Domenico Calcagno per il Corriere della Sera
tiger woods
Lo ha fatto ancora, dopo 1.876 giorni, quattro interventi chirurgici alla schiena e una battaglia che sembrava perduta contro i suoi demoni e il dolore. Tiger Woods ha vinto il suo 80° torneo del Pga Tour imbucando un putt elementare da 10 centimetri. Ma per arrivare a compiere quell' ultimo, semplicissimo passetto, ha dovuto risalire dal fondo di una buca profondissima, ricostruirsi pezzo per pezzo. Scalare con le unghie una montagna altissima.
Era il 4 agosto 2013 quando Tiger vinceva il suo 79° torneo. E il 31 marzo 2014 entrava per la prima volta in sala operatoria. Doveva essere una soluzione, fu l' inizio di un viaggio nel buio. L' 1 dicembre 2015, dopo la terza operazione, disse «Voglio tornare a giocare a golf, tutte le altre cose che faccio non hanno "sugo". Ma non so quando vedrò la luce in fondo al tunnel».
Era lontanissima quella luce.
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Il 30 maggio dello scorso anno, 16 mesi fa, dieci giorni dopo il quarto intervento, Tiger venne arrestato. Dormiva nella sua Mercedes, sul bordo di una strada di Jupiter, in Florida. Non stava in piedi, non riusciva a parlare. Un rottame.
Per combattere il dolore aveva assunto un cocktail micidiale di farmaci. Avrebbe anche potuto lasciarci la pelle.
Furono i giorni più neri e disperati. Tiger non riusciva ad alzarsi dal letto, non poteva giocare con i figli, non poteva nemmeno sedersi senza soffrire. Tentava di colpire qualche palla in giardino, ma non riusciva a tirarla nemmeno a 50 metri. Poi qualcosa cambiò. Notah Begay III, un amico di Tiger con problemi di alcolismo, aveva conosciuto Michael Phelps.
Il re del nuoto aveva avuto problemi di depressione, era stato arrestato due volte per guida in stato di ebbrezza e, risolti i suoi guai, aveva deciso di impegnarsi per chi i guai non riusciva a risolverli. «Phelps ha vinto 28 medaglie olimpiche - racconta Begay -, ho pensato fosse l' unica persona credibile per Tiger, un fenomeno che dà una mano a un altro fenomeno». Li mise in contatto: la prima telefonata tra Tiger e Phelps durò due ore.
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A poco a poco Tiger torna in sé, e il 3 dicembre dello scorso anno si ripresenta sul campo. Fatica, non è più quello di una volta, ma gioca. L' 11 marzo è secondo a Innisbrook davanti a una folla impazzita.
Il 22 luglio è 5° all' Open Championship vinto da Francesco Molinari. Il 12 agosto arriva a un colpo da vincere un Major, il Pga Championship, e domenica trionfa nel Tour Championship, l' atto finale della Fed Ex.
È di nuovo lui, anzi è un Tiger nuovo. Che si ferma ore a firmare autografi, che sorride.
È un uomo che ha iniziato una nuova vita. «È stata dura tornare. Ho combattuto, ho sofferto» ha spiegato dopo quell' ultimo putt di 10 centimetri, dopo aver alzato le braccia al cielo davanti a un muro di suoi fedelissimi e aver abbracciato chiunque gli passasse vicino. «È stato difficile, è ancora difficile adesso credere di esserci riuscito». La voce si incrinava. Era commosso Tiger.
Anche perché ha capito che tutti, tifosi e avversari, lo aspettavano ed erano felici di vederlo di nuovo vincere.
Phelps è stato uno dei primi a twittare, quando Tiger era ancora sul green della 18: «Da un goat (significa capra ma è anche l' acronimo di greatest of all time, il più grande di tutti i tempi, ndr) a un altro.
tiger woods
Posso solo immaginare cosa stia provando Tiger Woods».
Un uomo ritrovato, felice.
Che alla domanda: come ti senti?, rispondeva: «Te lo dirò domani». Troppo forti le emozioni appena vissute per tentare di descriverle. Troppe cose erano successe, forse troppo in fretta. E poi un campione di golf non ha molto tempo per pensare. Tiger doveva volare a Parigi dove da venerdì a domenica giocherà per gli Stati Uniti contro l' Europa in Ryder Cup.
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