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    SUSANNA CAMUSSO ERA STATA INFORMATA DELLA PRESUNTA TRUFFA DEI PREPENSIONAMENTI IN GEDI, MA NON MOSSE UN DITO – IL DIRIGENTE DEL GRUPPO ESPRESSO GIOVANNI DELL'ACQUA, TESTIMONE CHIAVE NELL'INCHIESTA CHE HA PORTATO ALL'ISCRIZIONE NEL REGISTRO DEGLI INDAGATI DI 101 PERSONE E 5 SOCIETÀ DELLA GALASSIA GEDI, AVEVA SCRITTO ALL'ALLORA SEGRETARIA DELLA CGIL, DENUNCIANDO I PREPENSIONAMENTI SOSPETTI E FACENDO NOMI E COGNOMI. EPPURE DAL SINDACATO NON OTTENNE ALCUNA RISPOSTA…


     
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    Giacomo Amadori e François de Tonquédec per “La Verità”

     

    susanna camusso susanna camusso

    Una gola profonda aveva provato a denunciare alla Cgil la presunta truffa milionaria che il gruppo editoriale Gedi avrebbe perpetrato ai danni dell'Inps e per riuscire nell'intento si era rivolta a più uffici della Confederazione generale italiana del lavoro, compreso quello dell'allora segretario Susanna Camusso, da ottobre parlamentare del Pd. Ma nessuno dei destinatari dei messaggi di posta avrebbe risposto o preso provvedimenti.

     

    In compenso tre ex rappresentanti aziendali proprio della Cgil (Danilo di Cesare, Stefano Graziosi e Maria Fidalma Mazzi) sono tuttora indagati con l'accusa di aver dato il loro contributo alla presunta frode dei prepensionamenti illeciti ottenuti da Gedi, azienda che nel dicembre scorso è stata oggetto di un sequestro preventivo da 38,9 milioni di euro.

     

    A riferire agli investigatori della Guardia di finanza la notizia dell'alert indirizzato al sindacato è stato il supertestimone dell'inchiesta. Il quale, il 23 agosto 2017, ha impresso una svolta alle indagini con le sue accuse, raccolte in un verbale di sei pagine che oggi La Verità può rivelare in esclusiva.

     

    IL VERBALE CON LE DICHIARAZIONI DI GIOVANNI DELL'ACQUA IL VERBALE CON LE DICHIARAZIONI DI GIOVANNI DELL'ACQUA

    Quel mercoledì, verso le 8,30, Giovanni Dell'Acqua, quarantottenne originario di Taranto, ma residente a Milano, è entrato nella sede del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di via Talli, periferia Nord di Roma. L'uomo, nel dicembre 2006, era stato assunto dalla Elemedia - azienda che gestiva le radio del Gruppo l'Espresso e a partire dal settembre 2012 era stato distaccato presso un'altra società del gruppo, la Manzoni spa.

     

    In entrambe le aziende aveva ricoperto il ruolo di quadro all'interno di una struttura che si occupava di controllo di gestione. Nell'agosto del 2017, in caserma, precisa quale fosse il suo ruolo: «In sostanza mi occupavo della verifica dei costi delle società per le quali lavoravo. Venivo pertanto a conoscenza anche dei costi relativi al personale e dei vari spostamenti di personale che venivano effettuati da e per le società per le quali lavoravo».

     

    gruppo editoriale gedi gruppo editoriale gedi

    Nel maggio del 2016 aveva iniziato a scrivere all'allora presidente dell'Inps Tito Boeri per raccontargli quanto a suo giudizio non tornasse nei prepensionamenti ottenuti da Gedi con la complicità del sindacato. In un'intercettazione agli atti Marco Benedetto, ex ad del gruppo, dice di lui: «È uno che loro hanno trattato male e lui si e vendicato». Un altro dirigente, Alessandro Rocca, conferma: «Esatto e ha rotto le scatole scrivendo questa mail a Boeri».

     

    Nei messaggi inviati all'allora presidente dell'Inps erano contenute le storie di sette dirigenti dell'azienda editoriale, in particolare del comparto radiofonico e della concessionaria pubblicitaria Manzoni, i quali sarebbero stati demansionati e successivamente trasferiti da società sane a società in crisi per poter usufruire della cassa integrazione e delle agevolazioni per i prepensionamenti garantite ai poligrafici dalla legge sull'editoria. Un sistema che ha portato all'iscrizione di 101 persone e cinque società sul registro degli indagati della Procura di Roma.

     

    SEDE GRUPPO GEDI SEDE GRUPPO GEDI

    In una delle sue mail a Boeri, Dell'Acqua aveva specificato: «Ho già segnalato tutto alla trasmissione Report che spero approfondisca e presto farò formale esposto alla Guardia di finanza, ma sono fiducioso che lei farà le dovute verifiche e che procederà senza esitazione, a differenza di quanto ha fatto la Cgil, per riportare giustizia». Per questo i finanzieri, nell'agosto di cinque anni fa, hanno chiesto a Dell'Acqua con chi avesse parlato di quei fatti oltre che con il presidente dell'Inps.

     

    Con le sue dichiarazioni il testimone chiama in causa i piani alti della Cgil: «Ho inviato alcune mail relative alla vicenda ai seguenti soggetti: alla segreteria della Camusso; alla segreteria nazionale Slc (Sindacato lavoratori della comunicazione, sempre della Cgil, ndr); a Massimo Bonini, responsabile della Cgil di Milano; a Francesco Auferi e Mimma Agnusdei, entrambi responsabili della Slc-Cgil di Milano; a Massimo Luciani e Walter Pilato entrambi firmatari di decreti e membri di Slc-Cgil nazionale; a Paolo Puglisi della Cgil Lombardia».

     

    susanna camusso susanna camusso

    Di fronte alle Fiamme gialle l'uomo ha ricordato di aver cercato sponde non solo nel sindacato per far deflagrare lo scandalo: «Rappresento anche di aver inviato alcune mail a Mediaset, al Corriere della Sera, a Report e a numerose altre testate giornalistiche a cui ho rappresentato il meccanismo, ma i miei interlocutori non hanno successivamente più avuto interesse sulle vicende, infatti non mi hanno più ricontattato e non hanno mai pubblicato qualcosa in merito. Aggiungo che solo Report ha trasmesso una puntata di approfondimento sulla vicenda di Cioffi senza parlare dei fatti da me segnalati anche se collegati».

     

    SUSANNA CAMUSSO SUSANNA CAMUSSO

    Il 23 agosto 2017, Dell'Acqua ribadisce quanto denunciato nei messaggi a Boeri. Racconta di dirigenti che «venivano demansionati a quadro senza mai però variare la tipologia di attività svolta e mantenendo il medesimo trattamento stipendiale e i vari benefit acquisiti nel tempo»; riferisce di dipendenti trasferiti «da società che non avevano diritto all'accesso ai regimi agevolativi a società che invece ne avevano diritto, senza mai, però trasferirsi materialmente e mantenendo il medesimo ufficio e funzioni».

     

    tito boeri tito boeri

    Dell'Acqua fa nomi e cognomi e cita anche il caso di un suo vecchio superiore che avrebbe «mantenuto le proprie funzioni di dirigente anche da quadro» e che, quando a novembre 2016 la vicenda dei prepensionamenti Gedi finisce sui giornali, sarebbe stato «reintegrato in Manzoni», grazie a «una clausola di reintegro in caso di mancata erogazione del trattamento pensionistico» contenuta nell'accordo con cui aveva lasciato anticipatamente l'azienda. Un escamotage che sarebbe stato utilizzato anche in altri casi.

     

    Dell'Acqua ricorda agli investigatori che il suo scambio epistolare con Boeri, nel 2016, era stato citato dal Fatto quotidiano e dal nostro giornale, gli unici due mezzi d'informazione a ragguagliare i propri i lettori sull'inchiesta: «Sulla Verità addirittura erano presenti anche le mie iniziali» sottolinea il teste. Che continua: «In merito credo che la fuga di notizie sia dovuta ad una sorta di guerra interna all'Inps che vedeva contrapposti Boeri a Cioffi (Massimo, ex dg dell'Inps, ndr), tra l'altro riportata anche da notizie stampa in merito.

     

    TITO BOERI TITO BOERI

    Cioffi accusava Boeri di avere un conflitto di interessi sulla vicenda segnalata in quanto lo stesso in precedenza aveva ricoperto un ruolo all'interno della fondazione De Benedetti. Boeri a sua volta rispondeva accusando e chiedendo le dimissioni di Cioffi il quale in precedenza aveva ricoperto un ruolo di vertice in Enel, successivamente sottoposta a controllo da parte dell'Inps». Dell'Acqua collega la presunta faida all'uscita degli articoli sui giornali e conclude: «Quindi credo che le mie mail siano state trasmesse al Fatto Quotidiano da qualcuno dell'Inps per gettare discredito sull'operato di Boeri accusandolo di aver insabbiato le attività di indagine».

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