Estratto dell'articolo di Mario Gerevini per “l’Economia - Corriere della Sera”
ANDREA PIGNATARO
Ion. Tre lettere dietro le quali c’è una delle più irruenti ed enigmatiche scalate finanziarie degli ultimi anni. Ion Investment Group ha fatto man bassa di aziende che gestiscono dati e processi finanziari: 32 in 20 anni, nessuna rivenduta, 5 miliardi investiti solo in Italia.
Cerved e Cedacri sono conquiste recenti, per la Cassa di Volterra (30%) è in cordata con altri mentre Prelios resta nel mirino. In poco tempo è diventato un impero […]. Un concentrato di intelligence finanziaria, un maxi-polo del fintech che risponde a un signore bolognese con residenza in Svizzera, a St. Moritz.
Andrea Pignataro ha 53 anni, laurea in economia a Bologna, PhD in matematica a Londra, ex trader a Salomon Brothers, è la quintessenza della riservatezza e questa indole deve aver contagiato la comunicazione del suo gruppo, che non ha società quotate, creando un alone di mistero.
il logo di ion
Ha le casseforti di famiglia in Lussemburgo (ma nessuna sponda off-shore), holding operative in Irlanda, controllate ovunque nel mondo, uffici principali a Londra. Nel patrimonio personale sono compresi decine di immobili in centro a Milano, a Pisa oltre che esclusive proprietà e terreni in Sardegna alla Maddalena per un valore totale (solo immobili) di almeno un centinaio di milioni. E poi ha investito quasi 300 milioni per uno sviluppo immobiliare nell’esclusiva isola caraibica di Canouan, arcipelago delle Grenadine.
Gestisce tutto dall’alto di un family office lussemburghese, Bessel Capital (211 milioni di utili messi da parte) con la diretta controllata Itt sotto la quale si dipana la galassia industriale: 20 miliardi è l’equity value a fine 2022 della Ion Investment Corporation (zero debiti, 3 miliardi di ricavi aggregati, ebitda a 2,2 miliardi, cassa di 1,9 miliardi) […] […] Per la finanza personale l’imprenditore bolognese si appoggia allo svizzero Giuseppe Macaluso, partner di una trustee company.
la sede di cerved
È, insomma, la storia di successo, mai esibita, di un uomo che vent’anni fa vedeva molto lontano. […] Poi c’è la componente enigmatica che si nasconde dietro un paradosso: l’uomo che gestisce un flusso enorme di dati, che vende sofisticate piattaforme di trading, che colloca bond per miliardi, che ha tra i clienti multinazionali, grandi società quotate in Borsa, banche centrali e governi, è riservato ai limiti della trasparenza, anche nell’architettura societaria che regge l’impero.
Notizie burocratiche (e solo depositi obbligati per legge) sulla governance, un blackout di un anno e mezzo sui bilanci del gruppo Ion disponibili pubblicamente. Addirittura buio di due anni e sette mesi sulle operazioni della holding capofila (almeno fino al 2021), l’irlandese Ion Investment Group che nel 2020 esponeva debiti per quasi otto miliardi.
PRELIOS
E che nel frattempo è stata messa in liquidazione modificando radicalmente la fisionomia della galassia. Diciotto mesi sono un lasso di tempo enorme per i ritmi sincopati della finanza. E i siti web del gruppo non dicono nulla.
Pignataro ha ottenuto finanziamenti per 10 miliardi. E con i tassi esplosi ora il fardello potrebbe essere assai pesante. D’altra parte la cassa, con clienti di altissimo profilo che pagano a scadenze fisse, è una garanzia e un poderoso ammortizzatore da attivare sulle asperità dei tassi e delle scadenze.
cedacri group
Sappiamo che negli anni Pignataro ha avuto rapporti stretti soprattutto con Credit Suisse (Mathew Cestar, ex top manager, è oggi ceo di una controllata Ion) e Ubs. Tant’è che le due banche svizzere avrebbero in pegno diversi asset e controllate di Pignataro.
L’imprenditore è stato accompagnato in molti business da co-investitori come Carlyle, Bc Partners, Ta Associates, Gic (il fondo sovrano di Singapore) e la Fsi di Maurizio Tamagnini (di cui peraltro Ion ha rilevato il 9,9% a novembre 2022 per un milione), per citare solo alcuni. E questo è un indubbio rating di affidabilità. Dagli Usa, in particolare, negli anni passati sono arrivate molte risorse e transitati in Ion anche alcuni manager di spicco: Renée Jo James, ex presidente Intel poi in Carlyle; Linda Szabat Sanford, ex vicepresidente Ibm.
Per dare un’idea di quanto sia stata rapida la progressione di Pignataro riportiamo testualmente ciò che Ion scrive in una sua documentazione: «Oltre 2 mila delle principali società mondiali, tra cui il 50% delle Fortune 500 e il 30% delle banche centrali del mondo, si affidano alle soluzioni Ion per gestire la liquidità, le attività bancarie interne, la catena di approvvigionamento delle materie prime, il trading e il rischio. Oltre 800 delle principali banche e broker-dealer mondiali utilizzano le nostre piattaforme di trading elettronico per gestire l’infrastruttura del mercato finanziario mondiale».
Andrea Pignataro (nel cerchio)
[…] Ion Markets, la divisione più grande con circa un miliardo di fatturato (dati e soluzioni software per trading e risk management) ha circa mille clienti tra cui tutte le più grandi banche al mondo. Ion Corporates realizza software per automazione di attività di tesoreria e gestione di commodity: tra i suoi quattromila clienti ci sono una cinquantina di banche centrali e giganti come Amazon, Microsoft, Procter & Gamble, Daimler, mentre nel trading di commodity è leader mondiale con il 60% di quota di mercato.
cerved
Possibile che un gruppo internazionale tanto centrale, sistemico, esposto e proiettato al futuro […] sia così ostinatamente rintanato se si tratta del suo apparato societario e di governance, quasi come certe aziende padronali di provincia? Possibile che venga posta in liquidazione nell’estate 2022 la holding (Ion Investment Group) indicata come capogruppo nel prospetto dell’Opa Cerved (2021), con otto miliardi di debito «in pancia», senza una sola parola di spiegazione?
Ecco che cosa ci rispondono da Ion. Sulla trasparenza: il gruppo opera nel mondo B2B e «siamo già sottoposti a scrutinio attento annuale da parte dei nostri clienti che sono le più grandi istituzioni finanziarie, industriali e governative nel mondo».
Le singole piattaforme hanno tutte bilanci certificati, aggiornano periodicamente gli investitori che sono i principali al mondo (Fidelity, Blackrock, Norges Bank ecc). A ciò si aggiunge, da ultimo, la procedura per rilevare una quota di Cassa Volterra che ha sottoposto Ion allo scrutinio Bce: se ci fosse stato qualcosa da nascondere, sostengono, non sarebbe stata avviata questa pratica. Dunque si tratta di una comunicazione prettamente d’affari, mirata (ogni singola piattaforma ha i suoi interlocutori) e d’élite.
cedacri
La liquidazione della ex holding capofila? Per ragioni tecniche […]: perché è uscito dal capitale il fondo Carlyle che aveva il 7% e in base agli accordi del 2016 c’era l’obbligo per Ion di produrre il consolidato a questo livello. Uscita Carlyle nel 2020 è stata smontata Ion Investment Group e il debito «spalmato» sulle cinque piattaforme societarie ognuna delle quali, come detto, redige un consolidato certificato e tutte ora sono controllate da Ion Investment Corporation. Dunque Carlyle dev’essere stata ben più strategica nella crescita di Ion di quanto dica quel 7% dal momento che si è modellata una governance su misura del grande fondo di Washington.