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    SU CREDIT SUISSE SANGUINANTE SI AVVENTANO SAUDITI E AMERICANI – SECONDO IL “WALL STREET JOURNAL”, MOHAMMED BIN SALMAN È DISPOSTO A SGANCIARE 500 MILIONI DI DOLLARI PER LA NUOVA BANCA D’INVESTIMENTO CHE IL COLOSSO SVIZZERO STA PER CREARE DOPO LA RICAPITAZZAZIONE. LA STESSA CIFRA CHE STAREBBE PER TIRARE FUORI IL FONDO DI PRIVATE EQUITY ATLAS MERCHANT CAPITAL DELL'EX CEO DI BARCLAYS, BOB DIAMOND...


     
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    Camilla Conti per “La Verità”

     

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    Cinquecento milioni di dollari. È la somma che, secondo il Wall Street Journal, sarebbe pronto a scommettere sulla nuova banca di investimento del Credit Suisse il principe ereditario dell'Arabia Saudita, Mohammed bin Salman. I milioni diventano più di un miliardo se si aggiungono le munizioni di investitori Usa con un curioso tandem finanziario tra Sauditi e americani che potrebbe essere replicato in altre incursioni a sostegno di istituti in difficoltà. Secondo alcune fonti, infatti, in pista con in tasca una fiche da altri 500 milioni di dollari ci sarebbe anche il fondo di private equity Atlas merchant capital dell'ex ceo di Barclays, Bob Diamond.

     

    mohammed bin salman mohammed bin salman

    Il colosso svizzero, ricordiamolo, è impegnato in una delicata missione di rilancio e ha in corso un aumento di capitale da 4 miliardi di franchi. La seconda parte della ricapitalizzazione, che punta a raccogliere altri 2,24 miliardi, è ancora in corso con la vendita dei diritti di sottoscrizione fino all'8 dicembre. Ma una prima parte riservata ad investitori istituzionali, circa 1,76 miliardi di franchi, ha già visto l'ingresso nell'azionariato della Saudi national bank (9,9% del capitale).

     

    Non è chiaro se il principe effettuerebbe l'investimento tramite il Public investment fund, che insieme a un altro fondo governativo è il principale proprietario della Saudi national bank, o con un altro veicolo. Di certo, è già azionista di altre società come il produttore di veicoli elettrici Lucid motors, Twitter, Uber, Citigroup e la squadra di calcio della Premier league, il Newcastle United.

     

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    La banca che fa gola a bin Salman e al fondo Usa è nuova ma porta un nome antico Cs First Boston. Il piano strategico del Credit Suisse prevede, infatti, una profonda ristrutturazione della banca d'investimento che include una trasformazione del profilo di rischio e l'obiettivo di una riduzione del 40% delle cosiddette Rwa (asset ponderati per il rischio) entro il 2025 attraverso azioni strategiche in quattro aree.

     

    In particolare, le attività non strategiche ad alto rischio e bassa redditività verranno liquidate e dismesse, mentre le attività sui mercati di capitali e quelle di consulenza saranno rinominate Cs First Boston, con l'obiettivo di «attrarre capitale» e avviare «partnership preferenziali» con soggetti terzi, veniva specificato in un comunicato lo scorso 27 ottobre. Viene dunque riesumato il marchio First Boston che caratterizzava il gigante elvetico da quando aveva appunto rilevato nel 1988 la banca americana fondata nel 1932 come braccio di investimento della First national bank di Boston.

     

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    Dal 2023 a guidare la nuova unità sarà Michael Klein, già nel cda della capogruppo svizzera dal 2018. Klein e gli arabi si conoscono da tempo, perché il banchiere veterano di Wall Street è stato coinvolto nella consulenza per l'Ipo di Aramco.

     

    Basteranno i petroldollari a rilanciare il gigante elvetico? Lo scorso 2 dicembre, il presidente del Credit Suisse, Alex Lehmann, ha dovuto calmare il mercato assicurando in un'intervista con la tv di Bloomberg che la banca ha in gran parte arginato l'enorme deflusso di clienti registrato soprattutto nelle prime due settimane di ottobre. Una fuga che ha contribuito a mandare le azioni a un minimo storico.

     

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    Sono «sostanzialmente cessate» ha detto Lehmann. In Asia di questa «migrazione» nella gestione patrimoniale avevano beneficiato l'altro colosso svizzero Ubs e l'americana Morgan Stanley. Il gruppo svizzero chiuderà in rosso anche il quarto trimestre dell'anno, con una perdita prima delle tasse che dovrebbe attestarsi attorno agli 1,5 miliardi di franchi e che si aggiungerà ai 5,9 miliardi già accumulati nei primi nove mesi del 2022.

     

    Dall'inizio di ottobre all'11 novembre il Credit Suisse ha registrato uscite nette di depositi e attività in gestione pari a circa il 6% delle masse che deteneva a fine settembre, con gli asset di un business strategico come il wealth management scesi del 10% e i depositi della Banca Svizzera ridottisi dell'1 per cento. In pratica, in meno di un mese e mezzo, i clienti hanno spostato una quantità di denaro pari a circa 84 miliardi di franchi, secondo i calcoli di Bloomberg. I deflussi sono stati definiti «preoccupanti» da Jp Morgan, paragonabili a quelli registrati da Ubs durante la grande crisi finanziaria, ma su base annualizzata e non nel giro di un solo trimestre.

     

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    Le nuove perdite, a cui ha contribuito nuovamente anche la divisione di investment banking, hanno affossato il titolo spingendolo su nuovi minimi. Ieri le indiscrezioni del Wall Street Journal sulle ultime manovre dei sauditi e del fondo Usa hanno però ridato fiato alle quotazioni sul listino di Zurigo dove Credit Suisse ha chiuso la seduta mettendo a segno un rialzo del 2,8 per cento. Ricostruire un clima di fiducia attorno alla banca, che ha previsto anche 9.000 esuberi a livello globale e un taglio del 15% delle spese, sarà uno dei compiti principali dell'amministratore delegato Ulrich Koerner. Nel frattempo, in Piazza Affari c'è già chi si chiede se la strana coppia Bin Salman-Diamond punterà i suoi radar anche su qualche banca italiana.

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