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    UN’ALTRA DONNA ACCUSA IL SINDACO DI MANTOVA MATTIA PALAZZI, MA LUI NON MOLLA: ‘SONO INNOCENTE E ONESTO. LO DIMOSTRERÒ’ - NELLE LUNGHE CHAT CON LA PRIMA DONNA (CHE LO DIFENDE) C’È ANCHE UNA FOTO NUDA DI LEI, CHE QUINDI RISPONDEVA AI SEXY SELFIE DEL SINDACO - LA NUOVA ACCUSATRICE SI È RAPATA A ZERO E HA FATTO SCENATE IN COMUNE PER NON AVER RICEVUTO I FONDI PER GLI EVENTI


     
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    1. MANTOVA, UN’ALTRA DONNA ACCUSA IL SINDACO

    Andrea Pasqualetto per il Corriere della Sera

     

    mattia palazzi mattia palazzi

    Un' altra associazione, un' altra donna, un altro contributo mancato. Anche lei a denunciare irregolarità nell' erogazione di fondi da parte del Comune. Perché la sua società ne sarebbe rimasta esclusa in modo, a suo dire, ingiusto. Una piccola realtà con ambizioni artistiche, anche se la persona in questione fa dell' altro nella vita: gestisce un locale del centro di Mantova.

     

    È una donna che ha combattuto in modo vulcanico la battaglia per il contributo. C' è chi ricorda le sue sfuriate nelle stanze nobili del palazzo municipale, una addirittura bloccata dall' intervento delle forze dell' ordine. Ed è in quell' occasione, dopo l' ennesimo scontro, che lei avrebbe iniziato a parlare con gli inquirenti dei suoi sospetti sul sindaco e del suo debole per le donne.

     

    «Non sono indagata, non mi va di entrare in questa vicenda e devo stare zitta», ha tagliato corto ieri al telefono.

    Tempo fa aveva postato su Facebook una foto in cui compariva rapata a zero: «L' immagine della sofferenza», era il commento con un chiaro riferimento al «torto» subito dei fondi che non le erano stati concessi.

     

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    Esattamente come era successo alla vicepresidente della piccola associazione culturale al centro dell' inchiesta della Procura di Mantova per tentata concussione «sessuale». Fra lei e il sindaco sta emergendo un rapporto molto stretto, seppure solo via chat, intervallato da qualche incontro nel quale lei cerca sempre di marcare una distanza. Nei messaggi, oltre un anno di WhatsApp e sms, talvolta sembra assecondare il sindaco, fino a spedirgli pure lei una foto «nature», in risposta alla sua che era dello stesso tenore.

     

    Palazzi parla ora di provocazioni. Ma in questo gioco lungo centinaia di messaggi, lei non muove mai il primo passo. E mette un confine ben preciso, quasi una regola d' ingaggio: nessun contatto fisico.

     

    Se Palazzi non fosse stato il sindaco di Mantova e se lei non gli avesse chiesto un contributo in nome della sua associazione, la questione sarebbe rimasta probabilmente confinata ai loro iPhone. E si sarebbe forse risolta nella reazione indignata della donna al tentativo di Palazzi di andare oltre, cosa peraltro successa. Ma il problema sono le allusioni del sindaco mescolate alle richieste hot: «Sai che un' associazione a volte non va avanti senza il mio consenso. Cerca di attenerti alle regole». Per la Procura, che ha però in mano dell' altro, è tentata concussione.

     

    Per lui è la riprova del suo rigore professionale. «Mai nella mia attività amministrativa ho favorito qualcuno o ostacolato altri per i miei interessi personali», ha ribadito ieri davanti ai consiglieri comunali in un' aula gremita. «Non mi dimetterò perché sono innocente e so di essere un sindaco onesto. Ma non mi basta saperlo, voglio anche dimostrarlo e per questo riprenderò a lavorare a pieno ritmo».

     

    E ha deciso di sostituire «dolorosamente» il suo avvocato, Paolo Gianolio, con il professor Giacomo Lunghini, avvocato milanese specializzato in diritto penale dell' economia e dell' impresa. Forse un segnale sulla natura dei suoi tormenti.

    (ha collaborato Sabrina Pinardi)

    MATTIA PALAZZI MATTIA PALAZZI

     

     

    2. IERI: SEXYGATE A MANTOVA. CONFERMATE LE ACCUSE CONTRO IL SINDACO PD

    Fabio Amendolara per “la Verità

     

    Dopo aver cercato per tre ore di spiegare il perche di quella foto senza veli che aveva mandato alla vicepresidente di un’associazione che gli chiedeva fondi, e dopo aver tentato di dare un significato diverso ai testi dei messaggi che gli investigatori hanno trovato sui telefoni cellulari, e arrivata la prima tegola: accuse confermate. Sul capo d’imputazione provvisorio resta confermata l’accusa: tentata concussione sessuale continuata nei confronti della vicepresidente dell’associazione culturale destinataria di fondi pubblici.

     

    Il sindaco renziano di Mantova al centro del sex-gate, Mattia Palazzi, difeso dall’avvocato Paolo Gianolio, ha risposto alle domande del capo della Procura di Mantova, Manuela Fasolato, e del pubblico ministero titolare dell’inchiesta, Donatella Pianezzi. I magistrati sono arrivati subito al dunque e gli hanno letto le chat di Whatsapp: «Staresti bene messa a... sei una birichina». E quello ritenuto piu grave: «Ricordati che le cose non vanno avanti senza il benestare del sindaco, attieniti alle regole».

     

    Il sindaco ha precisato: «Nessun rapporto sessuale, nessuna richiesta, nessuno scambio di favori e nessun abuso del ruolo di sindaco». Le due toghe pero hanno bene in mente che il sindaco, da ex animatore dell’Arci, conosce bene i meccanismi dei contributi pubblici per il sociale. E sa bene anche cosa accade psicologicamente a chi ha gia un evento pronto e parzialmente finanziato e non sa se potra contare sull’ultima parte dei fondi.

     

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    Secondo l’accusa, il sindaco avrebbe fatto leva proprio su questi meccanismi. Aiutandosi nel pressing con i messaggi contenenti le richieste sessuali. Per un anno. Dal mese di novembre dell’anno scorso a qualche giorno prima della convocazione in Procura. La contestazione e dura per un sindaco giovane e con in testa il sogno di diventare un leader nazionale dei democratici. Lui, all’uscita dal palazzo di giustizia, dice di sentirsi a posto con la coscienza: «I cittadini sanno che persona sono». Ma sono le uniche parole che riesce a pronunciare con i giornalisti. Prima di allontanarsi gli chiedono se ritiene di aver commesso qualche errore. E lui afferma di non poter rispondere.

     

    Anche il suo difensore non sembra molto persuaso quando gli viene chiesto se Palazzi e stato convincente nelle risposte: «Beh, l’oggetto della discussione e molto ampio, si parla dell’arco di tempo di un anno, quindi la memoria non sempre e perfetta». Le speranze di scardinare l’accusa si concentreranno quindi sulla mancata coincidenza tra la persona offesa e chi ha presentato l’esposto. L’avvocato conferma che non e stata la vicepresidente dell’associazione a denunciare. Lei, infatti, l’aveva presa un po’ alla leggera, rispondendo a tono al primo cittadino.

    mattia palazzi sindaco di mantova mattia palazzi sindaco di mantova

     

    Poi, pero, ha mostrato quei messaggi alla presidente dell’associazione la quale, a sua volta, seppur in modo riservato, ne ha parlato in giro. E cosi mercoledi scorso i carabinieri a sorpresa, con un decreto di perquisizione emesso dalla Procura, hanno bussato alle porte di tutti e tre: del sindaco, in qualita di indagato; della presunta vittima, individuata come parte offesa; della presidente dell’associazione, indicata come testimone. Hanno sequestrato i computer, gli smartphone, i tablet e i documenti con i rapporti economici tra Comune e associazione.

     

    E, con i cronisti della Gazzetta di Mantova, ha fatto riferimento a macchinazioni di natura politica. Per nulla ingenua, invece, la presidente dell’associazione, che peraltro si occupa di bambini e di donne, e che ha capito subito il peso di quelle richieste arrivate dal sindaco. Lei al Corriere della Sera ha dichiarato: «Penso che ci stia anche un’avance fra un uomo e una donna, ma non ci sta quando l’uomo usa il suo potere e ci sta ancora meno quando di mezzo c’è un’associazione che vive di ideali». Sono cominciate così le pressioni affinché la sua vice denunciasse Palazzi. «Ma lei non voleva, non l’ha mai voluto. A un certo punto mi sono confrontata con chi ne sapeva più di me che mi ha fatto capire la gravità della cosa. Poi, non so come, è scattata la querela. Ma mi sono pentita di non averla fatta io».

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    Tutto è cominciato a dicembre dell’anno scorso. L’associazione mette su un progetto per bambini sulla storia di Mantova. Il budget stimato è di 7.000 euro. Da un istituto di credito ne arrivano 5.000. Gli altri 2.000 vengono chiesti al Comune. Dopo l’incontro con Palazzi scatta il pressing. E i fondi non arrivano. È su questa fase che è concentrata l’inchiesta. Tutte le mosse del sindaco passano al setaccio: messaggio dopo messaggio. Le relazioni istituzionali tra Comune e associazione sono ormai impantanate. «Il sindaco non dava più risposte», ha raccontato la testimone, «e ad aprile gli ho mandato una mail per dirgli che i soldi io non li volevo più, anche perché ci tenevo a lasciare l’associazione fuori da una cosa che non mi sembrava pulita».

     

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    La sua vice, invece, ci sperava ancora. Fino ad agosto. E per quei quattro mesi, che gli investigatori ritengono interessanti, i contatti tra i due continuano. D’altra parte lei definisce il suo rapporto con il sindaco «di conoscenza e affetto», senza nascondere l’interesse manifestato da Palazzi nei suoi confronti. E senza immaginare cosa potesse scatenarsi mostrando quei messaggi dell’ex allievo del leader pacifista Tom Benetollo alla presidente. Il sex-gate mantovano comincia così.

     

     

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