trump bannon
Federico Rampini per la Repubblica
Salta un'altra testa alla Casa Bianca, tra le più prestigiose ma anche controverse. A lasciare lo staff presidenziale è Stephen Bannon, di tutto l'entourage trumpiano l'uomo più chiaramente legato agli ambienti dell'estrema destra. Il nuovo rimpasto - l'ultimo di una lunga serie in soli sette mesi di governo - vista la tempistica appare come il prezzo politico che Donald Trump paga per il disastro di Charlottesville, con le violenze dei suprematisti bianchi e neonazisti sono state trattate con indulgenza e perfino comprensione dallo stesso presidente. Le reazioni indignate, non solo a sinistra ma dentro il partito repubblicano e nell'establishment economico, non accennano a placarsi. Bannon sembra quindi l'agnello sacrificale che Trump decide di offrire in pasto all'opinione pubblica e al suo partito per spegnere un incendio che lui stesso ha appiccato.
steve bannon donald trump
E' Maggie Haberman del New York Times a firmare per prima lo scoop sul sito del giornale, poi arriva la conferma della Casa Bianca: Bannon e il generale John Kelly che è il capo di gabinetto del presidente, hanno concordato la partenza fissandola per oggi stesso. E' quindi l'ultimo giorno di Bannon alla Casa Bianca. Nello stesso articolo del New York Times si ricorda che Bannon sostiene di aver già offerto al suo capo le dimissioni il 7 agosto, cioè prima di Charlottesville.
Da tempo Bannon è nel mirino. Ex direttore del sito di estrema destra Breitbart specializzato in fake news, era considerato uno degli strateghi della campagna elettorale di Trump. Ma già fece storcere il naso la decisione del presidente di inserirlo nel National Security Council (Nsc), importante organo che è la cabina di regìa della politica estera e militare. Quando Trump dovette cacciare dalla guida del Nsc il generale Michael Flynn, in odore di Russiagate, e sostituirlo con il generale McMaster, quest'ultimo chiese e ottenne la rimozione di Bannon da quell'organo.
steve bannon
Tuttavia Bannon rimaneva a pochi metri dallo Studio Ovale, spesso inserito nelle delegazioni di alto livello e nei viaggi all'estero di Trump. Ancora ieri ha fatto scalpore una sua intervista in cui teorizzava una
"guerra economica contro la Cina". Il caos post-Charlottesville gli è stato fatale. L'uomo della "alt-right" paga per le parole con cui il suo presidente si è messo nei guai da solo, equiparando i razzisti del Ku Klux Klan a quelli che gli manifestavano contro.
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