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    È INUTILE DARE COLPA AL'ALGORITMO: SE CASCATE NEL TRANELLO DELLE FAKE NEWS È SOLO COLPA VOSTRA - UNA RICERCA DELL'UNIVERSTÀ DI STANFORD HA RIVELATO CHE LA DIFFUSIONE DELLE NOTIZIE FALSE È ALIMENTATA DEI PREGIUDIZI UMANI E NON DAI SOCIAL MEDIA O DAI MOTORI DI RICERCA - PER MOLTI ANNI SI È RITENUTO CHE GLI ALGORITMI USATI DAI SITI INTERNET GUIDASSERO PASSIVAMENTE GLI UTENTI VERSO LA DISINFORMAZIONE MA...


     
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    (ANSA) - Sono i pregiudizi umani, più che gli algoritmi, a far cadere nelle fake news: lo indica l'analisi del comportamento di alcuni volontari sul motore di ricerca di Google durante due campagne politiche americane. Guidata da Ronald Robertson, dell'Università di Stanford, la ricerca è pubblicata sulla rivista Nature. "Lo studio conferma quel che emerge già da alcuni anni, ossia mette in dubbio l'impatto degli algoritmi nella produzione delle cosiddette echo chamber e nel produrre polarizzazione", ha detto all'ANSA Tomasso Caselli, dell'Università di Groningen.

     

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    Note come luoghi virtuali e metaforici in cui tendono ad aggregarsi le persone che condividono idee simili e informazioni di parte, le echo chamber sono spesso al centro anche del dibattito politico perché considerate vere e proprie incubatrici di disinformazione. Per alcuni anni si è ritenuto che gli algoritmi usati dai motori di ricerca e dai social fossero in qualche modo i responsabili di questo fenomeno, noto anche 'filter bubble', secondo cui gli utenti sono passivamente guidati dalla personalizzazione dei contenuti offerti dagli algoritmi.

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    Adesso "sembra che il potere di questi algoritmi sia in realtà meno forte di quel che si riteneva qualche anno fa", ha aggiunto Caselli. Per misurarne il potere i ricercatori si sono concentrati su un gruppo di volontari di cui è stato possibile monitorare il comportamento online, in particolare nelle ricerche fatte con Google durante le ultime due campagne elettorali. I risultati hanno evidenziato la neutralità dell'algoritmo, ossia non ha la predisposizione a mostrare contenuti che in qualche modo vadano a dare conferma dei pregiudizi iniziali.

     

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     Erano invece gli utenti stessi a cercare notizie a conferma dei propri pregiudizi, rafforzando ulteriormente la propria posizione polarizzata. "Ovviamente non è facile arrivare a risposte conclusive di nessun tipo, gli elementi sono molti e questo studio - ha concluso il ricercatore italiano - si riferisce alle ricerche con Google, mentre conosciamo quasi nulla degli algoritmi usati nei social. La polarizzazione è un fenomeno molto più complesso di quel che a volte si dice".

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