• Dagospia

    TESTA DI GOZI - PER “IL GIORNALE” IL SUO INCARICO COME CONSULENTE DEL GOVERNO FRANCESE NUTRE I SOSPETTI SUL FLOP DELL’EMA SCIPPATO A MILANO DOPO IL TRADIMENTO DI PARIGI - “LA VERITÀ”: “L'EX SOTTOSEGRETARIO AVEVA PROMESSO DI RIVELARE QUANTI SOLDI RICEVERÀ DAI FRANCESI E ANCORA NON L’HA DETTO” - CALENDA: “GOZI? VETTE DI STUPIDITÀ MAI PRIMA CONQUISTATE NELLA POLITICA CONTEMPORANEA”  


     
    Guarda la fotogallery

    1 - GOZI, IL TRADITORE AL SERVIZIO DI MACRON

    Gian Micalessin per “il Giornale”

     

    SANDRO GOZI SANDRO GOZI

    Difficile dire se l'ex ministro del Pd Alessandro Gozi sia, per dirla con Vladimir Lenin, un «utile idiota» di Parigi o se, più banalmente, non sia neppure «utile». Certo ad ascoltare lo stupore esibito dall'italico consigliere per gli Affari europei accasatosi alla reggia di Macron vien da propendere per la seconda. E per la seconda propende anche l'ex ministro e compagno di partito Carlo Calenda che citando in un suo twitter Gozi (ma anche Ivan Scalfarotto in visita agli americani incarcerati per l'assassinio di un nostro carabiniere) parla di «vette di stupidità mai prima conquistate nella politica contemporanea».

     

    Il tweet si aggiunge a quello assai più duro nella sostanza con cui, 24 ore prima, Calenda aveva censurato la decisione «di ricoprire per due mesi nel governo francese la carica che ha ricoperto nel nostro governo, conoscendo posizioni e interessi anche riservati non sempre coincidenti».

    RENZI MACRON GOZI RENZI MACRON GOZI

     

    Nella constatazione di uno dei rari esponenti del Pd capaci di distinguere propaganda politica ed interesse nazionale si salda la convergenza con una Giorgia Meloni che mercoledì denunciava dalla prima pagina del Il Giornale il passaggio di Gozi alla corte dell'Eliseo. Una denuncia a cui si aggiungeva la richiesta, condivisa dal vicepremier Luigi di Maio, di revocargli la cittadinanza italiana utilizzando le norme che vietano «il conseguimento di cariche pubbliche da parte di uno Stato estero».

     

    Richiesta liquidata come «bestialità giuridica» da un Gozi convinto che non si possa in «un Paese democratico qual è l'Italia, ritirare la cittadinanza per motivi politici... Nei trattati europei - sottolinea l'esponente dem - si riconosce la possibilità di prestare attività presso governi di altri Stati membri. Io poi, sono un consigliere, non ho nessun potere pubblico».

    Ma dietro la presunta indignazione aleggia, a voler esser indulgenti, la leggerezza e la vacuità di un ex ministro incapace di rendersi conto dei sospetti a cui può dare adito la sua scelta.

     

    SANDRO GOZI E FRANS TIMMERMANS SANDRO GOZI E FRANS TIMMERMANS

    Certo, il Pd non è nuovo a barattare l'interesse nazionale con il proprio interesse politico. Ma nel caso di Gozi l'appartenenza politica s'aggiunge al ruolo svolto in una vicenda, non priva di ombre, come la gara per l'assegnazione della sede Ema l'Agenzia Europea per il Farmaco dopo il trasloco da Londra. Un gara in cui la difesa di Milano, data per tutti come assoluta favorita, era affidata al novello Quisling del presidente Macron.

     

    Un gara in cui la sconfitta italiana venne decisa, quando si dice il caso, dall'improvviso dietrofront di Francia e Spagna che all'ultimo momento votarono per Amsterdam. Una sconfitta seguita dal silenzio di un Gozi che si rifiutò di rivelare chi avesse votato contro di noi. Con il senno di poi è chiaro che qualcuno possa pensare male e chiedersi - come ha fatto Giorgia Meloni - «da dove possa scaturire tanta riconoscenza da parte dello Stato francese nei confronti di Sandro Gozi».

    SANDRO GOZI CONSULENZE A SAN MARINO SANDRO GOZI CONSULENZE A SAN MARINO

     

    Dubbio ribadito ieri dalla leader di Fratelli d'Italia che parla di vicenda «davvero surreale». E che spiega: «Non si comprende che si tratta di una persona portatrice di notizie riservate dello Stato italiano in terra francese. Il Pd amico dei francesi può non capirlo, del resto sono cose che accadono solo nel Pd italiano».

     

    2 - GOZI IL PARIGINO TACE SUL COMPENSO E DÀ DEL FASCISTA A CHI LO HA CRITICATO

    Antonio Grizzuti per “la Verità”

     

    Forse Sandro Gozi pensa che siamo tutti gonzi. Altro che arringa inattaccabile, quella sfoggiata ieri a seguito della sua nomina come responsabile degli Affari europei per il governo transalpino è una difesa che fa acqua da tutte le parti. «Ma che vuole Luigi Di Maio? Non sono né ministro, né sottosegretario, non ho giurato sulla Costituzione francese», ha tuonato così dalle colonne di Repubblica il politico dem che nei governi guidati da Matteo Renzi e Paolo Gentiloni ricopriva l' incarico di sottosegretario, per l' appunto, agli Affari Ue.

    SANDRO GOZI EMMANUEL MACRON SANDRO GOZI EMMANUEL MACRON

     

    «È tutto contestabile», argomenta poi monsieur Gozì, che più avanti si lagna della «polemica grottesca» e della «castroneria giuridica». Peccato abbia anche promesso di rivelare l' ammontare del compenso che riceverà dal governo francese. Spiegazione che ieri non è arrivata. Al contrario, Gozi ha sfoderato il solito spauracchio dei «periodi più bui della storia».

     

    Quando le cose si mettono male, ecco puntuale entrare in scena il solito copione nel quale l' esponente di turno di sinistra non resiste alla tentazione di agitare lo spettro del criptofascismo: «A Parigi sono sbalorditi. La mia collaborazione è vista come un segnale di amicizia. A Roma invece mi vogliono apolide».

     

    gozi gozi

    Un tempo forse, utilizzando un termine un po' forte, l' avrebbero definito collaborazionista. Oggi invece bisogna essere politically correct a tutti i costi e fa più figo (come d' altronde ha fatto il diretto interessato) chiamarlo «transnazionale». Eppure la sostanza, vale a dire curare gli interessi di un governo straniero, non cambia. Lo dimostrano le affermazioni di Carlo Calenda, l'uomo che a torto o a ragione oggi riveste il ruolo di uno dei leader del Pd.

     

    «Non si entra in un governo straniero», ha twittato Calenda lunedì rispondendo a un utente che gli chiedeva un parere sulla vicenda, «non si ratta di un gruppo di lavoro, ma di ricoprire per due mesi nel governo francese la carica che ha ricoperto nel nostro governo, conoscendo posizioni e interessi anche riservati non sempre coincidenti. Semplicemente non esiste».

     

    L'ex ministro dello Sviluppo economico è poi tornato sullo stesso tema, scegliendo di affidare i suoi pensieri in merito sempre sullo stesso social network. Più tardi, rispondendo a Ivan Scalfarotto che parlava di Europa come «casa comune», Calenda ha ribadito il concetto: «Se hai gestito dossier europei per il tuo governo avendo anche accesso a informazioni riservate non puoi andare a fare lo stesso lavoro o similare per un altro governo. Per due mesi poi è una ridicola e dannosa burla».

    sandro gozi simona bonafe sandro gozi simona bonafe

     

    Ma Calenda ha ripreso l' argomento anche ieri. Prima sollevando il dubbio sul fatto che «se non puoi, dopo aver fatto il ministro, andare a lavorare in Eni per conflitto di interessi, non comprendo come possa essere consentito farlo per altro governo»; poco dopo, commentando la visita in carcere di Scalfarotto agli imputati per l' omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega, ha parlato di «vette di stupidità mai prima conquistate nella politica contemporanea».

     

    Non che nel Pd facciano la fila per difendere Gozi, per carità. Silenzio imbarazzato da parte dei vertici del Pd, a partire da Renzi e Gentiloni che pure lo vollero (il primo) e confermarono (il secondo) al tavolo nell' esecutivo. Piuttosto, meglio lanciare le seconde linee in quella che sembra una difesa kamikaze. «Storia, tragedia e farsa...Per i fascisti di una volta era "traditore" chi collaborava con le "demoplutocrazie", mentre svendevano l' Italia all' invasore. I fascistelli di oggi bastonano chi collabora con la democrazia francese mentre svendono l' Italia a Vladimir Putin», twitta riprendendo il nostro editoriale di ieri un Andrea Romano, deputato e direttore di Democratica, in piena sindrome «ha stato Putin».

     

    sandro gozi enrico gasbarra sandro gozi enrico gasbarra

    Debolucce anche le argomentazioni della compagna di partito Alessia Morani: «Stamattina Di Maio ha dichiarato che vuole togliere la cittadinanza a Gozi. Proprio lui che voleva fare l'alleanza con i gilet gialli. La domanda a questo punto è: cosa vorreste togliergli al nostro statista del mandato zero?».

     

    Nell'attesa di conoscere i dettagli sul compenso legato all' incarico, torna invece alla carica Giorgia Meloni, la prima a lanciare ufficialmente con una lettera al Giornale l' idea della revoca della cittadinanza: «È semplicemente surreale che qualcuno che ha rivestito l'incarico di sottosegretario del governo italiano con delega agli Affari europei, appena dismesso quell' incarico assuma un incarico sostanzialmente analogo del governo francese», ha dichiarato la Meloni in un videomessaggio diffuso sui social.

    michele anzaldi sandro gozi graziano delrio michele anzaldi sandro gozi graziano delrio

     

    «Noi vogliamo sapere quali sono i meriti per i quali Sandro Gozi viene ripagato dai francesi. Per questo abbiamo presentato un' interrogazione e chiediamo al governo italiano di cautelarsi, di chiedere a Sandro Gozi di non accettare quell' incarico, ovvero di revocargli la cittadinanza come prevede una legge del 1991 evidentemente fatta contro i traditori».

     

    L'affondo del leader di Fratelli d' Italia ha trovato la sponda di Matteo Salvini, che nel pomeriggio di ieri ha twittato: «Noi stiamo con i carabinieri, qualcun altro va a trovare delinquenti. Noi stiamo con gli italiani, qualcuno evidentemente ha altri interessi. Pd, sempre dalla parte sbagliata».

    Guarda la fotogallery


    ultimi Dagoreport