DAGOREPORT - È TORNATA RAISET! TRA COLOGNO MONZESE E VIALE MAZZINI C’È UN NUOVO APPEASEMENT E…
Francesco Persili per Dagospia
«Mourinho? Un personaggio fatto su misura per questi tempi rumorosi e vuoti. Possiede un grande fascino mediatico che quando vince lo trasforma in eroe e quando perde in caricatura». Vale la pena arrivare in fondo al nuovo libro dell’ex tecnico e dirigente del Real Madrid Jorge Valdano (“Le undici virtù del leader”, Edizioni Isbn) solo per leggere il ritratto al veleno del Conducator portoghese. Una feroce stroncatura del suo cesarismo carismatico. «Il linguaggio di Mou ha avuto la potenza del vincitore infallibile anche se non gli ho mai sentito dire una frase calcistica degna di essere ricordata».
Un regolamento di conti in punta di penna, ma neanche troppo. «Credo che l’anno al Real gli abbia fatto molto male». Arsenico e vecchi dispetti che risalgono al periodo in cui entrambi lavoravano, e litigavano, alla Casa Blanca: «Se Guardiola è Mozart, Mou è Salieri – artiglia Valdano - sarebbe un grande musicista se non esistesse Mozart». Questione di feeling, ma soprattutto, di stile. Meglio Guardiola, «lo Steve Jobs del calcio» al quale l’ex campione del mondo argentino riconosce il merito di aver liberato il calcio dall’ossessione tattica e fisica grazie ai suoi “piccoletti geniali” e a un gioco che è diventato un marchio, un unità di misura del mondo, un modo di essere. Uno stile, appunto.
Uno che si schiera «dalla parte dei sogni» di Futbolandia come Valdano non può resistere alla tentazione di baciare lo scarpino del tecnico catalano, so cool, e shakerare etica, estetica, idealismo da oratorio agitando come un feticcio lo slogan di Pep: «il leader è quello che rende migliori gli altri». Amen.
Insofferente ai despoti in panchina, il “filosofo del calcio” prova ad immaginare, tra una citazione del presidente uruguagio Mujica, la solita “Itaca” di Kavafis e un ricordo da spogliatoio di Cesar Luis Menotti, uno «Slow Foot», come lo definisce Gianni Mura nella prefazione. Un calcio bello e semplice mondato dalle piccole miserie, dalle meschinità e da quelle furbizie che pure fanno parte del gioco. Nel migliore dei mondi, e dei palloni, possibili, credibilità, speranza, passione, stile, parola, curiosità, umiltà, talento, fedeltà allo spogliatoio, semplicità, successo diventano le 11 virtù necessarie per forgiare leader in grado di trascinare un club alla conquista di grandi vittorie.
nuova casa per mario balotelli 16
Esempi? Paolo Maldini, Xavi e Raul, «un cultore della sostanza» fin dai tempi delle giovanili del Real quando fu svelto a recepire l’input nenniano di Valdano: «Le porte della prima squadra non si aprono spingendole ma sfondandole». Nel giro di pochi mesi le porte le sfondarono in dieci, tra cui anche Raul, che nell’immaginario del filosofo argentino diventa uno dei simboli, con Rafa Nadal, della grandezza del campione che sfida tutti i limiti. Gioco, dunque, so(g)no. Il calcio diventa categoria filosofica, espressione artistica, educazione sentimentale e letteraria. «Chi sa solo di calcio, non sa niente di calcio», ché poi anche Mourinho qualche frase degna di essere ricordata l’ha detta.
Se ne “Il sogno di Futbolandia” Valdano ci aveva regalato istantanee cinematografiche infarcite di realismo magico («Bochini? Woody Allen che gioca a calcio. Aveva in testa un campetto di paese e due gambe di filo spinato»), in questo libro l’ex dirigente madridista affresca una galleria di ritratti di leader contemporanei del calcio destinati a far discutere.
Dal Cholo Simeone «col suo gioco poco attraente che si ispira a Mou» a Balotelli con le sue «frivolezze psicologiche» che lo rendono una via di mezzo tra «un bambino capriccioso e un attore scadente», la scrittura del filosofo argentino scortica e deforma, graffia e nobilita.
La sua prosa immaginifica avvolge il «pacificatore» Ancelotti («un grande allenatore che ha deciso di non darsi troppa importanza») esalta l’alto magistero di Conte e la capacità di «sopravvivenza» di Capello: «Se lo abbandonassimo per un anno in una caverna piena di serpenti al ritorno lo troveremmo sano e salvo».
Anche se poi la frase da salvare in memoria è sempre quella del «custode del Jurassic Park» pallonaro, Sir Alex Ferguson: «Non c’è medaglia o trofeo migliore che l’essere riconosciuto per il proprio stile».
E quello di Valdano è agli antipodi rispetto al dogma del risultato ad ogni costo. Parla di passione, bellezza, fiducia negli altri. Calcio in bella calligrafia? Forse. Nel dubbio, meglio schierarsi sempre dalla parte della semplicità. E di Alfredo Di Stefano: «Giocare a calcio è più facile che fare tante chiacchiere».
Estratti dal libro di Jorge Valdano “Le Undici virtù del leader”, ISBN edizioni
MARIO BALOTELLI
Ha un talento fisico unico per presenza, potenza, coordinazione e flessibilità. Ed è anche dotato di grandi risorse tecniche («Non c' è genio senza tecnica» ci disse Picasso), ma i voti calcistici generali si abbassano per colpa di alcune frivolezze psicologiche che in alcune occasioni lo collocano a metà tra un bambino capriccioso e un attore scadente. Se fosse una mina, avrebbe la virtù di esplodere nella trincea nemica se prevalesse la prima parte di questo paragrafo, ma se prevalesse la seconda, potrebbe scoppiare in mano alla sua stessa squadra.
ANTONIO CONTE
Si tratta dell'allenatore più interessante di questa generazione. Ha restituito alla Juventus la credibilità etica e la passione competitiva. Non è cosa da poco. Tre titoli in tre anni significano molto: in fin dei conti, se la Juventus è stata campione d'Italia trenta volte, il dieci per cento della sua gloria storica appartiene già a Conte. La sua traiettoria nel calcio di vertice è fatta di grandi conquiste e di qualche deficit. In Italia, la sua Juventus è sempre più convincente avendo trovato un equilibrio esemplare.
Quella famosa frase del brasiliano Tim («Il calcio è una coperta corta: ti copri i piedi e si scopre la testa, es e ti copri la testa si scoprono i piedi») è smentita dai numeri della squadra di Conte: miglior attacco e migliore difesa del campionato. Eppure, questa autorità ampiamente dimostrata a livello locale non è coerente con la fragilità mostrata in Europa. Dove la squadra è apparsa più insicura e speculativa. Bisognerà seguire con attenzione Conte, perché riuscire a risvegliare un dinosauro come la Juventus e darle solidità e un rendimento eccellente per tre stagioni è un merito enorme.
JOSÉ MOURINHO
Se Guardiola è Mozart, Mourinho è Salieri: sarebbe un gran musicista, se non esistesse Mozart. Si tratta di un vincente, che ama molto di più il risultato del gioco. Insegue la vittoria in modo ossessivo ed esercita una leadership dominante che richiede un'autentica esibicozione di potere. Possiede un grande fascino mediatico, che quando vince lo trasforma in un eroe, e quando perde in una caricatura.
Il suo linguaggio ha avuto la potenza del vincitore infallibile: qualsiasi cosa dicesse sembrava una rivelazione. Anche se io non gli ho mai sentito dire, sia in pubblico sia in privato, una sola frase calcistica degna di essere ricordata. Credo che il Real Madrid gli abbia fatto molto male, proprio perché gli ha fatto perdere l'infallibilità, pur avendo avuto a disposizione una delle migliori rose della storia del club.
Quando non si è più infallibili, le cose che si dicono hanno molto meno appeal. Così è il calcio dei nostri giorni. La sua potente personalità non lascia indifferente nessuno, o lo si ama o lo si odia, e questo finisce per dividere giornalisti, tifosi e giocatori. Per questo motivo è così difficile che i suoi progetti mantengano un livello alto per più di due anni.
Un personaggio fatto su misura per questi tempi rumorosi e vuoti, con il quale non sono riuscito a intendermi perché è agli antipodi della mia sensibilità. lo credo nell'intelligenza e per questo ho accettato di condividere un anno di lavoro con un uomo che sembrava averne. Per me è stata una grande lezione: l'intelligenza e l'ego sono nemici fra loro. E quando si scontrano, vince l'ego.
ALEX FERGUSON AUTOBIOGRAPHY DC PI
ANDREA PIRLO
Con il tempo il suo viso si è trasformato fino a diventare coerente con il suo calcio: un viso da saggio. Il suo gioco è chiaro, limpido, preciso ed elegante. Gestisce i tempi quando il pallone passa dai suoi piedi a volte sembra che l'orologio si fermi; altre volte sembra andare più in fretta) e gli spazi (quasi sempre li inventa e finisce per trovare il varco nel quale solo il pallone riesce a passare) con una serenità da torero.
LADDIO AL CALCIO DI JAVIER ZANETTI
Pirlo è sinonimo di classe. Un uomo che guida la squadra utilizzando tutte le armi considerate antiche e che per i miei gusti sono insostituibili: l'inganno, la pausa, la finta, la precisione... È l'esatto contrario di quella parola oggi tanto di moda e che è un disastro per il gioco: intensità. Guardare Pirlo è come essere di fronte all’intelligenza accumulata da tutti i centrocampisti di ogni epoca.
Ho un'ammirazione tale nei suoi confronti che la sola presenza di Pirlo è un motivo sufficiente per guardare una partita.
Ultimi Dagoreport
NE VEDREMO DELLE BELLE: VOLANO GIÀ GLI STRACCI TRA I TECNO-PAPERONI CONVERTITI AL TRUMPISMO – ELON…
DAGOREPORT – I GRANDI ASSENTI ALL’INAUGURATION DAY DI TRUMP? I BANCHIERI! PER LA TECNO-DESTRA DEI…
DAGOREPORT – DA DOVE SPUNTA IL NOME DI SANDRO PAPPALARDO COME PRESIDENTE DELLA NUOVA ITA “TEDESCA”…
C’ERA UNA VOLTA IL TRENO PER KIEV CON DRAGHI, MACRON E SCHOLZ. ORA, COMPLICE IL TRUMPISMO SENZA…
FLASH – COME MAI IL PRIMO MINISTRO UNGHERESE VIKTOR ORBAN, PUR INVITATO, NON È VOLATO A WASHINGTON…