
DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA…
Giancarlo Perna per Il Giornale
Chiedo scusa agli insigni colleghi politologi di que¬sto e altri giornali, ma tro¬vo ingiustificato tanto interrogar¬si su Pier Ferdinando Casini. Tut¬to già visto. Il leader dell'Udc è uno dei personaggi più stantii del¬la scena politica che, essendone nell'intimo consapevole, si agita almeno una volta l'anno per darsi un tono.
In genere, prima delle va¬can¬ze estive nel tentativo di farsi ricordare fino a settembre. Pare che con l'intervista al Cor¬riere della Sera abbia aperto a sini¬stra. Non però da subito, ma dopo le elezioni 2013, in una coalizione che non è chiaro se oltre al Pd di Bersani, comprenda anche Di Pie¬tro e Vendola o solo Vendola sen¬za Di Pietro o il contrario. Campa cavallo fino ad allora.
Da quando nel 2008 ha chiuso con il Cav - che era la sua bussola e polizza di assicurazione dal 1994 - Pierferdy di¬ce e fa stranezze che però non lasciano traccia. Le riassumo e vedrete che vi erano totalmente usci¬te dalla testa anche se, come in questi giorni, se ne fece un gran parlare.
Nel 2008, dopo il fallimento Prodi, Casini propose un grande sodalizio di necessità tra destra e sini¬stra. Sognava di mettersi alla testa del guazzabuglio e ricavarne lu¬stro. Nessuno se lo filò,un po' per¬ché non c'erano le condizioni e molto perché se Pdl e Pd avessero voluto putacaso allearsi, lo avreb¬bero fatto direttamente, senza aspettare la manleva di una mo¬sca cocchiera.
Di bell'aspetto,certo, ma sempre mosca. Casini, pago dei titoli dei giornali, fece buon viso e ci riprovò l'anno dopo. Nel¬l'estate 2009, al picco del solleo¬ne, si rimise in vendita dicendosi disposto a un'unione con chic¬chessia pur di salvare l'Italia, ma stavolta da Berlusconi. Eravamo nel pieno delle carinerie tra il pre¬mier e le signorine Noemi e D'Addario. Con raro senso delle proporzioni, Pierferdy parlò di «emergenza democratica » e propose un nuovo Cln. Ossia, un'alleanza tra lui e la sinistra molto più esplicita di quella cui accenna in questi giorni.
Suscitò l'entusiasmo del rifondazionista, Paolino Ferrero, che esclamò: «Per sconfiggere Berlusconi, ci alleiamo anche col diavolo ». Di fronte a un'adesione così maleducatamente espressa, Casini reagì: del diavolo a me? Vai al diavolo tu. Comunque, avendo fatto parlare di sé, aveva messo in cascina anche il 2009. Nel 2010, in¬vece di perdersi in chiacchiere, op¬tò per le cadreghe.
Nelle elezioni amministrative, mostrò come la pensava davvero sulle alleanze: nel Lazio appoggiò la destra, in Piemonte la sinistra, in Lombar¬dia andò solo, in Sicilia di nuovo con la destra. E così, per lo Stivale. Il tutto per centrare l'obiettivo principale della sua attività politica: raccattare poltrone, sediole e strapuntini. Nel 2011, la crisi economica ci ha risparmiato la tradi¬zionale esternazione balneare di Pierferdy che si è però ampiamente¬rifatto tra novembre e quest'anno con le sviolinate giornaliere a Mario Monti in cui ha finalmente trovato un nuovo faro.
Consape¬vole però che non durerà a lungo, gli tocca tenersi a galla con qual¬che iniziativa. Di qui l'«apertura a sinistra» della scorsa settimana. Dicono che Pierferdy punti al Quirinale. Non ce lo vedo, ma ci credo. Qualsiasi politico con un pizzico di spina dorsale vorrebbe andare a Palazzo Chigi per governare il Paese e tirarlo fuori dalle pe¬ste. Tanto più se, come Casini, oc¬cupa la scena da quasi trent'anni: ne aveva 28 quando entrò a Monte¬citorio nel 1983, oggi ha i capelli grigi e cinquantasei primavere sul groppone. Invece, il leader Udc è sempre scappato a gambe levate dalle responsabilità di governo.
Mai una volta ministro o sottose¬gretario, avendone avute mille occasioni. Figurarsi, se vuole fare il premier e prendersi la briga di con¬frontarsi con i problemi.
Casini è in politica con lo stesso spirito di uno che faccia il militare con la ferma intenzione di non an¬dare mai in guerra. Il coraggio uno non se lo può dare. Ecco perché, tra il 2001 e il 2006, si pavoneggiò felice alla presidenza della Came¬ra, dove amministrava 630 colleghi, privilegiati come lui, e non ses¬santa milioni di italiani, tra cui ot¬to milioni di poveri.
Si capisce quindi che voglia trasferirsi al Quirinale, altra oasi, in cui nelle situa¬zioni più drammatiche - come og¬gi - si debbono al massimo prende¬re d¬ecisioni politiche interne al Pa¬lazzo, non quelle che toccano i cit¬tadini nella loro pelle. Tuttavia an¬che lì- se mai ci finirà - sarebbe l'in¬quilino col medagliere più scarso.
Tutti quelli saliti fin qui sul Colle erano o ex premier o ministri di calibro o ex governatori di Bankita¬lia, con l'eccezione di Sandro Per¬tini che ebbe però una vita da ro¬manzo. In questa galleria di gente che era stata in trincea, Pierferdy fa la figura di un cagnolino da sa¬lotto.
La grande idea di Casini è stata quella di creare e tenersi stretto un partitino - il Ccd, poi Udc - che in sé non conta, ma è percepito co¬me erede della Dc. Con questo ca¬notto galleggia da vent'anni dan¬dosi l'aria del leader come un no¬bile decaduto ostenta il solo coc¬chio che gli sia rimasto.
L'Udc è lo specchio per le allodole degli in¬quieti momentanei. Come in un albergo a ore, da Casini sostano transfughi di destra e sinistra il tempo necessario per accorgersi che non c'è futuro per nessuno perché tutto l'apparato, uomini e soldi, è al servizio della inutile ¬per il Paese- sopravvivenza politi¬ca di Pier Ferdinando. Il viavai mi¬gratorio dall'Udc stupirebbe an¬che una capitaneria di porto. So¬no fuggiti a gambe levate per aderi¬re alla destra, Sandro Fontana, Carlo Giovanardi, Gianfranco Ro¬tondi, Erminia Mazzoni, Mario Baccini;per altri lidi centristi,Bru¬no Tabacci e Sergio D'Antoni; a si¬nistra, l'amico di adolescenza, Marco Follini. E chissà quanti ne dimentico.
Con quelli che lo lasciano, Pierferdy è rancoroso e consuma vendette squisitamente democristiane: casuali in apparenza ma atten¬tamente studiate per fare male. Quando se ne andò, Gianfranco Rotondi fondò un partito lillipu¬ziano, detto «Democrazia cristia¬na », con altri due fuorusciti. Uno era Piergiorgio Martinelli, esoda¬to dalla Lega. Al nuovo raggruppa¬mento bisognava trovare una si¬stemazione tra le centinaia di loca¬li di Montecitorio.
La decisione spettava a Casini, che era allora presidente della Camera, e fu que¬sta. Rotondi e i suoi furono sbattu¬ti in un posto impossibile, arram¬picato tra rampe scalette che, a farle tutti i giorni, nessuno dei tre avrebbe raggiunto l'età pensiona¬bile. Per di più,l'ex leghista Marti¬nelli per arrivarci era costretto a passare nell'ala riservata al grup¬po della Lega Nord, dove era subis¬sato di lazzi padani con forti triboli del suo miocardio.
Non c'è molto altro da dire di Pierferdy. à un peso così leggero che lo sono pure le critiche che lo riguardano. A parte il «tradimen¬to » del Cav - ma in politica è nor¬ma- gli viene rinfacciata incoeren¬za tra il pubblico atteggiamento da devoto baciapile e la vita priva¬ta. E questo perché in prime nozze ha sposato una divorziata e in se¬conde non si è sposato in chiesa. Ditemi voi, se vale la pena di discu¬tere di uno che di sulfureo ha solo questo.
DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA…
DAGOREPORT - UN FACCIA A FACCIA INFORMALE TRA URSULA VON DER LEYEN E DONALD TRUMP, AI FUNERALI DI…
DAGOREPORT – RAI, CHE MANICOMIO! L’AD ROSSI CHE CERCA UN COMPROMESSO COL SUO NEMICO, IL LEGHISTA…
FLASH – COM’È STRANO IL CASO STRIANO: È AVVOLTO DA UNA GRANDE PAURA COLLETTIVA. C’È IL TIMORE, NEI…
FLASH – DOMANI SI SVOLGERÀ IL VERO CONCLAVE: IL VOTO DELL’ASSEMBLEA DI GENERALI CHE DOVRÀ DECIDERE…
DAGOREPORT - IL RISIKONE È IN ARRIVO: DOMANI MATTINA INIZIERÀ L’ASSALTO DI CALTA-MILLERI-GOVERNO AL…