglione Aquila del 9° Reggimento, Divisione Julia. Significava campagna di Russia. Il sottotenente Prisco fu uno dei tre ufficiali superstiti, del suo battaglione tornarono vivi in 159 su 1700 anime. Per lui, una medaglia d'argento al valore. E un plico di lettere, che gli furono recapitate tutte in una sola volta: erano quelle che il padre Luigi gli inviava ogni giorno, cui non aveva mai potuto rispondere.
Il figlio, battezzato in onore del nonno, racconta che solo allora pianse. Non lo aveva fatto nemmeno quando, al fronte, si era reso conto dell'inferiorità di mezzi rispetto a quella dei tedeschi: « Noi eravamo poco addestrati, male armati, scarsamente attrezzati mentre quelli, i crucchi, sembravano bestie nate per fare la guerra... Mandarci in tali condizioni in Russia fu per certi aspetti una forma di vera criminalità», raccontava.
La lattina contro il Borussia e la vittoria (in tribunale)
Proprio da una delle Coppe Campioni cui partecipò nasce uno dei cardini della giustizia sportiva: la responsabilità oggettiva. Il 20 ottobre 1971 l'Inter, campione d'Italia, allenata da Giovanni Invernizzi, sta giocando la partita d’andata degli ottavi di finale contro i campioni della Germania Ovest, il Borussia Moenchengladbach. La squadra nerazzurra, fu poi sconfitta per 7-1.
Ma, sul 2-1, Boninsegna viene colpito alla testa da una lattina di Coca Cola mentre sta per battere una rimessa laterale (con Mariolino Corso che, letteralmente prese a calci nel sedere l’arbitro, reo di avere concesso un rigore inesistente). E qui arrivò il capolavoro di Prisco: nella sua arringa davanti all'Uefa parlò di un «pesante condizionamento» arrivando a chiedere addirittura la vittoria a tavolino. L'Uefa fece ridisputare l'incontro (dopo quello di San Siro vinto per 4-2 dai nerazzurri) in campo neutro, a Berlino, e finì 0-0. Nerazzurri, poi, lanciati verso la finale persa contro l'Ajax.
Un'altra perla, forse meno innovativa, fu quando minacciò di non fare iniziare una partita di campionato finché la Curva Nord, la culla del tifo dell'Inter, non avesse tolto uno striscione antisemita. Pronto ad assumersene le responsabilità anche in sede disciplinare.
Le sue frasi: caustiche, mai volgari
«Quando stringo la mano a un milanista me la lavo, quando la stringo a uno juventino mi conto le dita»; «Il Milan è finito in B due volte, la prima pagando, la seconda gratis»; «La Juventus è una malattia che purtroppo la gente si trascina fin dall'infanzia». Sono alcune delle sue celebri, feroci, caustiche battute contro i rivali di sempre («Tifo per l'Inter. E sempre per chi gioca contro di loro»).
Impossibile per milanisti e juventini evitare di riderne: Peppino Prisco era il tifoso ideale anche per gli avversari. Anche per Franco Baresi, che ricevette un grande complimento nel 1997, il giorno dell'addio al calcio: «Il miglior acquisto dell'Inter? L'addio al calcio di Franco Baresi. E se si fosse ritirato prima, gli avrei pagato io la festa».
Prisco e l’imitazione di Teocoli
peppino prisco imitazione teo teocoli
Tanto simpatico e irriverente l’originale, quanto la sua imitazione caricaturale fatta da Teo Teocoli (come avvenuto per Gianni Agnelli, anche per qualche anno dopo la scomparsa del modello) a «Quelli che il calcio...» e in teatro:
«Quello sketch l’ho fatto con il cuore, spinto solo dall’affetto e dalla voglia di rendere omaggio a due grandi personaggi che, purtroppo non ci sono più e che hanno lasciato un grande vuoto negli sportivi. Nelle tournée il pubblico mi chiede continuamente “facci Prisco”», raccontava lo showman. L’avvocato (quello interista) ricambiava sempre gli sfottò: « Ogni volta che lo stuzzicavo prima del derby mi rispondeva: “Ci sono quasi 60 milioni di italiani, perché devi venire a rompere i cogl.. proprio a me?”».
Moratti jr, il fallo di Iuliano su Ronaldo, la sua assenza in Calciopoli
Prisco fu anche l'uomo che iniziò con Angelo Moratti e chiuse con Massimo Moratti. Anzi, fu l'uomo che fece sì che Massimo iniziasse ad investire. Vinse solo una Coppa Uefa con lui, quella del 1999 conquistata in finale contro la Lazio, e appena prima visse con rabbia uno degli episodi chiave della storia dell'Inter, il famigerato caso Iuliano-Ronaldo del 1998.
«La denuncia del furto non mi interessa, vorrei la restituzione della refurtiva», soffiò ai microfoni di Tutto il calcio minuto per minuto. Morì a 80 anni e 2 giorni e non visse né il 5 maggio (2002) con lo scudetto sfumato all'ultimo secondo (morì con i nerazzurri primi in classifica), doppio sorpasso di Juventus e Roma mentre la sua squadra cadeva in casa della gemellata Lazio.
teo teocoli imita peppino prisco
Si perse anche Calciopoli, l'estate della guerra giuridica e della retrocessione (a tavolino) della «odiata» Juventus, con lo scudetto assegnato proprio all'Inter. E mancava, non soltanto ai nerazzurri o nei tribunali sportivi. Giampiero Mughini, tifosissimo bianconero, in quell'estate 2006 ammise: «Prisco avrebbe smorzato tutte queste polemiche con una battuta delle sue».
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