Alessandro Trocino per il “Corriere della sera”
alessandro di battista
Non dev' essere facile per il novello talent scout che sta per pubblicare un libro per Fazi sull' affaire Bibbiano - dove fino a pochi giorni fa il Pd «toglieva i bambini con l'elettrochoc per venderseli» (fonte M5s precrisi) -, pensare di allearsi con lo stesso partito. Non dev'essere facile questo momento per il politico che ha costruito la sua carriera sul disgusto per il Pd, partito «di estrema destra» (gennaio 2019), partito che «non esiste, come Mark Caltagirone» (maggio 2019), anzi che «merita l'estinzione» (settembre 2018).
alessandro di battista 1
Non dev'essere facile per l' ex cooperante parzialmente convertito al «trucismo», che di recente si diceva «annoiato» per lo spettacolo offerto dalle navi che salvano i migranti (luglio 2019), andare a braccetto degli stessi che sono saliti sulla Sea Watch. Per questo Alessandro Di Battista, descamisados di ritorno, fa fatica a esporsi in questi giorni. Non riesce a pronunciare la parola Pd. Attacca il «ministro del tradimento», Matteo Salvini, e sogna il voto. Intercettato dall' Adn Kronos, ieri, si è limitato a lodare Conte e a dire: «I punti del programma di Di Maio? Li condivido al mille per mille».
alessandro di battista con sahra e il figlio
Al gran summit in villa con Beppe Grillo ci è andato, certo. Ha consentito al diktat finale, che prevedeva una nota di disdoro congiunto per Salvini e per la sua «vergognosa retromarcia». Ma non sta mettendo la faccia su un percorso che lo vede più che perplesso. E dire che in passato Di Battista il Pd (veltroniano) l'aveva votato. Prima che subentrasse la delusione atroce da amante tradito e la repentina conversione al leghismo sovranista (seguita da nuova cocente delusione).
Nel Movimento Di Battista è una bomba inesplosa. Alle recenti assemblee non si è presentato. E neanche ieri era presente, nonostante fosse a Roma. L'ultima volta era stato accolto da un gran gelo. Seguito a un periodo di dissapori con Di Maio, con il quale era guerra aperta. Di Battista era, ed è, sospettato di voler andare al voto, per defenestrare Di Maio e tentare la fortuna. La retorica 5 Stelle prevede che ci sia un rapporto straordinario tra i due, che non di rado si chiamano «fratello».
ROBERTO FICO ALESSANDRO DI BATTISTA
Ma la lontananza strategica e umana è evidente. Di Battista è nella pattuglia dei contrari al patto con il Pd. Un modo per disinnescarlo ci sarebbe ed è antico come la politica: offrirgli una poltrona. Per la logica secondo cui se non puoi uccidere un nemico te lo fai amico, i 5 Stelle potrebbero intestarsi una battaglia per portarlo al governo, in qualche ministero. Battaglia ardita, perché il Pd ha già fatto sapere che non gradisce neanche l' ipotesi. E pure Di Battista difficilmente accetterebbe. Perché non tutti si fanno «corrompere» da una poltrona. E perché, se deve scegliere tra grisaglia ministeriale e gilet multitasca da battaglia, Di Battista continuerà probabilmente a scegliere quest' ultimo.