Luisa De Montis per www.ilgiornale.it
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"Vorrei portare il porno a Hollywood, vorrei che agli Oscar potessero concorrere anche i film per adulti, come fanno quelli di genere horror". A dirlo all'agenzia Agi è Valentina Nappi, che racconta come si è trasformato il mondo della pornografia al tempo di internet. "Il problema è culturale", spiega la 25enne pornostar italiana ed ex allieva di Rocco Siffredi, "Se il sesso fosse considerato dalla nostra società come qualcosa di normale, ce ne sarebbe già così tanto nei film cosiddetti normali che non staremmo neppure qui a discutere". E invece, secondo la Nappi, il cinema pornografico dovrebbe essere considerato "di genere" e trattato come tale: "Sono film la cui finalità è pornografica, ovvero fatti per eccitare, così come partecipano agli Oscar film horror, fatti per spaventare".
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Del resto il corto "Queen Kong" di Monica Stambrini in cui ha recitato ha vinto il premio per la miglior regia di un corto narrativo al Queens World Film Festival di New York: "È il secondo film porno ad aver vinto un premio ad un festival tradizionale dopo Andrew Balke" che nel 1989 con "Night Trips" nel 1989 ottenne la medaglia d’argento al Worldfest - Houston International Film Festival.
"La differenza tra arte e porno è la stessa che c’è tra arte e design: una tazza pelosa è un oggetto d’arte, non di design" continua la Nappi, "Invece una tazza di ceramica è un prodotto di design perché è utile. Dal mio punto di vista, dunque, il prodotto pornografico è fatto per essere utilizzato per eccitarsi e quindi ha una sua utilità. Comunque come per il design, non c’è un confine netto".
E spiega: "Il mercato del porno non esiste più: basti pensare che un solo caseificio dalle mie parti guadagna più di tutto il porno mondiale. Per gli italiani non ha più senso fare porno. Dato che non si guadagna più come si guadagnava una volta, c’è l’idea che non conviene più compromettersi.
Anche sul web siamo ghettizzati e non possiamo guadagnare come, per esempio, guadagna YouTube perché il porno può pubblicizzare solo altro materiale per adulti quindi è un cerchio che si chiude e i soldi non entrano. Questo è il problema. Se potessimo pubblicizzare anche altro materiale, faremmo un altro tipo di incasso. E così le produzioni oggi vivono di membership e pochissimi dvd. Questo, però, accade in America dove i sexy shop sono negozi normali. Da noi invece li nascondono: nelle grandi città nessuno sa dove si trovino".
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