COME MAI ALLA DUCETTA È PARTITO L’EMBOLO CONTRO PRODI? PERCHÉ IL PROF HA MESSO IL DITONE NELLA…
Davide Romani per la Gazzetta dello Sport
In pista come nella vita. Salvatore Antibo da sempre ha imparato a convivere con avversari duri da sconfiggere. Se gli africani erano i suoi rivali in gara, l' epilessia da 30 anni è una maledetta compagna di vita con la quale lotta dall' inizio degli Anni 90.
Una sfida che - dai Mondiali di Tokyo del 1991 - affronta con dignità, a testa alta come nelle sue gare di mezzofondo più belle. A partire dalla doppietta europea di Spalato 1990 dove "l' africano bianco" ha trionfato nei 5000 e nei 10000. «Non mi arrenderò mai» ripete come un mantra il 58enne argento nei 10000 ai Giochi di Seul «Ho dato del filo da torcere agli africani, i più grandi. Keniani, etiopi, sono i Messi e i Cristiano Ronaldo del mezzofondo.
Allo stesso modo non alzerò mai bandiera bianca davanti a questa malattia. Sono un uomo di chiesa e quando sarà il momento verrò chiamato. Ma fino ad allora combatterò». Una gara che Totò («chiamami semplicemente così» rompe il ghiaccio al telefono) affronta ogni giorno con un' amara certezza: «Non c' è nulla da fare, la malattia è incurabile. Il professor Oriano Mecarelli (neurologo, ndr), che mi segue e che non finirò mai di ringraziare, me lo ha confermato. Ho una media di 60 crisi al mese, 2 al giorno anche se in alcuni giorni sono arrivato a quattro. C' è però una possibilità di poter ridurre questo numero».
A cosa si riferisce?
«Il professore mi ha prospettato l' ipotesi di un' operazione che potrebbe ridurre il numero di crisi epilettiche. Da giugno sono in attesa di un intervento.
Dovrebbero inserirmi all' altezza della spalla un elettrostimolatore vagale (nella scapola sottocutaneo dove passa il nervo vago, ndr) ma a oggi non ho più avuto notizie».
Sono passati 7 mesi
«L' emergenza causata dal Covid ha praticamente bloccato tutto il resto del sistema sanitario. Prima mi avevano parlato di Milano, poi Monza. Alla fine a causa delle varie zone rosse mi avevano prospettato l' ipotesi Catanzaro. Ma da giugno ancora nulla. E poi se io dovessi entrare oggi in un ospedale sarei a forte rischio perché sono epilettico e asmatico. Con questo virus che prende i polmoni potrei forse durare solo due giorni».
Ha perso la speranza?
«No, io combatto, non mollo.
Come in carriera quando sfidavo i campioni africani. Ma una cosa voglio dire: l' Italia si deve vergognare. A questo Paese ho dato tanto sempre il cuore, ho vinto tanto ma in cambio non ho ricevuto nulla. Ho partecipato a tre edizioni dei Giochi (1984, 1988, 1992, ndr), ho vinto un argento olimpico (1988, ndr), ho conquistato due ori europei (a Spalato nei 5000 e nei 10000, ndr) oltre a un bronzo, ho partecipato ai Mondiali, vinto prove di Coppa del mondo. È vero, mi manca l' oro all' Olimpiade ma nel 1992 ho corso imbottito di farmaci epilettici e sono finito quarto. Chissà senza».
Nessuno l' ha chiamata? Nessuno le ha offerto un aiuto?
«Aiuti non ne voglio, desidero solo essere trattato come tutti quei cittadini che hanno bisogno di cure. Ma certo, per l' atletica e per l' Italia sono scomparso (l' anno scorso però è stato ricevuto a Roma dal presidente della Fidal Giomi, ndr)».
Intanto in famiglia c' è chi sta provando a seguire le sue orme. Suo figlio Gabriele.
«Ha 16 anni (il primo figlio Cristian ne ha 19, ndr) e si allena al Cus Palermo con Gaspare Polizzi, il mio vecchio tecnico. La mia speranza però è che smetta, che non corra più. È molto bravo a scuola, al Liceo. Meglio se si concentra sugli studi».
Come convive con le crisi?
«Ho bisogno di una persona sempre accanto a me, perché se cado rischio di farmi male.
Quando arrivano le crisi, per 3 minuti io sono morto. Quando mi riprendo è come se non ricordassi nulla di ciò che è successo nei minuti precedenti».
Nessun miglioramento?
«Il professor Mecarelli mi ha da poco inserito un nuovo farmaco, il settimo, nella terapia che assumo: il Gardenale. È molto potente, mi procura forti mal di testa ma da tre giorni non ho crisi epilettiche. Una cosa che non succedeva da 30 anni. Magari però la prossima potrebbe arrivare mentre parliamo. Convivere con questa malattia mi ha insegnato che in ogni momento può arrivare una crisi. Ma ci tengo a ribadire un' ultima cosa...».
Prego.
«Non è Salvatore Antibo a dover essere ascoltato, aiutato. Sono gli italiani che hanno bisogno di cure, che necessitano di interventi chirurgici. E se un Paese come l' Italia non è in grado di farlo, si deve vergognare».
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