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Gianni Romeo per “la Stampa”
Fabio Aru, nome corto, cognome di più, facile da memorizzare, adatto ai titoli dei giornali e le urla delle tivù, gli slogan dei tifosi. Anche per via di queste futili ragioni, un predestinato?
Forse sì, lo dice la Vuelta trionfale conclusa ieri sbucando dal quasi anonimato di una corsa che aveva visto cadere molte teste coronate (Nibali, Froome…), facendolo quando lo si dava per spacciato. E invece vincitore alla grande, demolendo i rivali nell’ultimo giorno utile. Vincitore a 25 anni, proprio com’era accaduto a Nibali, dopo aver corso un Giro d’Italia in cui aveva messo paura a Contador.
Due campioni nell’Astana
A questo punto ecco due domande che è difficile scansare. Nel grande ciclismo delle corse a tappe si profila una fiera rivalità tutta italiana, Aru contro Nibali? E chi è il più forte? Una premessa, prima di dare le risposte. C’è un sottile filo conduttore che lega curiosamente la storia dei due personaggi: entrambi isolani, Nibali è siciliano e Aru sardo, figli di due terre che erano sempre state avare di talenti, con il ciclismo; entrambi innamorati del loro mare ma ispirati dalle montagne alle quali legano la loro storia sportiva, un po’ come il romagnolo Pantani.
Entrambi attaccati al loro lavoro. Si definiscono privilegiati. Se vogliamo dividerli, dobbiamo dire che Fabio, il più giovane, si distacca dal clichè dell’amico-rivale perché è più colto, ha fatto il liceo, e anche per la ricerca del perfezionismo.
Cura i particolari in modo maniacale. La rivalità si profila, certo. Anzi, anche se non si può dire, è già in atto. Se Nibali aveva perso la testa alla Vuelta, attaccandosi all’ammiraglia e rimediando la squalifica, è perché captava dalla radio di bordo messaggi che si occupavano soltanto di Aru.
Sono già separati in casa, ma l’Astana non ha nessuna intenzione di celebrare prima del tempo il divorzio. Il contratto con Nibali scadrà a fine 2016, il programma per lui è già deciso: Giro, poi un Tour in chiave di preparazione olimpica (il percorso di Rio è adatto al siciliano), mentre Aru sarà proiettato su un Tour da protagonista e poi sulla Vuelta. Si sfioreranno soltanto.
Arrivato tardi alle 2 ruote
Scontro diretto alla Coppi-Bartali, dunque, dal 2017. Abbiamo detto Coppi-Bartali, l’abbiamo detta grossa. Ma in effetti negli ultimi cinquant’anni di italiani fieri rivali da corse a tappe se ne contano pochi. Il massimo fu Bugno-Chiappucci, primi Anni Novanta. Anche Gimondi-Motta, Moser-Saronni ma soltanto in patria, rivalità tiepide nei grandi Giri. Diciamolo sottovoce allora, augurandoci di riassaporare, noi di quell’epoca, un po’ del profumo che mai scomparirà: Coppi-Bartali.
Ora la domanda più difficile. Chi è oggi il più forte? Nibali, chiaro. Ha vinto i tre grandi Giri, è già due volte campione d’Italia, ha corso da protagonista la Sanremo, la Liegi, il Lombardia. È più completo. Il curriculum non mente. Per ora. Ma Aru ha cinque anni di meno, in molti lo ritengono più esplosivo in salita. Il tempo è dalla sua. Con il ciclismo aveva cominciato tardi, a 15 anni, dopo tanto calcio e tennis anche a discreti livelli. «Ma usavo sempre la bici per spostarmi», dice.
NIBALI
vincenzo nibali
bartali coppi borraccia o bottiglia
ARU NIBALI 9
ARU VUELTA
Poi le prime corse: «Nel fine settimana i miei genitori mi pagavano l’aereo per andare a correre in Continente appoggiandosi a una famiglia di Bologna che mi accompagnava, ma la domenica sera tornavo in Sardegna, il lunedì mi aspettava il liceo». Ora studia per battere Nibali.
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