Marco Ventura per “il Messaggero”
kennedy e la crisi dei missili a cuba
Lo spettro, ma anche l'insegnamento, della crisi cubana del 1962. Si muove la diplomazia invisibile, quella dei messaggi in codice, delle conversazioni criptate, tra Washington e Mosca. Per scongiurare l'uso dell'atomica, sia pure nella forma meno devastante della «piccola arma nucleare tattica», quasi affettuosamente soprannominata «da campo di battaglia». Che avrebbe comunque effetti catastrofici sul rapporto tra Stati Uniti/Nato e Russia, non solo in Ucraina ma per tutta l'area del Mar Nero. E sugli assetti globali.
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Scrive il Washington Post, foglio dell'establishment americano, di Casa Bianca e Dipartimento di Stato, che nel corso dei mesi, durante il conflitto in Ucraina, gli Stati Uniti hanno recapitato più volte «avvertimenti privati» a Mosca per mettere in guardia sulle «conseguenze gravi» che verrebbero innescate dall'impiego dell'arma nucleare nel teatro ucraino. Si tratterebbe, peraltro, di una serie di moniti, non è chiaro nella persona di chi, che hanno accompagnato sottotraccia tutte le pubbliche dichiarazioni del presidente Biden in risposta alle evocazioni della bomba da parte di Putin, di Lavrov e di quel falco loquace e smodato che è l'ex presidente russo, Medvedev.
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Gli anonimi funzionari Usa, ovviamente autorizzati, hanno precisato che la decisione nelle alte sfere è stata quella di «mantenere deliberatamente vaghi i moniti, per far sì che il Cremlino si preoccupi di quale potrebbe essere la risposta», e Putin e i suoi generali si interroghino sulla portata della inevitabile rappresaglia di Washington. Il concetto che sottende la comunicazione di Biden è quella che i think tank definiscono «ambiguità strategica». Se lanci l'atomica, ti devi aspettare qualsiasi risposta. E Putin non è oggi in una condizione di forza ma di debolezza, dopo l'umiliante controffensiva ucraina.
VLADIMIR PUTIN JOE BIDEN - ILLUSTRAZIONE TPI
È Biden cui spettano le decisioni cruciali, stando a una opinione sul Washington Post di uno dei suoi più autorevoli editorialisti e scrittori, David Ignatius, il quale contrappone le sparate di Putin («In caso di minaccia alla nostra integrità territoriale, certamente useremo tutti i sistemi d'arma a nostra disposizione e questo non è un bluff») alla replica «più implorante che minacciosa» di Biden in un'intervista Tv. «Non farlo!», ripetuto tre volte. «Cambierebbe il volto della guerra come non si è visto dalla Seconda guerra mondiale».
PUTIN BIDEN
In realtà, le gole profonde interpellate dal WP non dicono se avvertimenti ulteriori siano arrivati a Mosca dopo l'annuncio di Putin dei referendum nei territori occupati e della mobilitazione parziale. Intanto, Medvedev ha voluto essere ancor più chiaro, specificando che Mosca guarda alle armi ipersoniche come a quelle nucleari. Segnali contraddittori dalla Russia ricalcano anch'essi una «ambiguità strategica», se il viceministro degli Esteri, Serghei Ryabkov, nega che «la Russia minacci alcuno con armi nucleari, i criteri per il loro utilizzo sono descritti nella dottrina militare e specificati nei fondamenti della politica statale della Federazione russa in materia di deterrenza nucleare». E l'ambasciatore russo all'Onu, Anatoli Antonov, dice di non voler credere che i rapporti tra Mosca e Washington siano talmente degradati «da farci avvinare al pericoloso limite di una caduta nell'abisso del conflitto nucleare».
vladimir putin joe biden ginevra 2021
Il vice-presidente del Consiglio di sicurezza nazionale russo, Venediktov, quasi fa eco a Biden affermando che «una guerra nucleare non deve mai essere combattuta, perché non ci possono essere vincitori». Certo non è l'atomica che vuole la Cina, pronta nei giorni scorsi a rilanciare le ragioni del dialogo. Né la vuole la Turchia, che è anche una potenza del Mar Nero e un pilastro della Nato, candidata al ruolo di mediazione tra Kiev e Mosca.
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Ignatius, sul WP, cita Kennedy e suggerisce a Biden di adottare quella «combinazione di durezza e creatività», anche attraverso gli strumenti della diplomazia alternativa, che portarono sessant' anni fa al superamento della crisi cubana. «Kennedy ci riuscì per due ragioni. La prima è che si mostrò preparato a rischiare la guerra nucleare per fermare le mosse sconsiderate di Mosca. La seconda, che attraverso un canale segreto sotterraneo trovò il modo di salvare la faccia evitando la catastrofe totale. Biden conclude Ignatius dovrebbe studiare entrambe le lezioni».
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