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“VENIVANO A VEDERCI IL CULO, NON IL BASKET” – IL RITRATTONE DELL’EX CESTISTA MABÈL BOCCHI, LA PRIMA “DIVINA” DELLO SPORT ITALIANO, SCOMPARSA A 72 ANNI PER TUMORE AL POLMONE E PROBLEMI CARDIACI - FU LA PRIMA SINDACALISTA A LOTTARE PER I DIRITTI DELLE DONNE NELLO SPORT. CONDUSSE PURE LA DOMENICA SPORTIVA: “SI ARRABBIAVANO QUANDO MI VESTIVO CON I PANTALONI, VOLEVANO LE MINI PER VEDERE LE GAMBE” - LA BORDATA A FEDERICA PELLEGRINI: "POTEVA FARE DI PIU' PER..."
Emanuela Audisio, su Repubblica, firma un bellissimo ritratto di Mabel Bocchi la più grande cestita italiana morta ieri a 72 anni. Fu anche eletta nel 1975 miglior cestista del mondo. Pioniera delle battaglie femminili per la parità retributiva e non solo nello sport.
Scriva Audisio:
Mabèl è stata la prima Divina dello sport italiano. Libera, indipendente, femminista. Una Kessler spaiata. Una lottatrice sotto canestro, ma anche fuori. Non passava inosservata e non era mai banale. «Mi piacciono i bambini da zero a un anno, poi cominciano a rompermi le scatole».
Mabèl Bocchi, morta a 72 anni (tumore al polmone e problemi cardiaci), viveva a San Nicola Arcella in Calabria, ormai lontana da tutto, in una casa che guardava il mare, accanto alla sorella Ambra. In compagnia dei suoi tanti animali di cui si prendeva cura. Non aveva una colf e aveva imparato a fare il bagno a Cioppi, il merlo che ricambiava i suoi bacini.
È stata una pioniera forte, aggressiva, tecnica. Dominava sotto canestro grazie al “passo e tiro” perfezionato con il ct Gianfranco Benvenuti e grazie alle sue capacità atletiche. Era alta 1.86, straripante, non le dispiaceva essere anche una vamp, una donna-copertina, una femme fatale: indossava le minigonne e portava i tacchi, lei già gigante di natura. Ma anche una che non sopportava le ingiustizie, per il sistema era una rompiscatole: la prima a lottare da sindacalista per i diritti delle atlete. Per avere medico, massaggiatore, diaria. Si beccò richiami, multe, squalifiche.
Diede addio al basket a 28 anni per problemi fisici (schiena, ginocchio, tendine d’Achille, tre fratture al naso). Un po’ di tv, di giornalismo, incarichi di rappresentanza. Ma qualcosa non funzionava. «Non mi ritrovavo più nell’immagine esterna, non sopportavo più di essere quella che nel mondo dello spettacolo doveva comportarsi in un certo modo. Alla Domenica Sportiva mi dicevano: ridi, ridi di più. E io: perché se devo leggere i risultati del basket? Si arrabbiavano quando mi vestivo con i pantaloni, volevano le mini per vedere le gambe. Ero persa, avevo smesso di giocare, cercavo senza trovarle quelle emozioni che il campo non mi dava più».
Ragazze che fate sport, oggi mandatele un pensiero: quello che avete (una tuta della vostra misura, un fisioterapista, assistenza) esiste perché c’è stata Mabèl. Che ha giocato e lottato contro l’idea che gli uomini fossero migliori delle donne. «Un’assurda convinzione». Benedetta rompiscatole.
MABEL BOCCHI
(...) Nega un flirt con Gianni De Michelis («eravamo amici, mi piacciono i belli»).
Di Federica Pellegrini dice:
«Ci sono state varie Pellegrini e ora ce n’è una nuova: parlando del futuro marito, ha messo in piazza il suo privato nel modo giusto. Però un appunto glielo muovo: grazie alla sua fama avrebbe potuto fare di più per lo sport femminile».
Non ha figli e non le mancano.
«No, credeteci: non mi manca per nulla. Mi piacciono i bambini da zero a un anno, poi cominciano a rompermi le scatole. Forse però mamma lo sono stata: di qualcuno dei miei morosi».
Giocava senza reggiseno.
«Non avevo seno, poi me l’hanno rifatto. Il reggiseno era inutile e tuttora mi soffoca. Non volevo essere esibizionista, rammento che mi sono battuta per i calzoncini al posto delle mutande da gioco: molti venivano a vedere il sedere delle giocatrici, non la partita».
Racconta che con la sovietica Uljana Semionova parlava in latino.
«L’aveva studiato, io pure: era l’unico modo per dialogare».
E che in un Mondiale le chiese di aiutarla ad essere eletta miglior giocatrice:
«Verità. Le dissi di non farmi fare una figuraccia: l’Urss stravinse, ma Uljana segnò solo 8 punti. Scivolava, inciampava, commetteva infrazioni… L’ha fatto per simpatia e riconoscenza: quando veniva in Italia la portavo a fare shopping e dalla manicure. Un tipo dolce, altro che un mostro. E non immaginate la fatica che in campo faceva per non farci male».
mabel bocchi
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MABEL BOCCHI 55
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DAN PETERSON MABEL BOCCHI
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