Francesco Grignetti per “la Stampa”
GIULIANO AMATO
L'ultimo ragionamento che Giuliano Amato fece da presidente della Corte costituzionale ruotava attorno al «caos» istituzionale in cui rischia di precipitare l'Italia, qualora i poteri anziché cooperare si faranno la guerra.
Ora che si è spogliato delle vesti istituzionali ed è tornato un battitore libero, il presidente emerito ci richiama tutti a un altro dramma nazionale: il «vuoto». Intende il vuoto pneumatico di partecipazione, il nulla che è subentrato ai partiti tradizionali.
Qualcosa che la politica dovrebbe temere come la peste e che invece quasi accarezza o comunque considera inevitabile. Il ragionamento di Giuliano Amato, ospite ieri della convention di sindaci che fanno riferimento all'associazione «Ali», la Lega delle Autonomie locali guidata dal sindaco di Pesaro Matteo Ricci, in un dialogo con il sindaco di Bologna Matteo Lepore, parte dal terribile incremento dell'astensionismo alle elezioni. «Un astensionismo che è figlio della sfiducia nel sistema».
Non ne è troppo stupito.
GIULIANO AMATO
«Un tempo, quando io ero giovane ed ero iscritto al mio partito, il Psi, alla domenica il parlamentare veniva in sezione. Succedeva lo stesso per i comunisti o per i democristiani. La politica era partecipazione, come previsto dalla Costituzione. Adesso sotto i leader la piramide non c'è più. Ci sono i comunicatori».
I partiti che dovevano aggregare i cittadini e costruire identità politico-culturali sono finiti malamente.
giuliano amato
«È la storia. Tutte le organizzazioni, se non hanno antidoti forti, finiscono per sclerotizzarsi». Ma quel che ne è rimasto, gli fa abbastanza schifo.
«Se ancora si riuniscono in sezione, è solo per spartirsi le cariche. Non lo dico per qualunquismo». Il guaio, però, spariti i grandi partiti, cadute le ideologie, e che al loro posto «c'è il vuoto. Ma senza, chi pensa al bene comune? Chi ci farà re-imparare ad ascoltare anche le ragioni dell'altro? Chi ci insegnerà la mutua tolleranza?».
giuliano amato foto mezzelani gmt011
Amato ricorda ai sindaci riuniti nella convention annuale due giganti del pensiero, il filosofo Habermas e il papa Benedetto XVI. «A un certo punto si pensò che fosse subentrata la società liquida, dove contano solo gli interessi individuali». Ed era un grave rischio.
Trent' anni dopo, però, siamo in una fase diversa. «Per metà siamo ancora nella società liquida. Ma ora al posto dei partiti che pensavano al bene comune, sono sorti degli aggregatori contro. Contro gli immigrati, contro i cattolici, contro i neri, contro tutti. E se la società liquida ci frammentava, ora gli aggregatori ci spaccano».
Intanto la politica è sempre più distante, i cittadini sempre più delusi. «Prendete i giovani, cui stanno a cuore i temi ambientali. E li capisco, io sarò su una nuvola, loro bisogna vedere se ci arrivano al 2050. Ebbene, l'ecologia è scomparsa dalla campagna elettorale. Se fossi stato giovane, non mi sarei particolarmente interessato neanche io». Qualcosa va inventato per ricominciare con la partecipazione dei cittadini, è dunque l'appello di Amato. «Perché io mi pongo il problema della sopravvivenza della democrazia».
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