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“TINTO BRASS MI VOLEVA PER UN SUO FILM. EBBE DA DIRE SUL FATTO CHE AVEVO LE ASCELLE DEPILATE PERCHÉ DICEVA CHE LE DONNE DEVONO ESSERE PELOSE” – AMORI E BOLLORI DI YVONNE SCIÒ: "HO DETTO NO A UN APPUNTAMENTO CON BRAD PITT. MI SONO PENTITA. MAGARI CE RICASCA" – L’INCONTRO CON TRUMP, LA RISSA CON NAOMI CAMPBELL (“MI HA CORCATO DI BOTTE”), IL MOTIVO PER CUI LASCIO’ “NON E’ LA RAI” (“CORTEGGIAMENTI DI BONCOMPAGNI? NO MACCHÉ…”) - LO SPOT DELLA SIP “MI AMI? QUANTO MI AMI?”, WEINSTEIN ("ANCHE A ME HA FATTO DELLE AVANCE PESANTI MA ME LA SONO SEMPRE CAVATA”) – E SUI TACCHI ALTI DICE…- VIDEO

Giacomo Galanti per repubblica.it

 

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Yvonne Sciò, classe 1969, attrice e regista. Nasce negli Stati Uniti e cresce a Roma. Padre italiano, madre americana, un nonno francese e l'altro irlandese: la sua vita è stata sempre in movimento. “Maurizio Costanzo mi prendeva in giro chiedendomi: “‘Che valigia hai oggi?”, racconta. Famosa già da giovanissima per un spot della Sip divenuto un cult - senza dimenticare un breve ma intenso passaggio a "Non è la Rai” - ora sta ultimando il suo terzo documentario da regista.

 

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È in Italia o negli Stati Uniti?

“Sono a New York dove vivo. Qua sono appena le 9 di mattina”.

 

Nei suoi due documentari da regista sono protagoniste le donne. Una importante è stata sua madre che l’ha avvicinata all’arte.

“Mamma era americana, parlava male l’italiano. Faceva la giornalista per “Harper Bazar” e si occupava di lirica e di moda. A casa a Roma passavano spesso Pavarotti, Nureyev e gente di questo calibro. E poi la moda. Da ragazzina disegnavo per terra sulle cartelle stampa di mia madre”.

 

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A Roma cresce dalle suore.

“Sì, diciamo che ero un po’ fuori dal mondo. Non è che avessi tutti questi contatti”.

 

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E alle suore ha dovuto raccontare una bugia per andare a girare il celebre spot della Sip in cui diceva: “Mi ami? Ma quanto mi ami?”.

“Mi inventai che avevo la febbre, tant’è che le suore volevano mandarmi via. Fu mia madre a convincerle dicendo che le donne devono lavorare”.

 

Con quello spot diventa famosa in tutta Italia.

“E dire che ne avevo già fatti un sacco. Però quello è rimasto e non lo dovevo nemmeno fare. Dopo quella pubblicità la gente mi fermava per strada per dirmi “Mi ami? Quanto mi ami?”. E per me, molto timida, era tutto molto strano. Mi vergognavo proprio. Avevo 14 anni”.

 

La celebrità viene poi confermata con la partecipazione a “Non è la Rai”. Come arriva la chiamata?

“Avevo fatto delle foto in stile Lolita per la rivista “Max”, scatti molto belli. Le vide Gianni Boncompagni e mi fa cercare per la nuova trasmissione. Tutti mi dicono di lasciar perdere, dicendo che “Non è la Rai” non sarebbe stata di qualità.

 

Ma all’epoca la televisione era davvero un’altra cosa. La gente ti diceva: “Oddio, fai la tv”. Allora pensavo che la tv andava fatta e sono contenta di averla fatta. Anzi, mannaggia a me che Boncompagni voleva farmi un contratto di tre anni e invece me ne sono andata dopo pochi mesi”.

 

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Che tipo era Boncompagni?

“Lo amavo molto, cinico e intelligentissimo”.

 

L’ha mai corteggiata?

“No macché. Ricordo che mi considerava una tipa un po’ strana perché tra una pausa e l’altra mi mettevo a leggere i romanzi e ascoltare musica classica. Poi mi portava sempre dei surgelati vegani perché pensava che non cucinassi o mangiassi poco”.

 

Abbandona “Non è la Rai” in un momento di successo pazzesco. Perché?

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“A un certo momento dovevo mettermi a ballare in costume tra le bolle di sapone. Addirittura avevo dovuto fare una specie di spogliarello per cui prima avevo bevuto due bottiglie di vodka per vincere la vergogna. Insomma, non era quello che volevo”.

 

Una scelta coraggiosa così giovane.

“Anche abbastanza folle perché quando abbandoni la tv poi ti danno per dispersa, quasi per morta. Però non mi interessava essere famosa a tutti i costi. Diventare famosa facendo qualcosa che mi piaceva o rendeva felice invece sì”.

 

Voleva recitare e fare il cinema. Una delle prime esperienze arriva con Carlo Verdone in “Stasera a casa di Alice”.

“Con Carlo eravamo vicini di casa ma non lo conoscevo. Fu lui a chiamarmi, credo dopo aver visto lo spot della Sip. Lui è un grande, mi piacerebbe tanto tornare a lavorare con lui”.

 

Ha lavorato anche con Marcello Mastroianni.

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“Facemmo un film per la tv diretto da Nanni Loy tratto da un libro di Fruttero & Lucentini. Mastroianni era meraviglioso, umilissimo, parlava sempre di cibo, di porchetta o di ristoranti. Quando non lo trovavi sul set bastava seguire il fumo delle sigarette che fumava di continuo”.

 

Poteva recitare anche per un mostro sacro della nouvelle vague come Claude Chabrol.

“E invece ho rifiutato. Mi fece questo provino in cui ho camminato un sacco di tempo davanti a lui. Poi ho capito che avrei dovuto girare una scena hard e mi sono tirata indietro. Dopo ha preso una mia amica”.

 

La stessa situazione è capitata con Tinto Brass.

“Mi voleva per “Il macellaio”, che poi interpretò Alba Parietti. Sono andata a fare il provino però ho capito che non era cosa. Oltretutto ebbe da dire sul fatto che avevo le ascelle depilate perché diceva che le donne devono essere pelose”.

 

A proposito di estetica femminile, una volta ha detto di essere una fanatica del tacco alto.

“Sì è vero, diciamo che un po’ di tacco ci vuole sempre, è un segno di femminilità e poi non si sa mai. Ma non rinuncio mai a un paio di infradito nella borsa”.

 

A un certo momento è andata a Los Angeles a studiare recitazione.

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“Avevo deciso di fare l’attrice e quindi ho pensato di farlo seriamente. Sono stati anni difficili. Ai provini eravamo a migliaia. Agli inizi sono stata chiamata anche da Aaron Spelling per cui ho lavorato, il mitico produttore di “Beverly Hills 90210” e “Melrose Place”. Nella mia carriera ho fatto un po’ di tutto: cinema, sitcom e serie tv”.

 

Prima parlavamo di provini. Ha conosciuto Harvey Weinstein?

“Se fai cinema a Los Angeles è abbastanza difficile non conoscerlo. Anche a me ha fatto delle avance pesanti ma me la sono sempre cavata. Per fortuna poi è stato denunciato”.

 

Di recente ha detto di aver rifiutato un appuntamento a Brad Pitt.

“L’ho conosciuto a una cena di amici. Era talmente bello e talmente gentile che credevo parlasse con qualcun altro. Invece di dire “Ora mi lancio”, pensavo che fosse troppo per me. L’ho rivisto varie volte, però non gli ho mai lasciato il numero e non ho mai accettato”.

 

Si è pentita?

“Eh sì. Magari ci cascasse!” (ride)

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Celebre è rimasta una rissa all’Hotel Eden di Roma con la sua amica di allora Naomi Campbell.

“Più che rissa diciamo che è lei che mi ha corcato di botte”.

 

Si dice che lei avesse messo l’identico vestito facendola infuriare.

“Macché, lei è alta due metri. Ancora oggi non mi spiego il perché. Parlavamo e a un certo punto mi ha aggredito”.

 

Spulciando tra le foto su Instagram ne abbiamo trovata una con Donald Trump.

“L’ho incontrato un paio di volte quando il mio compagno di allora produceva il suo programma tv “The Apprentice”. Lo ricordo molto concentrato su di sé e molto compiaciuto a dirci quanti ascoltatori lo seguissero. La politica era ancora lontana”.

 

Oggi, dopo essere stata per molto tempo davanti alla telecamera, è diventata regista.

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“Sì, volevo raccontare storie, storie di donne, e nel mio piccolo ci sto riuscendo”.

 

Il prossimo 27 luglio sarà ospite a Pop corn Festival del Corto a Porto Santo Stefano. Nuovi progetti in vista?

 

“Diciamo che il mio terzo documentario, di cui sono regista e produttrice, è quasi pronto anche se ancora non c’è la data. Il festival, dove ormai sono di casa, sarà l’occasione per parlare dei miei lavori e di quelli futuri”.

 

I suoi primi due documentari - "Roxanne Lowit Magic Moments” e “Seven Women” - hanno come protagoniste donne che si sono distinte nella loro vita e nella loro professione. Il nuovo di cosa tratterà?

“Anche in questo caso racconterò storie di donne, donne completamente diverse tra loro”.

 

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Recitare non le piace più?

“Ma certo che mi piace recitare, ma sembra che da quando mi sono messa a fare la regista si siano scordati che sono anche un’attrice”.

 

C’è un regista con cui le piacerebbe lavorare?

“Certo, Paolo Virzì. Magari”!

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