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DAGOREPORT - DA IERI SERA, CON LA VITTORIA IN GERMANIA DELL’ANTI-TRUMPIANO MERZ E IL CONTENIMENTO…
Video di Veronica Del Soldà per Dagospia
Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia
Lidia Lombardi per "Il Tempo"
sandra carraro renato brunetta e marina ripa di meana
Carlo Ripa di Meana ? Un donchisciotte di 86 anni, pardon non li ha ancora compiuti, puntualizza la moglie Marina davanti a una platea arguta e affettuosa. L'occasione - a Fandango Incontro di via dei Prefetti, uno spazio bianco tranne una parete verde di potus - è il dibattito sul nuovo libro dell'ambientalista più bello e grintoso d'Italia. S'intitola Le Bufale, edito da Maretti, è un'autobiografia, forse meno bruciante di «Cane sciolto», sul filo di ricordi e incontri.
«Nel Devoto Oli bufale sono fantasticherie giornalistiche prive di fondamento» attacca l'autore casual in camicia arancio e blazer giallo. «Certo, sull'ambiente ce ne sono a iosa, ma non voglio fare la cassandrina», continua. «Però nel libro faccio anche dei risarcimenti, come a Carmine De Lipsis, liquidato dei servizi segreti americani. O a Gae Aulenti, che risentii dopo trent'anni, quando stava per morire. Poi, le critiche. A Papa Bergoglio e anche a Napolitano, per aver avallato intervento italiano in Libia. E anche ora inoltrarsi militarmente là significa non saperne nulla», tuona.
renato brunetta e carlo ripa di meana
La moglie e la sorella Ludovica gli suggeriscono di lasciare il microfono ai due intellettuali che lo affiancano, Giampiero Mughini e Giorgio Dell'Arti. Lui molla e Mughini osserva: «Ti brucia proprio non essere in prima linea in politica…Già, Carlo dice sempre ciò che nessuno osa, cominciò quando l'Urss invase la Cecoslovacchia».
Incalza Dell'Arti: «Stupefacente, a 86 anni non smette di combattere…». Lucrezia Lante della Rovere legge pagine sentimentali e ironiche, come l'incontro in treno con Michelle Morgan. Sorride l'uditorio, in prima fila Brunetta e Raffaele La Capria. Poi, tra i tanti, Domenico Fisichella e Isabella Rauti, Livia Azzariti, Giuliano Urbani.
Umberto Silva per “il Foglio” del 5 dicembre 2014
Quanto era bella Venezia nei giorni e nelle notti della Biennale del Dissenso! Ci si poteva amare per le calli della città e sul mare, finalmente un’aria di libertà nei campi e nei campielli umiliati dall’iconoclastia sessantottarda che aveva invaso la laguna con grottesche rivendicazioni. Nel 1977 vennero alla luce della parola gli esuli fuggiti dalla tetra terra dai cui confini non tornava alcuno, la cupa Urss di Breznev, la Cecoslovacchia, la Polonia calpestate…
marisa stirpe e lella bertinotti
Un pubblico felice di esserci passeggiava per la laguna, in barba a un Pci furiosamente ostile, per non parlare dei più accaniti, i saccenti e pavidi compagnuzzi di strada. Vinse un profumo di speranza che dodici anni dopo si concretizzò quando i muri del pianto e del dolore caddero e ci si abbracciò l’un l’altro. La Biennale del Dissenso scaturì dal coraggioso lavoro di Carlo Ripa di Meana, l’uomo che ha raccolto l’accorato invito di Simone Weil a salvare Venezia.
marina ripa di meana renato brunetta carlo ripa di meana
La pièce “Venise sauvée” è ambientata nel Diciassettesimo secolo, e toccò al mercenario Jaffier, colui che avrebbe dovuto metterla a ferro e fuoco, l’onore di salvare la Serenissima; nel 1977 toccò a Carlo Ripa darle lustro con una Grande Opera dell’anima, che nella sua temporalità si è rivelata ben più utile e solida del Mose, fantoccio ingannatore contro il quale Ripa di Meana fin da subito si oppose.
lucrezia lante della rovere carlo ripa di meana e valentino zeichen
Venezia, città amata per eccellenza, ricorre spesso nelle trecento pagine edite da Maretti “Le bufale”, titolo ostentatamente plebeo che solo un vero aristocratico può permettersi. Il fantasma del nonno generale che comandava l’Arsenale militare spinge Carlo Ripa di Meana a dar battaglia ovunque l’imbecillità metta a repentaglio la bellezza, siano in pericolo gli intellettuali russi o le acque della Giudecca schiacciate da minacciosi transatlantici, o da Marghera aleggi lo spettro della vampiresca torre di Pierre Cardin.
Non solo Venezia. Ripa corre là dove la speculazione cerca di sfregiare i monti sorgenti dall’acque, contro di essa Ripa si avventa e colpisce duro; tutt’altro che visionario eroe della Mancia, Carlo unisce all’eleganza del tratto una praticità che ne è il sigillo. E’ un lavoratore instancabile e appassionato, l’oltraggio alla bellezza e alla giustizia gli risulta insopportabile al punto di riuscire a muoversi con elegante determinazione persino negli scivolosi labirinti della burocrazia e della politica.
jas gawronski e giuliano urbani
Se l’insofferenza per il male è tanta, altrettanta è la pazienza di Ripa, sa che senza di essa il male non può essere estirpato. Male che può assumere le forme demoniche della schiavitù dei cinesi di Prato, arrostiti tra l’indifferenza di tanti, solennemente compianti e ancor più velocemente dimenticati. Ripa vede, prevede e non dimentica. Va sui luoghi del crimine, segnala, denuncia. Un giustiziere? Una Cassandra che ci mette in guardia dall’impostura climatica e dalla green economy, ci sollecita a fare attenzione all’adozione dell’euro e all’incessante trasmigrare dei popoli? O semplicemente un uomo che osa pensare e dire, lungi dal fare finta di niente?
Ben sappiamo come i delinquenti passano alla storia e le loro vittime marciscono nei sepolcri, senza che nessuno ne ricordi il nome. Carlo ricorda i nomi dei cinesi bruciati che pure nome non hanno, ricorda tanti nomi, tutti. Altri ricordi, altri nomi. “Mentre parlavamo vidi che Gae si toccava i capelli. Le sfiorai la testa, che era umida. Sudava, e misi le mani come per asciugarla. Mi guardò. So che più tardi, parlando con un’amica, Gae disse di me: ‘Non se ne voleva più andare’. Quel pomeriggio, in poche ore, abbiamo capito che ci univa la storia di un amore”.
ida di benedetto e giuliano urbani
Altra Grande Impresa di Carlo l’addio a Gae Aulenti, che per il di lei rifiuto non vedeva da trent’anni. Una pensierosa fotografia li ritrae su una barca degli anni Trenta, lei è una donna di Campigli, lui un aristocratico giovanotto della “Règle du jeu” di Renoir. Spavalda invece la foto sulla Harley Davidson che la moglie quindici anni fa gli ha regalato, permettendo a Carlo d’imitare il suo mito, Marlon Brando in giaccone a quadri in “Fronte del porto”, ma anche sul sellino della Triumph ne “Il selvaggio”. A dire il vero, nella foto in questione Carlo mi sembra più somigliante a William Holden, mentre la donna che gli sta dietro con le gambe all’aria non può essere che lei, Marina forever.
flavia vento
duccio trombadori antonella amendola
carlo rossella stefano pulzoni
domenico fisichella e giorgio dell arti
carlo ripa di meana con la sorella ludovica
antonio marini carlo ripa di meana sandra carraro
elena aceto di capriglia
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