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Francesco Persili per Dagospia
Il mercato estivo chiuso con un attivo di 25 milioni, l’abbassamento del monte ingaggi, i rinnovi di Fazio, Nainggolan, Manolas e Perotti, la qualificazione agli ottavi di Champions che porterà nelle casse del club oltre 60 milioni di euro: Pallotta sembra aver trovato il suo Re Mida. Tutto quello che tocca, Ramon Rodriguez Verdejo, meglio conosciuto come Monchi, pare che lo trasformi in valore aggiunto per la Roma. “E’ stato difficile lasciare Siviglia, all’inizio avevo paura…”.
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Nel cuore della Nuvola dell’Eur il direttore sportivo giallorosso Monchi racconta il suo battesimo di fuoco a Trigoria:” Nella prima conferenza ho dovuto annunciare che Totti non avrebbe continuato la sua carriera da calciatore. Sono arrivato nel momento per lui meno indicato ma Francesco me lo ha reso facile. Ci siamo guardati negli occhi e…Ora mi trovo molto bene con lui. Insieme possiamo fare qualcosa di importante”.
La rassegna della piccola e media editoria “Più libri, più liberi” offre al ds giallorosso l’occasione di parlare con Paolo Condò, giornalista di Sky Sport, del libro di Daniel Pinilla a lui dedicato (Monchi-I segreti del Re Mida del calcio mondiale, Fandango libri) e di condividere alcuni ricordi dei suoi 17 anni al vertice dell’area sportiva del Siviglia. Dal “colpo” Dani Alves (“uno dei pochi terzini, con Cafu e Srna dello Shakhtar, in grado di diventare il regista di una squadra”) al “rimpianto” Van Persie (che gli fu scippato da Wenger), il direttore sportivo alterna aneddoti e aforismi (“il successo viene prima del sudore solo sul dizionario” mutuata da Jorge Valdano) coi principi fondamentali della sua filosofia di lavoro.
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Rapporto diretto col gruppo, rete capillare di osservatori, attenzione agli “eccessi di zuccheri” da parte della critica (ché “dagli elogi non si impara nulla”). Il modello del "mago della plusvalenza” è agli antipodi rispetto al paradigma di un club come il Real Madrid che si autoimpone l’obbligo di acquistare il giocatore di moda e in cui Florentino Perez esercita un ruolo di assoluto dominus sul mercato. “Il nostro lavoro punta ad anticipare o a sfruttare quelle che riteniamo opportunità di mercato”, scrive nel libro l'ex portiere del Siviglia. Non è un dirigente a una sola dimensione (calcistica) ma un autodidatta convinto che anche la geopolitica e il senso dell’umorismo possano servire al suo mestiere.
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Già, perché il metodo Monchi non è solo la vulgata cacio e pepe del “comprare a poco e vendere a molto”: il direttore sportivo della Roma legge ogni giorno notizie di politica internazionale ed è coautore di una canzone umoristica presentata al Carnevale di Cadice. Tutto può aiutare a gestire una squadra. Anche l’autoironia che non manca a Monchi capace di scherzare sulla sua calvizie anche sul palcoscenico di un teatro e in diretta tv. Un uomo che vive di passioni. Forti, sofferte, laceranti. A Roma dice che si trova benissimo anche se poi confessa che gli manca la sua famiglia.
Del Siviglia resta il primo tifoso e se qualcuno gli chiede di un possibile accoppiamento agli ottavi di Champions col club andaluso, Monchi risponde: “Non rispondo prima del sorteggio, altrimenti divento matto”. L’ex portiere del Siviglia parla di Di Francesco (“Dopo la prima riunione ho capito che poteva essere l’uomo giusto”), del rinnovo di Florenzi (“lui e la Roma devono andare avanti insieme per molti anni”), della cessione di Paredes (“A volte bisogna fare ciò che serve alla società”) della qualificazione in Champions ("Ne parlerò dopo la partita col Chievo, per noi è la prova del nove...") e del calcio italiano (“Non dovete parlarne male, è di ottimo livello ma servono le seconde squadre”).
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E Schick? Il discorso sull’acquisto del talento ceco si lega alle considerazioni di chi annota che, Kolarov a parte, la squadra resta quella costruita da Sabatini. Nessun duello a distanza, da Monchi solo parole di miele nei confronti dell’ex ds: “La Roma aveva già grandi giocatori prima del mio arrivo. Sono fortunato di essere in una squadra che ha avuto uno dei migliori direttori sportivi…”.
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Due chicche nel libro. Il ricordo di Maradona che gli regalò un orologio Cartier dopo averlo visto con un Rolex falso al polso e l’omaggio al mito Rinat Dasaev, il portiere dell’Urss trafitto dalla "cometa" di Van Basten nella finale di Euro 1988: “Nessuno è stato forte come lui…”. Un fenomeno tra i pali, meno al volante, visto che a Siviglia finì con la sua auto in un fosso…
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