novak nole djokovic

OGNI BEL DJOKO, DURA POCO – DJOKOVIC NON HA FATTO IN TEMPO A VANTARSI DI ESSERE UN AUTOMA CAPACE DI RIPROGRAMMARE IL SUO GIOCO IN BASE ALL’AVVERSARIO, CHE HA INCASSATO LA SCOPPOLA PIÙ AMARA DELLA SUA VITA: IL SOGNO DEL GRANDE SLAM SI È TRASFORMATO IN UN INCUBO – UNA CAPORETTO CONSUMATA IN POCO PIU' DI DUE ORE E CHE SGRETOLA LE SUE CERTEZZE: “NON SO DOVE E QUANDO TORNERÒ A GIOCARE…” - VIDEO

 

Stefano Semeraro per "la Stampa"

 

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Domanda: si può essere delusi - «in crisi» pare troppo - dopo aver vinto 3 Slam su 4, essere arrivati in finale nel quarto, aver guadagnato comunque 7 milioni di euro, e occupando ancora, nonostante tutto, il primo posto nella classifica mondiale del tennis? Risposta: se ci si chiama Novak Djokovic, probabilmente sì. La finale di domenica è stata la partita numero 369 del Djoker nei tornei dello Slam, la numero 1176 in carriera, da sola gli peserà molto di più delle altre 197 sconfitte.

 

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In ballo c'era il Grande Slam, il Santo Graal del tennis, perdere all'ultimo metro contro il geniale parvenu Daniil Medvedev pareva impossibile. Invece. E poi come: tre set, poco più di due ore, una Caporetto senza suspense. Negli highlight della memoria resta l'immagine dell'Imbattibile che disintegra con furia cieca la racchetta sul centrale di Flushing Meadows, e ti chiedi perché, come è potuto succedere, quando il software del campione ha smesso di autocorreggersi e ha mandato in bomba l'uomo. «Ho giocato sotto il mio livello, in tutto», spiega Nole. «Le mie gambe non funzionavano. Ci ho provato, ho fatto del mio meglio, ma non ci sono riuscito».

 

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Uno di quei giorni in cui i bilanci all'improvviso non quadrano, gli appuntamenti falliscono, lo spirito si ribella alla macchina che lo ospita. Mente e corpo sono più legati di quanto sospettiamo, e Novak lo sospetta meglio di chiunque altro; ma stavolta non ci ha potuto fare niente. Messo davanti alla storia, il suo ego ha grippato. Proprio come gli accade alle Olimpiadi - un bronzo in quattro partecipazioni - dove lo sport va oltre il tennis e oltre a Djokovic in campo c'è la Serbia, sarebbe a dire la patria, un destino superiore.

 

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Perché Novak si sente qualcosa più di un tennista davanti ai suoi connazionali, e probabilmente lo è. Resta da capire che conseguenze avrà il trauma. Nel 2021 lo rivederemo di nuovo in campo? Quali altri obiettivi può immaginare, chi ha vinto tutto ma ha fallito, quasi certamente, l'occasione della vita? «Non ho un piano, non so dove e quando tornerò a giocare. In questo momento la mia mente è solo qui, a New York». L'anno zero di un campione. Forse per Djokovic, atleta olistico, l'escape room sono i sentimenti. A Flushing Meadows ha scoperto che sì, anche lui può essere amato. «Non mi ero mai sentito così, mi avete toccato l'anima», ha detto al pubblico nell'emotivo 'speech' post partita.

 

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Da Imbattibile guastatore dei destini altrui era l'Antipatico Numero Uno. Da re spodestato - come Pascal insegna e Connors e McEnroe potrebbero confermare - le sue tristezze arrivano al cuore di tutti. «Ora ho priorità diverse», ha continuato accennando ai suoi 34 anni. «Voglio passare più tempo con mia moglie e i miei figli, stare lontano da loro mi fa male». Anche i fuoriclasse, insomma, tengono famiglia. Ma conoscendolo, c'è almeno un lavoro da completare. Il Grande Slam è andato, il 21° Slam, quello del sorpasso su Federer e Nadal, ancora si può fare. Per se stesso, per la patria e la famiglia.

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