1 - COSÌ IL GARANTE E DI BATTISTA SONO FINITI AI MARGINI I TORMENTI DEI NUOVI 5 STELLE
Tommado Labate per “il Corriere della Sera”
«La situazione si può recuperare, vediamo che cosa succede nelle prossime settimane, se Alessandro deciderà di tornare a darci una mano in campagna elettorale.
grillo di maio casaleggio
Certo, la linea è decisa e la conosce anche lui, per ora nessuno può mettere in discussione né Salvini né la maggioranza con la Lega. Se decidesse di tornare a fare campagna elettorale accettando queste regole d' ingaggio, ovviamente esordirebbe dicendo che tutte le notizie sulle ruggini tra lui e Di Maio erano inventate».
In cambio della garanzia dell' anonimato, una delle figure di maggiore esperienza all' interno del Movimento Cinque Stelle - che si muove su quella cerniera che collega il gruppo parlamentare alla Casaleggio associati e a Palazzo Chigi - riassume la situazione in cui è venuto a trovarsi Alessandro Di Battista. Che, insieme a Beppe Grillo, adesso si ritrova qualche chilometro più in là delle colonne d' Ercole fissate da Davide Casaleggio e Luigi Di Maio, freschi «fondatori» della ri-costituita associazione «denominata Movimento Cinque Stelle», col «fondatore» (quello vero, e cioè il comico genovese) declassato al ruolo di semplice «garante».
GRILLO COMMENTA DI MAIO SULLA COPERTINA DI FORBES
Oltre quelle colonne d' Ercole, fino a un nuovo ordine che probabilmente non arriverà né prima né durante né dopo le elezioni Europee, non ci si può spingere. Il governo Conte rimane un totem, l' alleanza con Salvini anche, Tav o non Tav. Per cui, una campagna elettorale per le Europee svolta sulla traccia dei mille distinguo dalla Lega - che era il piano originario del ritorno in prima fila di Di Battista - adesso è finita in soffitta.
ALESSANDRO DI BATTISTA
È successo tutto nella notte tra il 10 e l' 11 febbraio, mentre in Abruzzo si scrutinavano le schede che certificavano il primo successo del 2019 leghista e la prima disfatta dell' anno per il Movimento.
Tempo qualche ora e Di Battista, a colloquio con Di Maio e con il gotha della comunicazione pentastellata, si ritrovava «fuori linea». Anzi, addirittura, artefice di una «comunicazione che ci ha mandato a sbattere». A sentire le testimonianze dirette a un mese di distanza da quella riunione, alla fine del summit il ragionamento opposto dal leader dell' ala barricadera del Movimento è più o meno questo: «Ho una presenza in televisione già fissata e mi adeguo a quello che chiedete. Dopodiché, mi faccio da parte. Se cambiate idea, fatemi sapere».
ALESSANDRO DI BATTISTA
L' intervista in questione era quella a Giovanni Floris per Di Martedì, su La7, rimasta celebre per gli applausi del pubblico invocati da un Di Battista rimasto anni luce distante dagli attacchi a Salvini. Ed è, a oggi, l'ultimo suo segnale di vita pubblica, reale e sui social network. Dopo di quella, il nulla.
«Simul stabunt, simul cadent», si diceva già nel 2013 di Grillo e Di Battista, che da subito avevano incarnato un Movimento più intransigente che votato al dialogo, più ideologico che pragmatico, decisamente tutto di lotta e per nulla di governo. Adesso sono nella fase in cui «simul cadent». Il primo in giro col suo show, spesso oggetto di fischi e contestazioni in realtà rivolti a un governo in cui non crede. Il secondo desaparecido, ormai con un piede e mezzo di nuovo fuori dalla contesa politica, disposto a cambiare i piani del suo avvenire solo nel caso in cui il Movimento decidesse di divorziare da Salvini.
ALESSANDRO DI BATTISTA
Già, perché è Salvini il convitato di pietra di questa storia. Il Salvini salvato dal processo per la Diciotti dai senatori del M5S e poi dal voto su Rousseau (Di Battista e Grillo erano favorevoli al processo), il Salvini che pretende la Tav (Di Battista era ed è per il no secco), il Salvini diventato per un pezzo del Movimento un alleato da cui divorziare e per un altro pezzo l' unica speranza di salvezza. Dopo lo statuto della nuova associazione, se ci fosse la rappresentazione plastica di una scissione che culturalmente e politicamente è già sotto gli occhi di tutti, il M5S col marchio di originalità - con tanto di nome e simbolo - sarebbe là dove decideranno di stare Di Maio e Casaleggio junior.
LUIGI DI MAIO E ALESSANDRO DI BATTISTA INCONTRANO I VERTICI DEI GILET GIALLI
E Di Battista? Tornerà oppure no? Chissà. Nel frattempo, nelle ultime settimane, ha rifiutato anche di partecipare al piano di emergenza, quello di ignorare Salvini per concentrarsi esclusivamente sul tamponare l' emorragia di voti verso il Pd. Basti guardare la vicenda dell' arresto (poi revocato) dei genitori di Renzi, suo antico cavallo di battaglia. Niente, non ha detto neanche mezza parola.
2 - COSÌ HANNO FATTO FUORI BEPPE GRILLO
Renato Farina per “Libero quotidiano”
mimmo paresi, davide casaleggio, alessandro di battista, virginia raggi
La firma dell' abdicazione Beppe Grillo l' ha vergata il 20 dicembre 2017. Ma finché la carta è stata nascosta, non cantava, e Grillo è stato per 15 mesi come la salma di Tito circolante su un treno per la Jugoslavia, un po' cadavere sacro, un po' marionetta contro cui tirare le freccette per preservare i giovani capi dall' ira del proprio popolo. Aveva accettato il ruolo, ma la pazienza dei comici ha un limite, specie quando per dieci-venti volte gli rovinano la battuta. Così si è stufato di farsi tirare la barba.
Perciò ieri è stata resa nota, con tanto di fotocopie pubblicate dall' Adnkronos, la carta bollata del certificato di morte dell' antico pargolo politico di Grillo. Su quelle ceneri nacque dalla carta e dall' inchiostro il Movimento 5 Stelle, che da oggi è ufficialmente e pubblicamente un' altra bestia. Non è più di specie grillina, è una associazione geneticamente modificata rispetto al suo antecedente, con una coppia di nuovi fondatori.
alessandro di battista
Non chiamiamoli padri, non esageriamo. Va meglio genitore uno e genitore due: piuttosto artificiali e parecchio bassini rispetto alla genealogia che li precede. E così eccoci a Luigi Di Maio, noto come Giggino, e Davide Casaleggio detto fu Gianroberto.
È possibile che Grillo appiccicherà quel papier finora rimasto in cassaforte sull' uscio della sua villa di Genova, dove si affollano questuanti e gente che minaccia di spararsi, come se lui potesse farci qualcosa. Soprattutto farà distribuire quei documenti notarili come antidoto alle rotture di scatole nei foyer dei teatri dove cerca di esibirsi, finalmente senza più trovarsi circondato dai suoi (ex) devoti incazzati come bisce.
luigi di maio e alessandro di battista in auto 3
Del resto che cosa poteva aspettarsi? Li ha tirati su lui in questa maniera, con un pastone quotidiano di sarcasmi e vaffanculo, nessuna sopportazione di idee diverse, non prevista la possibilità di ragionare pacatamente, ma solo rapidi morsi alla giugulare. Oh, che gusto per Beppe liberarsene. Via, lontano dai Giggino e dai Dibba, fuori dalle riunioni telefoniche con Conte, che media anche sui congiuntivi, anche lì con scarsa competenza.
idee mutevoli A Bologna, a Roma, persino a Napoli invece che infuriarsi con la camorra o con De Magistris o Saviano, i suoi seguaci ce l' avevano con lui.
Domenica è capitato persino a Lecce. Lo aspettavano pure a Bari, magari guidati da una pernacchia di Lino Banfi. Basta così. Un conto è attraversare a nuoto lo Stretto di Messina (9 ottobre 2012), impresa epica per un guitto di 65 anni: allora era in grado di tenersi la Sicilia e l' Italia sulla spalle; ma doversi tenere a 71 anni questi stronzetti sulle palle, proprio no, sgrullarseli da dosso. Come nella canzone di Francesco De Gregori, adesso può dire «non sono io quello che cercate». E disperdere i grillini col sangue alla testa, che lo rincorrevano per rinfacciargli le sue libere opinioni.
ALESSANDRO DI BATTISTA OSPITE DI FABIO FAZIO
Le quali sono mutevoli com' è giusto se si è esseri umani e non coglioni tetragoni: sui vaccini e forse anche sulle sirene, che a denti stretti Beppe si è convinto non esistano, mentre le scie chimiche dei jet della Nato restano un dubbio per lui irrisolto, ma che gioia ammettere, senza essere strapazzati dal sottosegretario agli Interni Carlo Sibilia, che l' uomo ha messo piede davvero sulla Luna.
Dopo un anno e mezzo in cui non aveva potere statutario ma gli rinfacciavano tutto, poter respirare a pieni polmoni contando i soldi. Bravo Beppe Grillo, che ha scelto la liberazione dalla sua creatura apocrifa. Se ne è divincolato per potersi permettere di fare il rompicoglioni senza che gli altri abbiano più il diritto di romperli a lui. A Giggino di Maio e a David Casaleggio, imberbi suoi figlioli, può lasciare la bicicletta con le ruote sgonfie: l' hanno voluta.
alessandro di battista e luigi di maio sulle piste di moena 4
storie parallele Qui sta la differenza con Umberto Bossi, che invece è stato pensionato a forza, ma a cui la malattia aveva già inflitto un brutto colpo: se non altro si è ritrovato un rifondatore di lusso, come Matteo Salvini, il quale ha mutato nome al vecchio Carroccio, gli ha pure cambiato le ruote e i semiassi. La Lega non è più a sola trazione nordica, anche se a sud l' opera è ovviamente pigra.
Del trio dei gloriosi fondatori è rimasto vivo e vegeto Silvio Berlusconi, il quale è pure il più anziano del gruppo, ma dal volante non lo spostano neanche con il carro attrezzi. In conformità con le sue convinzioni estetiche, sta meditando il terzo o quarto restyling di Forza Italia. Nessuno osa neanche ambire a una successione, specialmente su indicazione del medesimo Berlusca.
Chi da lui attratto in qualche luogo termale con la scusa della dieta di erbe, si era avvicinato con la sua benedizione al timone, con tanto di accappatoio regale, si è ritrovato in quattro e quattr'otto giù dal naviglio. Il caso di oggi è però quello di Grillo. Anche se la novità data da quel lontano 2017, quando da un notaio di Milano, dopo l' ora dell' aperitivo, si ritrovò Grillo con i suoi alfanini, anzi girini. Sono diventati rospi, e Beppe non vuole più baciarli.
LUIGI DI MAIO E DAVIDE CASALEGGIO