“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
Federico Ercole per Dagospia
“Musou”, ovvero “senza rivali”, sottogenere dell’insieme dei giochi d’azione che pone in campo chi gioca contro decine, centinaia, oggi migliaia di nemici da falcidiare come la gramigna in un vasto campo incolto. Sarebbe la categoria di videogame più violenta in assoluto, degna di essere accompagnata dalle canzoni degli Slayer, se questa ecatombe di nemici massacrati con spade, lance o asce fosse illustrata con la conseguente pioggia di sangue e membra, ma tutto resta nell’astrazione di nemici che volano in aria come birilli senza segni truculenti.
La strage è dissimulata, dissolta in un “divertissement” di videogioco puro e antico. Tuttavia i “musou” rischiano anche di essere tediosi, se non si è appassionati e cultori di questi, per la loro meccanica della ripetizione. Oppure divertire per qualche ora per poi travolgere con una noia improvvisa che causa un inevitabile abbandono. Può capitare anche con il migliore dei “musou”, persino con quello più che affascinante dedicato all’universo di Legend of Zelda: Hyrule Warriors L’era della Calamità. Bisogna avere metodo, pazienza e perseveranza con questi videogiochi, e un occhio educato all’astrazione, perché spesso lo diventano con la sovrabbondanza delle loro forme ammucchiate ed è uno dei loro pregi maggiori.
Le cose cambiano in meglio, sia per i veterani che per i curiosi e i neofiti, con Dynasty Warriors Origins per Playstation, PC e XBox, il nuovo episodio di una serie ormai antica e dai tantissimi capitoli che riscrive alcune regole e varia senza stravolgere al punto di essere irriconoscibili, meccaniche ormai ancestrali.
IL RACCONTO DEI TRE REGNI
Quest’ultimo “musou” di Tecmo-Koei sviluppato dai veterani di Omega Force è tratto anch’esso come tanti precedenti da quel bacino immenso di storie e personaggi che è il racconto dei Tre Regni, enorme epopea storica ed epica scritta nel XIV secolo in Cina e che racconta gli eventi dei primi due secoli “dopo Cristo”. Tratto da questi scritti c’è anche l’eccezionale Red Cliff, film di quattro ore di John Woo.
Ci sono cattivi dappertutto e come al solito ci rimette il popolo, che muore di fame mentre politici e soldati sguazzano nell’oro, c’è chi li difende ma finisce per cedere al lato oscuro del potere. Sta dunque a noi, nel ruolo di uno strano e misterioso personaggio che parrebbe resuscitato, lottare per il popolo e ad un certo punto decidere con chi schierarci delle tre fazioni, tentando di condizionare un atteggiamento non solo vincente ma virtuoso.
Ecco, già questa possibilità di scelta che rimanda ad un gioco di ruolo, alimenta in maniera interessante la narrativa di Dynasty Warriors Origins, sempre abbastanza minimale se non trasandata nella saga. Ci sono filmati pregevoli, dialoghi persino avvincenti. Inoltre la monotonia dei combattimenti è ridotta dalle scelte strategiche qui più efficaci, basate sulla scelta delle armi adeguate la cui perizia è determinata da una salita di livello fondata sull’utilizzo. Inoltre prima lo spazio cinese era suddiviso in tante sconnesse località, mentre adesso la geografia risulta più organica grazie alla presenza di una mappa percorribile che unisce i luoghi delle battaglie in un insieme intellegibile.
Le ambientazioni e i panorami appaiono gradevoli e suggestivi, così contemplare prima di agire eserciti di migliaia può risultare davvero impressionante prima che il vortice della battaglia travolga i sensi. Ma questa volta non si tratta di una attività in parte scervellata e ripetitiva fino alla stanchezza; oltre lo spettacolo e l’estasi di un’azione devastante ci sono una complessità tattica maggiore, differenze tra le missioni, una maggiore partecipazione emotiva e il timore di essere sconfitti. Di non essere quindi “senza rivali”.
FARE LA STORIA
In Dynasty Warriors Origins sembra davvero di partecipare e di influenzare la storia, di soffrire malgrado una potenza super eroica contro nemici con una forza che può sembrare impareggiabile, “boss” che davvero possono mettere in difficoltà anche il giocatore più esperto.
Ma il fatto che tutto sia più raccontato e umano rende le battaglie qualcosa di più spaventoso, sebbene ci sia la solita negazione di una violenza calligrafica, potendo infine alimentare persino un rifiuto di tutto quell’esangue massacro che è comunque assai più tollerabile e digeribile di quello di qualsiasi sparatutto militare.
Dynasty Warriors Origins è comunque una vetta dei “musou”, il loro vertice artistico e l’alfa di una nuova storia orientata verso il futuro senza tuttavia depotenziare o stravolgere il passato.
Può piacere a chi ha sempre detestato questi videogiochi? Può essere, perché sebbene e giustamente permangano delle idiosincrasie ataviche, i tanti nuovi dettagli lo rendono accattivante anche per un pubblico novello o prima dispregiatore che potrebbe infine addirittura innamorarsi di questo belligerante ma spesso riflessivo casino marziale.
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