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    IL DIVANO DEI GIUSTI – SU “CINE34” PASSA IL DIVERTENTE “I MIEI PRIMI 40 ANNI” DI CARLO VANZINA CON CAROL ALT COME MARINA LANTE DELLA ROVERE DOPPIATA IN ITALIANO DA NON SO CHI E DI SEDERE DA CERTA CARMEN STOWE, UNA PROFESSIONISTA – IN UNA DELLE SCENE CHIAVE, QUANDO GIUSEPPE PAMBIERI COME CARLO RIPA DI MEANA CERCA DI COSTRUIRE LA BIENNALE DEL DISSENSO CON DUE ARTISTI CECOSLOVACCHI, DI FRONTE A TANTO IMPEGNO MARINA/CAROL GLI CHIEDE “DOV’È IL BAGNO?” E TORNA SENZA MUTANDE… - VIDEO


     
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    Il divano dei giusti 1 marzo

    Marco Giusti per Dagospia

     

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    “Ma come fanno i marinai…” Avrei grande voglia di vedere “Banana Republic”, il film di Ottavio Fabbri sulla celebre tournée Lucio Dalla-Francesco De Gregori nel lontano 1979, solo perché allora non so perché lo persi. Ma lo fanno stanotte alle 3 su Rete 4, per giunto poco dopo fanno pure un folle film con Dalla protagonista come prete, “Il santo patrono” di Bitto Albertini, Rete4 alle 4, 45, quindi vi consiglio davvero di lasciar perdere e di concentrarvi sui film della prima serata.

     

    Vedo un bello scontro tra “A Bigger Splash” di Luca Guadagnino con Tilda Swinton, Ralph Fiennes, Dakota Johnson, Matthias Schoenarts, Cine 34 alle 21, contro “Spartacus” di Stanley Kubrick con Kirk Douglas, Tony Curtis, Laurence Olivier, Charles Laughton, Jean Simmons e Peter ustinov, Iris alle 21. Vinca il migliore.

     

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    Ricordo con quale freddezza e antipatia il cinema italiano e i nostri critici accolsero il film di Guadagnino che passava in concorso a Venezia. Ricordo anche come cambiarono atteggiamento quando Luca venne nominato agli oscar due anni dopo per “Chiamami col tuo nome”. Vecchia storia, diciamo.

     

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    Scrissi, allora, che era miglior film italiano visto da molti anni a questa parte e sicuramente il film internazionale che pensavamo di poter fare e non sapevamo fare. Perché è scritto e costruito in inglese, e non in italiano e poi tradotto per le star del momento, imitando il Fellini della Dolce vita e di 8 ½, perché non si serve di un celebre film del passato, La piscina di Jacques Deray, con due star meravigliose di allora, Alain Delon e Romy Schneider, per farne una rielaborazione museale, ma rielabora quel che gli serve del plot del film di Deray, il quartetto snob dei protagonisti, la piscina, il delitto, il sole, per fare proprio un’altra cosa.

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    Prende i quattro attori più cool del momento, Ralph Fiennes, Tilda Swinton, Dakota Johnson, Matthias Schoenarts, li porta a Pantelleria, proprio oggi in mezzo agli sbarchi e alla tragedia continua dei profughi, e li fa esplodere in una serie di conflitti facendo commentare il tutto dalla musica ancora viva dei Rolling Stones.

     

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    A Pantelleria, sotto gli occhi di un’Europa che si limita a raccogliere profughi morti e vivi sulle coste del Mediterraneo, come nascondendoli sotto il tappeto, si consuma un conflitto fra un quartetto di americani interessati solo a loro stessi e alla sottomissione gli uni degli altri. Quanto alla scelta tanto criticata di Corrado Guzzanti come poliziotto, mi sembra che dopo Minniti e Salvini e il caso Sea Watch dovremmo stare tutti un po’ zitti.

     

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    Quanto a “Spartacus”, non so se in questa versione vedremo i quattro minuti che vennero tolti e aggiunti nell’edizione del 1991 con la celebre scena di adescamento gay tra Laurence Olivier e Tony Curtis. Inoltre, visto che mancava la colonna sonora, Tony Curtis si ridoppiò, ma Laurence Olivier, scomparso, venne doppiato da Anthony Hopkins.

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    Sappiamo tutti che Kirk Douglas, qui anche prepotente produttore, che aveva rosicato per non essere stato scelto come protagonista di “Ben Hur” di William Wyler, ne fece di tutti i colori per prendersi la sua rivincita con “Spartacus”. Chiamò Dalton Trumbo, allora anche black-listed, come sceneggiatore, e poi ci litigò perché non lo vedeva da un punto sionista, come lui, ma comunista.

     

     

    gian maria volonte tomas milian faccia a facci gian maria volonte tomas milian faccia a facci

    Scelse Anthony Mann come regista e poi lo fece fuori perché troppo docile con gli attori, soprattutto con il trio di inglesi Olivier-Laughton-Ustinov, che si riscrivevano le scene. Ha l’idea di chiamare Stanley Kubrick come nuovo regista e si scontra con lui per tutto il tempo sul set. Ci credo. Due prepotenti che volevano entrambi fare il film loro.

     

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    Alla fine tutti litigano con tutti. Kubrick si mette a girare lui al posto del direttore della fotografia Russell Metty, che vuole togliere il nome, ma poi vince l’Oscar senza aver girato quasi nulla. Dalton Trumbo litiga sia con Douglas che con Kubrick proprio per l'impostazione politica della storia. Laughton e Olivier non si parlano per vecchi rancori. Kirk si inventa la battuta “Io sono Spartacus”, chiede a Kubrick cosa ne pensa e questo gli dice che è un'idea sbagliata. E Kirk si incazza. Il film è un inferno. Però ha grandi scene di guerra e di gladiatori, con Woody Strode, ma anche con i futuri Maciste nostrani, Brad Harris e Gordon Mitchell.

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    Alle 21 ci sono anche altri film interessanti, come il western con la coppia bianco/nero Burt Lancaster/Ossie Davis “Joe Bass l’implacabile” di Sydney Pollack, Rai Movie. Fu il primo esempio di western che dava lo stesso spazio a un personaggio nero quanto al personaggio bianco. Burt aveva incontrato Ossie Davis durante la celebre marcia della pace su Washington di Martin Luther King e Pollack, invece, come dialogue coach addirittura su “Il gattopardo” di Luchino Visconti in Sicilia.

     

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    Non ricordo invece come riuscitissimo il thriller con vendette incrociate ma troppo americano “Dead Man Down”, Cielo alle 21, 15, diretto dal Niels Arden Oplev della saga nordica Millenium, che qui ritrova la sua attrice preferita, Noomi Rapace, in versione addirittura sfregiata nel volto, le unisce il bell’irlandese Colin Farrell, nel ruolo di un gangster di origine ungherese, una madre svampita interpretata da Isabelle Huppert, e una manciata di ottimi attori di noir, come Terrence Howard nel ruolo di Alphonse, il capo di una potente gang, Armand Assante, come capo dei capi, Dominic Cooper come amico di Farrell.

     

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    Curiosamente co-produce il tutto la potente major del Wrestling, la WWE, che infatti ha portato come attore, nel ruolo di Kilroy, il forzuto inglese Stu Bennett, più noto in America come Wade Barrett, vera e propria star della tv.

     

    In seconda serata, vedo che c’è una rarità su Rai 5 alle 22, 10, il buffo “My Italy”, scritto, diretto e interpretato da Bruno Colella, assiduo frequentatore del Bar della Pace e amico di vecchia data di Achille Bonito Oliva, nonché regista di una serie di film strampalati ma stracultissimi che vanno da “Amami” con Moana Pozzi a “Voglio stare sotto al letto” con Michelle Hunzinker a Ladri di barzellette con Alvaro Vitali e Virginia Raffaele.

     

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    Non a caso come Cicerone qui c’è lo stesso Achille con tanto di sigaro proprio ai tavolini del bar. L’idea è questa. Quattro artisti stranieri in Italia, ma di un certo prestigio, Mark Kostaby, Krszystof Bednarski, Thorsten Kirchhoff, vengono ingaggiati dallo stesso Colella per fare un film sul loro soggiorno in Italia.

     

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    Ognuno di loro pensa di essere l’unico protagonista, un film sulla loro vita e sulle loro opere, mica male, con tanto di spiegone dotto di Achille. Mentre le loro storie vanno avanti e ognuno di loro incontra buffi personaggi, un elenco che va da Nino Frassica a Rocco Papaleo, da Alessandro Haber a Luisa Ranieri, da Lina Sastri a Petra de Montecorvino, dai fratelli Bennato a Gragneniello, da Piera Degli Esposti a Sebastiano Somma vestito da donna, Bruno Colella e il suo assistente, Marco Tornese, sono in Polonia a cercar soldi al ministero come fossero Totò e Peppino. Si trovano di fronte il grande attore polacco Jerzy Stuhr, già toccato dal maestro moretti, che non sembra così facile a sganciare sovvenzionamenti. Ma ha un punto debole. Una folle passione per Serena Grandi e i suoi film erotici anni ’70 e ’80.

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    Così Colella fa venire da Roma Serena Grandi per la gioia di Jerzy Stuhr nella scena più stracult, credo, del recente cinema italiano. Un film delirante.

     

    i miei primi 40 anni i miei primi 40 anni

    Per fortuna lo spettatore più normale potrà vedersi alle 23 su Rai Movie il grande western politico di Sergio Sollima “Faccia a faccia” con Tomas Milian e Gian Maria Volonté o il divertente “I miei primi 40 anni” di Carlo Vanzina con Carol Alt come Marina Lante della Rovere doppiata in italiano da non so chi e di sedere da certa Carmen Stowe, una professionista. In una delle scene chiave, quando Giuseppe Pambieri come Carlo Ripa Di Meana cerca di costruire la Biennale del Dissenso con due artisti cecoslovacchi, di fronte a tanto impegno Marina/Carol gli chiede “Dov’è il bagno?” e torna senza mutande.

     

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     Carlo Monni è un albergatore livornese che rovina da par suo una sgangherata scena d’amore tra Marina e Pierre Cosso/Principe Caracciolo. Ma il meglio sono Elliot Gould, proprio lui, nei panni del giornalista Lino Jannuzzi (qui Nino Ranuzzi) e Massimo Venturiello come il pittore Franco Angeli (qui Roberto D’Angelo).

     

    Al primo, mentre lui scrive tutto eccitato un articolo nella redazione dell’Espresso buonanima su Bettino Craxi presidente del consiglio, Marina/Carol gli piazza in bella mostra il sederone sulla scrivania invitandolo a celebrare così il trionfo socialista.

     

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    Dal secondo, pittore drogatissimo che si serve di coca da un pusher di nome Zanza, che gli vende “robba bbona” a 250 sacchi al grammo, si prende un sacco di botte, Anche al mare assieme al suo amico simil-Schifano. Ci sono anche un finto Aristotele Onassis e una finta Jacqueline Kennedy al night portati da Marina al grido “Guardate chi v’ho portato!” mentre tutti cantano “Marina, Marina, Marina…”.

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    Di fronte a un gruppo di urlatori anni’60, Ari dice: “Almeno Maria Callas quando strillava era intonata!”. Stracultissimo.

     

     Io però mi vedrei molto volentieri anche il bel film di fantascienza “1975: occhi bianchi sul pianeta terra” del pur modesto Boris Sagal tratto dal capolavoro di Richard Matheson “Io sono leggenda”. E’ la versione migliore, inoltre, voluta da Charlton Heston che si era letto il libro in aeroplano e non sapeva che fosse già stato girato con Vincent Price in Italia. Cercò di farlo dirigere a Orson Welles, ma la cosa non funzionò.

     

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    Con lui Rosalind Cash, che aveva problemi nelle scene di sesso con Charlton Heston (“è come scoparsi Mosé”), Anthony Zerbe e Paul Koslo. Uno dei film preferiti di Tim Burton. Siete avvertiti. Vi ricordo infine che alle 5 su Rai Movie passa “Sodoma e Gomorra” di Robert Aldrich con Stewart Granger, Anna Maria Pierangeli, Stanley Baker, Anouk Aimée, floppissimo che fece scoppiare la Titanus di Goffredo Lombardo.

     

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    Da parte sua Aldrich sosteneva che non si poteva togliere tutta la parte sodomitica al film, perché il pubblico non capiva niente. “Quale cosa accadeva a Sodoma che rese necessario l'intervento di Dio? E’ un atto che fa la differenza. Il pubblico deve sapere che era un atto così orribile che Dio ha detto stop. Ora, la censura togliendo quel peccato ha rimosso una tessera strutturale per il pubblico. Che non ci capisce più niente.”

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