Giuseppe Scarpa per "il Messaggero"
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La quiete di un palazzo signorile, nel cuore di Roma, è stata sconvolta dalla guerra condominiale tra fratello e sorella. Con il primo nelle vesti di uno stalker, la seconda nei panni della vittima. Alla fine l'architetto 59enne, proprietario di un elegante appartamento in via del Cardello, con vista sul Colosseo, è stato condannato a un anno di carcere, come richiesto dal pm Pierluigi Cipolla, per atti persecutori nei confronti della parente stretta. La donna, che vive nello stesso stabile, al piano inferiore, era travolta dalle angherie del fratello maggiore. L'uomo aveva scambiato casa della sorella per un immondezzaio.
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LA VICENDA
Una persecuzione lunga quasi quattro anni. Una lite nata nel lontano 2017 e durata fino al 2020, anno in cui la donna esasperata ha denunciato tutto. Prima, però, ha dovuto subire dispetti di ogni genere. La speranza era quella di ricucire in famiglia. Evitare di finire in un'aula di tribunale, ma l'obiettivo è sfumato. Troppo ostinato il fratello nel renderle impossibile la vita. Esasperata lei e allo stesso tempo decisa a non soccombere ai soprusi del 59enne.
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Per questo, alla fine, ha risposto con una denuncia, datata 25 giugno 2020. I frutti della querela non sono tardati ad arrivare. La condanna incassata dall'uomo, 12 mesi di carcere, adesso sono un buon deterrente. Cosa accadeva, però, nel tranquillo condominio ad appena quattrocento metri dal Colosseo? Succedeva di tutto. Dall'appartamento di sopra volava ogni genere di rifiuto.
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Il campo d'atterraggio era il balcone della vittima. Una piccola terrazza che ormai era diventata una discarica. L'architetto lanciava di sotto «fazzoletti di carta e acqua sporca, alimenti avariati, spazzolini da denti usati, unghie, escrementi e immondizia», scrive il pubblico ministero nel capo d'imputazione. La sorella era talmente avvilita che non considerava più quello spazio esterno come un'estensione della sua casa. Ci aveva quasi rinunciato.
Anche perché non faceva in tempo a pulire che da sopra pioveva, nuovamente, di tutto. E così per giorni, settimane, mesi e anni. La guerra però, come ogni conflitto, ha sconvolto non solo la vita delle parti in causa ma anche l'esistenza di tutto il piccolo condominio che si è trovato al centro di una faida familiare. Perciò a fare le spese delle follie dell'architetto sono finiti anche gli altri vicini.
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Infatti l'uomo, nell'ipotesi che la sorella potesse in qualche modo vendicarsi (cosa mai avvenuta), aveva architettato un sistema difensivo. Insomma aveva preso le sue precauzioni. Ecco che aveva piazzato telecamere in ogni angolo del palazzo per monitorare ogni possibile ribattuta della vittima. Ma nessuno, ovviamente, «l'aveva autorizzato - come si legge nel capo d'imputazione - ed interferiva così sulla vita privata della denunciante e degli altri inquilini».
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I DISPETTI
Ma l'obiettivo primario era sempre la donna. Per questo, oltre a gettare rifiuti, l'uomo aveva ideato un'altra classica angheria in voga tra chi vuole farsi i dispetti all'interno di un condominio. Ovvero fare baccano, all'improvviso, in piena notte. Il magistrato scrive di «rumori assordanti al fine di impedire il sonno della parte offesa».
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La vittima, anche, in questo caso, spesso, non ha chiuso occhio per il frastuono organizzato, di proposito, dal fratello. Adesso, però, la musica è cambiata il 59enne, dopo aver incassato una condanna non può più permettersi passi falsi. Dovrà, per forza di cose, essere un inquilino modello anche nei confronti dell'odiata sorella.