TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA ANDATE A…
Mario Piccirillo per ilnapolista.it
Che bello vivere in Italia. L’unico Paese al mondo dove la profezia non-avverante della pandemia passata a panificare – “andrà tutto bene!” scrivevano i bambini sulle lenzuola appese ai balconi – è diventata un imperativo categorico. Deve andare tutto bene, e così sia. Vale un po’ per tutto, basta non porsi il problema di turno. Non troppo, almeno. Il minimo sindacale, per diritto di cronaca. Prendi nel loro enorme-piccolo i Mondiali in Arabia Saudita del 2034, per esempio.
La scelta della Fifa, ufficializzata addirittura per acclamazione, di assegnare i Mondiali ad un Paese così (eufemisticamente) “problematico” sulla stampa internazionale è oggetto di un dibattito pesantissimo. Sono giorni che i principali quotidiani europei pubblicano, uno dietro l’altro, editoriali di fuoco su Infantino, la Fifa, le federazioni nazionali, e il calcio ipocrita, “colluso” e “complice” in generale.
Il Telegraph, il Guardian, il New York Times, L’Equipe, El Paìs, Le Figaro, la Süddeutsche Zeitung, la Faz e lo Spiegel hanno tutti schierato le migliori penne a supporto della fredda notizia. Con toni del genere: “La più vile svendita dello sport mondiale”; “Infantino è un venditore con la valigia di cuoio temperato piena di morte”; “La Fifa soffoca la democrazia”; “I Mondiali in Arabia Saudita sono l’atto più miserabile e sanguinoso nella storia dello sport globale”.
Al terzo giorno, sia chiaro, non hanno ancora mollato la presa. Anzi sono passati al livello successivo d’analisi: ognun per sè, i giornali hanno cominciato ad azzannare le rispettive federazioni, colpevoli di aver chinato il capo silenziosamente. In Germania, soprattutto, dove a queste cose ci tengono e dove i giornalisti hanno una passione maniacale per Infantino. Ma anche in Inghilterra. Oggi – ma è solo un esempio – il conservatore Oliver Brown sul Telegraph rinfaccia i doppi standard della FA, con un eloquente “La FA non può sostenere i diritti degli omosessuali una settimana e sostenere la Coppa del Mondo saudita la settimana successiva”. Di fianco, sulla stessa home page dello sport, trionfa un pezzo molto argomentato che indaga la grande ascesa di Infantino all’olimpo del calcio.
E in Italia? Niente. Nemmeno una riga. Magari c’è sfuggita, ma certamente non c’è stata l’ondata – sterile quanto volete, ma imponente – di sdegno letta ovunque. Semplice cronaca: la notizia dell’assegnazione, la riproposizione quasi acritica delle promesse saudite, qualche fotoscenica gallery dei 15 stadi per costruire i quali sappiamo già quanti operai morti serviranno. Anzi: lo sa chi ha letto in questi mesi gli allarmanti report sul Guardian, non certo il lettore italiano. Il Post, con il suo stile molto distaccato, ha spiegato “Cosa c’è di problematico nei Mondiali di calcio in Arabia Saudita”. Almeno quello.
gianni infantino mondiale per club
Eppure avremmo una naturale predisposizione all’indignazione facile, allo schienadrittismo (certo, come no…), non foss’altro per il “ritorno” di sponda sui social. La stessa che invece abbiamo letto a profusione ogni volta che gli arabi hanno provato a strapparci i “gioielli” della Serie A a colpi di offerte di milionarie: c’era in ballo l’immagine stessa della Serie A, mica i diritti civili. Che palle, i diritti civili.
Stavolta eravamo evidentemente troppo impegnati a baloccarci sulla var, le asfittiche circonlocuzioni di Thiago Motta, e i tradizionali “patti” di Natale del Napoli. Va tutto bene, davvero. Che gli vuoi dire a Infantino.
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