Lavoro a @repubblica dal 2012 e voglio bene al giornale. Proprio per questo sento l’esigenza, a titolo personale, di prendere pubblicamente le distanze da argomentazioni che offendono @zerocalcare e non solo, deformandone e irridendone idee e valori pic.twitter.com/VjN0DAo4xR
— Matteo Pucciarelli (@il_pucciarelli) November 2, 2023
Francesco Merlo per “la Repubblica” - Estratti
zerocalcare copertina l'espresso
Aveva pensato, Zerocalcare, che non andare a Lucca sarebbe stato come andarci due volte. Solo negandosi, infatti, poteva riuscire a superare sé stesso nel mercatone dove i fumetti si vendono e si comprano, prodotti industriali come le bottiglie del Vinitaly di Verona. La Mostra di Lucca è il supermercato del fumetto, come Eataly lo è del cibo. Ci sono i banconi di Paperopoli e dei Manga.
C’è il porno misto per accogliere Salvini che è cresciuto con Lando lo sciupafemmine . E c’è anche la “gourmanderie” ideologica dove, fumante di collera, Zerocalcare neppure si rende conto di somigliare ad Hamas e gli pare una gran figata buttare i suoi razzi di fumo-fumetto su Israele, così si decora la coscienza e si sente come le pantere nere alle Olimpiadi del 1968.
Ma poiché esiste ormai una storia, una geografia, una retorica e un’aneddotica del negarsi per meglio offrirsi è cominciata la cerimonia delle smanie e si sono negati in tanti, Fumettibrutti, Giancane, Stefano Disegni, Davide Toffolo, e via con la lista dei minori che vogliono essere all’altezza, tutti, nel loro piccolo, abusando dei palestinesi come ne abusa Hamas, e tutti ben sapendo che la grandezza di un festival è fatta di contro-festival, di uno sprezzante controcanto che si nutre del canto e anche della sua putrefazione, come il Festival e Il Controfestival di Sanremo.
FRANCESCO MERLO
A Milano c’è il Salone del mobile, ma forse il suo “contro”, il Fuori Salone di via Tortona, è ormai più importante.
È dunque normale che gli sciacalletti del marketing vadano a caccia di scandaletti.
Negli anni scorsi sbucavano per le strade di Lucca quattro broccoloni vestiti da nazisti e subito il Comune, che qui è sempre in controtendenza rispetto alla Toscana laica e di sinistra, e dunque è cattolico e di destra, si dissociava, allontanava, tuonava: “noi non permetteremo”.
dont lucca up meme su zerocalcare by emiliano carli
Quest’anno, gli artisti “impegnati” hanno ignorato l’assessora Angela Mia Pisano che aveva nascosto i suoi vecchi post fascistissimi, e in silenzio hanno ingoiato anche il rifiuto di intitolare una strada a Sandro Pertini. Si sono invece buttati su Israele, fiutando l’aria di piazza, il conformismo, i centri sociali, il pubblico peggiore di Zerocalcare, il nocciolo duro del suo estremismo: «noi non siamo certo antisemiti, ma…», «io non ce l’ho con Israele, ce l’ho con il suo governo», e dunque con Netanyahu, di cui ovviamente non sanno nulla.
E va bene che di Fiorello ce n’è uno solo e la sincerità non è purtroppo contagiosa, ma quella sua frase «io personalmente non ho nemmeno quel retaggio culturale per esprimermi su una cosa così grande» potrebbe e dovrebbe accompagnare anche la Mostra mercato di Lucca, non come fuga dall’impegno, ma come ricchezza e come rispetto dell’impegno e di tutte le sue mille matite.
Di sicuro qui accade il contrario di quel che avvenne quando, subito dopo l’aggressione russa all’Ucraina, l’università Bicocca minacciò di bloccare le lezioni su Dostoevskij di Paolo Nori e tutti giustamente si ribellarono. E così elogiare i russi, il pacifismo di Tolstoj, il tormento di Solzenicyn e ovviamente Anna Achmàtova, rileggerli, o fingere di averli letti, divenne una moda, una postura di guerra o, meglio, un segno di distinzione, in senso letterale, tra il gran popolo russo e il piccolo macellaio Putin: «sì agli artisti russi perché non sono Putin».
elkann Molinari
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E bisogna ammettere che, tra quelli che contro Israele non vanno a Lucca, solo l’artista maledetta Fumettibrutti, che è il nome d’arte di Josephine Yole Signorelli, esprime con il botto del petardo il mistero di un odio verso Israele che ormai non necessita più di argomenti: «non farò compromessi perché non mi fa dormire la notte». Ecco, nel ricco linguaggio, le sue idee: «Dicono che in quanto transgender e persona queer LGBTQIA+ non dovrei parlare di Gaza o della causa palestinese…», ma «voglio comunque scrivere una parola di cui parlava sempre anche Murgia, che è “intersezionalità”. Significa preoccuparsi per tutte le lotte contro l’oppressione, dei corpi e dei popoli, non solo di quelle che ci fanno comodo».
ZEROCALCARE ANNULLA LA PRESENZA A LUCCA COMICS
Ecco: intersezionalità e Michela Murgia. In tempi normali basterebbe questa lunga spiegazione per liberarci con un sorriso dall’imbarazzante sospetto che possa trattarsi di una cosa seria. Ma, con il Medioriente in fiamme, le pietre di inciampo bruciate nelle strade di Roma, le stelle gialle disegnate a Parigi sui muri delle case, la caccia all’ebreo in aeroporto, il massacro del 7 ottobre e la testa decapitata della giovane Shani Louk, ostaggio israeliano-tedesca, oggi dobbiamo confessare che un po’ di colpa della stringente logica aristotelica di Fumettibrutti e di Zerocalcare ce l’abbiamo noi che abbiamo stretto con questo “pensiero” un legame di complicità, un legame intellettuale, fatto di ideologia e di politica, che adesso ci preme sulla coscienza come un peso misterioso.
zerocalcare
È un legame ambientale, di un tempo storico arredato di confusione, animato da generosità e dallo stesso gusto della vita di Zerocalcare, il fumettista delle periferie che Renzo Piano ci ha insegnato ad amare, il romanesco come ritorno al dialetto e dunque al campanile della piccola patria, ma con il cognome alloctono, Rech, proprio come quello di Bombolo era Lechner.
Siamo in parte responsabili della promozione a pensatori (di sinistra) di tanti tipi buffi d’Italia, come quelli raccontati da Gianni Celati in Parlamenti buffi (Feltrinelli 1989). In Italia il comico fa i comizi, il regista fa i girotondi, il cantante l’intervista logico- filosofica…
ZEROCALCARE BOICOTTA ISRAELE
E quest’anno tocca al fumettista impegnato il fuori misura sottoculturale che però, con il ritorno dell’antisemitismo, rattrista, anche se il fumettista non spaventa nessuno: «Com’è possibile — si chiede Zerocalcare parodiando l’intellettuale organico — che una manifestazione culturale di questa importanza non si interroghi sull’opportunità di collaborare con la rappresentanza di un governo che sta perpetrando crimini di guerra? ». È una violenta seriosità che i veri maestri del fumetto (che non sono i vignettisti) non hanno mai avuto, né Altan né Staino e neppure i martiri come Wolinski.
E così Sergio Bonelli, Luciano Secchi (Max Bunker), Roberto Raviola (Magnus), il Silver di Lupo Alberto, Giorgio Cavazzano, re di Topolino, e andando indietro si arriva a Jacovitti e a Hugo Pratt. Sempre il fumettista è stato underground, anticonformista e pure strano, ma mai buffo e goffo, sempre ai margini, ma senza mai scappare e sottrarsi al confronto, soprattutto perché questa Mostra di Lucca non è come la Biennale o la Triennale, non è un’esposizione che è l’arte dell’esporre, del disporre e del sovraesporre sino al significato musicale della parola esposizione che è fuga, “via, via, vieni via di qui”;
JOHN ELKANN MAURIZIO MOLINARI
e non è neppure un convegno oxfordiano o la piazza dello scontro politico, ma è il grande mercato del fumetto, il più importante mercato d’Italia, come “Artissima”, che domani si apre a Torino, lo è per l’arte contemporanea, e come lo sono i vari “Saloni del libro” d’Europa. La “Lucca Comics” è il luogo della mescolanza, dell’insieme appunto, che avvicina e non contamina, il mercato che è sempre stato la “comfort zone” di tutte le minoranze del mondo. Ma non più degli ebrei, secondo Zerocalcare.
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