Andrea Pasqualetto per il Corriere della Sera
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«Incredula, delusa, umiliata, soprattutto umiliata. Si sente così la mia cliente». La cliente dell'avvocato Giovanni Scudellari è una giovane volontaria delle ambulanze di Lugo, cittadina romagnola conosciuta soprattutto per il suo ospedale civile.
La tormentata storia è presto detta. Lei, sanitaria ventunenne a contratto annuale, aveva denunciato nel luglio del 2019 uno dei suoi capi per molestie sessuali. E ora che il tribunale di Ravenna ha condannato l'uomo, avrebbe voluto riprendere servizio.
Ha dunque fatto domanda all'associazione di soccorso per la quale lavorava, la Pubblica Assistenza, ottenendo la risposta più inattesa: «Al momento non può essere accolta in quanto è ancora aperta la vertenza legale che la vede coinvolta in veste di denunciatore. Di conseguenza, per onestà intellettuale, al momento non è possibile accettare la sua domanda. Confidando nella sua comprensione. Il Presidente».
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Cioè, siccome la condanna del molestatore, un sessantaduenne di San Lazzaro di Savena che guidava le ambulanze, non è definitiva, la vittima è stata invitata a ripassare più avanti. «Ma non è stata respinta, sia chiaro - ha voluto precisare, travolto dalla bufera mediatica, il presidente Giovanni Lizza che da 35 anni guida questa associazione di volontari - L'abbiamo solo messa in stand by in attesa che la vicenda venga chiarita. Ci sono tre gradi di giudizio, auspichiamo che emerga la verità».
Lizza sperava così di aver spento l'incendio e invece è divampato. «Se possibile, ha fatto peggio - replica l'avvocato Scudellari che sta meditando la contromossa - La situazione è paradossale: capirei se la domanda l'avesse fatta il molestatore, ma l'ha fatta la vittima. Com'è possibile che dopo aver subito quel che ha subito, con una sentenza di condanna in mano, si venga a dire che la vicenda dev'essere chiarita? Tirando in ballo pure l'onestà intellettuale. Quale onestà? C'è solo da vergognarsi».
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La volontaria aveva lavorato in precedenza al Centro di salute mentale di Lugo e ora, dopo un anno di servizio civile alle ambulanze, sognava un'assunzione alla Pubblica Assistenza. Sogno destinato a sfumare, se deve attendere la sentenza definitiva. Domanda: si è forse pentita di aver denunciato? «Assolutamente no, nonostante tutto - assicura il legale. - I dubbi li ha avuti solo all'inizio. Ma una volta presentata la denuncia nemmeno un ripensamento. È giovane, si troverà un altro lavoro».
Il giorno in cui presentò la querela era stata un fiume in piena. Raccontò le avances, l'affondo, le paure. «Dai, ti aspetto, vieni di là». «Ti faccio divertire io». «Dovresti tatuarti una freccia sulla pancia che indica verso giù... dato il moroso che ti ritrovi». L'autista era diventato il suo incubo, dice. Un giorno lo scrisse alla madre: «Vanno bene le battutine squallide ma le mani è meglio che se le tenga a posto! Sono veramente schifata».
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Secondo i magistrati di Ravenna, che gli avevano comunque imposto il divieto di avvicinamento, l'autista avrebbe fatto leva sulla sua posizione di potere. «In passato ha avuto comportamenti analoghi anche nei confronti della madre della volontaria (che lavorava al bar dell'associazione, ndr) e di una collega».
Lui si era difeso protestandosi innocente: «Si è limitato a dire che non è tipo da fare certe cose», scrivono i giudici nelle motivazioni della sentenza. Rimane agli atti il brutto presagio della giovane volontaria di Lugo, messo a verbale quando decise che era giunto il momento di dire basta: «Cerco di evitarlo in tutti i modi... In gennaio termina il mio anno di servizio civile e mi piacerebbe continuare a lavorare per la Pubblica Assistenza come dipendente ma ovviamente ho paura di ritorsioni... temo che lui possa ostacolarmi in questo senso».