Andrea Greco per “Affari & Finanza - la Repubblica”
BANCHE
L' antiriciclaggio è sempre più un problema per le banche europee, che dal 2012 hanno sacrificato sul suo altare 16 miliardi di dollari in sanzioni - comminate per il 75 per cento negli Stati Uniti - cui aggiungere i costi differiti degli effetti reputazionali e operativi.
Non è solo, come sale dalle cronache, una continuazione di battaglie commerciali con altri mezzi, nella cornice di un multipolarismo cooperativo che non regge tra revanscismo yankee, ambizioni cinesi e smottamento dell' Europa.
Dentro la cornice c' è il quadro, formato da rapporti bancari sempre più sfuggenti, per via della competizione tecnologica e dell' uscita dai perimetri bancari di molte attività. Il quadro è scosso anche dalle nuove direttive europee Psd 2 (che disciplina l' accesso ai conti correnti di attori terzi) e Gdpr, che mira a preservare ciò che resta della privacy.
THE ECONOMIST SULLE BANCHE ITALIANE
Incombe, poi, la quinta direttiva Aml (Anti money laundering) varata a Bruxelles il giugno scorso e che i Paesi membri dovranno integrare nelle normative entro gennaio 2020, puntando sempre più su prevenzione e condivisione - anche pubblica - dei dati. Nuova linfa per legali e consulenti, che aumenterà i costi dell' adempimento per le banche, stimati da Jwg in 100 miliardi di dollari nel mondo.
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A giudicare dalla frequenza delle multe, però, il monte di investimenti a presidio di sicurezza e legalità insegue dietro la curva gli atti e le omissioni che agevolano condotte fraudolente, in un contesto che secondo Moody' s «pone rischi finanziari, operativi e reputazionali ». Il caso eclatante, per quantum, riguarda Bnp Paribas, che nel 2014 versò 9 miliardi di dollari alla giustizia Usa per sanare la violazione dei veti commerciali agli affari con controparti di Cuba, Iran, Sudan.
hsbc1
L' evento portò a licenziare interi uffici dei francesi coinvolti, alla sospensione per un anno delle attività di compensazione nella filiale di New York, e a due anni di speciali procedure di monitoraggio. Forse peggiore, per la reputazione, la multa ingiunta due anni prima a Hsbc, 1,9 miliardi per attività di riciclaggio per far uscire dagli Stati Uniti proventi del narcotraffico messicano.
GRATTACIELO COMMERZBANK
Per Commerzbank, multata dai regolatori Usa per 1,45 miliardi nel 2015, si trattò invece di una classica rottura dell' embargo; come per SocGen, che l' anno scorso ha pagato 1,3 miliardi. La notizia più recente, settimana scorsa, vede la banca britannica Standard Chartered transare per 1,1 miliardi di dollari con le autorità di Usa e Regno Unito, per tacitare violazioni antiriciclaggio e sanzioni economiche contro Cuba, Iran, Sudan e Siria; la banca britannica attiva in Medio Oriente nel 2012 versò già 330 milioni agli Usa per certi affari iraniani.
Su questa falsariga si collocano gli scandali che l' autunno scorso hanno colpito Danske Bank e Swedbank, accusate di controlli laschi sulle attività nei vicini Paesi baltici. In attesa di sanzioni che in casi simili arrivano fino a 10 anni dopo, il regolatore locale ha chiesto ai danesi un cuscinetto patrimoniale da 1,7 miliardi, mentre gli svedesi hanno silurato l' ad Brigitte Bonnesen.
danske bank
Anche Unicredit, caso maggiore in Italia, si appresta a versare alle autorità Usa circa 900 milioni di dollari per chiudere l' inchiesta del 2011 sulla controllata tedesca Hypovereinsbank, per transazioni effettuate nel decennio precedente con società iraniane sotto embargo. La banca, che ha accantonato 741 milioni, spera di chiudere la pagina in primavera.
Guardando alla disciplina antiriciclaggio in senso stretto, il "record" l' ha segnato Ing, multata sei mesi fa in Olanda per 915 milioni di dollari. Di questi, 800 sono per carenze di documentazione, classificazione e controllo dei clienti tra il 2010 e il 2016, altri 115 riguardano l' inosservanza delle procedure olandesi contro i crimini finanziari, tali che per gli inquirenti di Amsterdam «chiunque lo volesse poteva riciclare fondi senza controllo».
UNICREDIT - LE TORRI DI CESAR PELLI
Il caso ha fatto rumore, e ha portato a defenestrare il consigliere di Ing e direttore finanziario Koos Timmermans, dopo che il cda ha ammesso responsabilità «a livello di comitato esecutivo». Anche in Italia la banca del "Conto arancio" passa guai: a metà marzo è emersa un' indagine dei pm milanesi per riciclaggio, in corso da mesi sulla succursale italiana.
Pochi giorni prima Banca d' Italia, che in un' ispezione a cavallo tra 2018 e 2019 aveva identificato falle nei sistemi di controllo dell' istituto, aveva perfino vietato a Ing Italia di aprire nuovi conti rispetto agli 1,33 milioni esistenti, su cui girano 140mila transazioni giornaliere. Inquirenti e controllori hanno riscontrato un' attività seriale di truffe di ridotto ammontare saldate sui conti online, dove si chiedeva di saldare i corrispettivi della vendita di prodotti e servizi esposti su piattaforme globali web. La banca ha fatto sapere di essere già impegnata a rafforzare il sistema dei controlli, e a realizzare rapidamente un piano che affronti e rimuova le carenze in Italia.
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Qui in causa sembra il concetto definito dai regolatori "Know your customer (Kyc)". Impone il monitoraggio e la conoscenza dell' attività dei clienti: ma l' evoluzione dei rapporti rende sempre meno intuitivo questo pilastro. Gli esperti della materia segnalano, infatti, che le banche, anche per ridurre la pressione di regolatori e investitori, esternalizzano sempre più le attività meno redditizie, o più gravose sul patrimonio: per esempio amministrazione, calcolo e archivio dati, pagamenti, recupero crediti.
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D' altro canto, l' infrastruttura informatica degli istituti, spesso costruita con successivi interventi e stratificazioni, ha generato "mostri" di ardua gestione, con nuovi fornitori che accedono alle piattaforme It, anche per la direttiva Psd 2 che lo consente ai nuovi rivali del Fintech o della Rete. A febbraio l' Eba dopo una consultazione di mesi ha diramato le nuove linee guida valide da ottobre, per contemperare le istanze competitive e l' esigenza regolatoria di garantire adeguati standard di controllo, sicurezza e autonomia ai servizi dati in gestione. Il rischio di violare le norme antiriciclaggio, o sulla privacy, è sempre più possibile. Anche perché, confessa nell' ombra un consulente degli istituti, «la legge antiriciclaggio è un po' come i controlli ai guidatori: così farraginosa e cangiante che se l' autorità vuole crearti un problema, il modo lo trova».