Vito Mancuso per “la Stampa” - Estratti
proteste femministe sul patriarcato
L'altra sera, invitato da mia figlia, ho partecipato con lei e il suo ragazzo alla manifestazione contro la violenza sulle donne organizzata a Bologna da "Non Una di Meno". C'erano diverse migliaia di persone, per lo più giovani, in maggioranza donne, ma anche noi uomini non eravamo pochi, ho persino intravisto alcuni signori definibili, come me, "di una certa età".
Cartelli, fischietti, alcune trombe, qualche pentola e relativi cucchiai, insomma le solite cose usate da sempre nelle manifestazioni per fare baccano e farsi notare. Di nuovo, per lo meno per me, c'erano le chiavi di casa, agitate da molte ragazze per simboleggiare con il loro tintinnio che neppure in casa si sentono sicure. Le agitava anche mia figlia, però con l'altro braccio si stringeva a me, quindi quel suo gesto non mi preoccupava. Al di sopra ovviamente svettavano gli slogan, gridati con forza e passione dalle giovani donne. Il più ripetuto era il seguente: «Lo stupratore / non è malato, / è figlio sano / del patriarcato».
filippo turetta giulia cecchettin
Il patriarcato. Mentre sentivo ripetere centinaia di volte questa parola, per tutti in quella piazza il nemico numero uno, non potevo fare a meno di pensare alla nostra civiltà. Tutto sbagliato? Anche il termine «patria»? E che dire poi della nostra religione? «Padre nostro che sei nei cieli». «Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo». «Papa» significa padre, e a Venezia e in altre antiche città il capo della chiesa si chiama «patriarca». Se poi si apre la Bibbia è un vero e proprio imperversare del patriarcato, a partire ovviamente dai patriarchi biblici Abramo, Isacco, Giacobbe, con le loro mogli e schiave e concubine, per giungere al re Davide, che di mogli ne ebbe una decina, e a suo figlio Salomone che ne ebbe centinaia.
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Non che nelle altre religioni le cose siano molto diverse, visto che l'invocazione alla divinità sotto il nome di Padre è un fenomeno primordiale, riscontrabile pressoché ovunque: in Mesopotamia, nell'antico Egitto, in Grecia dove Omero sia nell'Iliade sia nell'Odissea chiama Zeus «padre degli uomini e degli dei», a Roma dove il termine padre è già contenuto nel nome del dio supremo Jupiter, e in India dove ci si rivolge a Krsna, avatara di Visnu, dicendo: «Tu sei il padre di questo mondo». Fa eccezione l'islam, per il quale è vietato parlare di Dio come "padre" perché ritenuto troppo confidenziale, ma ciò non ha impedito proprio lì l'instaurarsi di un pesantissimo patriarcato. Insomma: Dio è padre, io sono padre, io quindi sono un dio: questo è il grossolano sillogismo della mente maschile di ogni tempo.
manifestazione dopo la morte di Giulia Cecchettin
Ho preso in considerazione la religione perché soprattutto in essa veniva condensata l'anima profonda di un popolo con i suoi ideali e i suoi valori. Ma qual è la lezione da trarre dalla prevalenza del patriarcato in tutte le importanti civiltà del pianeta? La risposta, a mio avviso, è la seguente: l'adorazione della forza. Il patriarcato cioè rimanda, ben più che al maschilismo, al prevalere universale della forza. In quanto fisicamente più forte, il maschio è il sommo sacerdote di questa primitiva struttura archetipica la cui logica fondamentale è la forza, con ciò che ne consegue, cioè il potere da un lato e la sottomissione dall'altro. La violenza fisica fino all'assassinio non è che la più eclatante manifestazione di questa struttura, la quale, ancora oggi, pervade ogni ambito vitale. Ancora oggi infatti l'economia, il diritto, la politica, la tecnologia, la cultura, lo sport, la religione, sono esattamente questo in quasi tutte le loro manifestazioni: adorazione della forza.
manifestazione dopo la morte di Giulia Cecchettin
Se un maschio alza le mani contro una donna lo fa perché vuole che lei gli sia sottomessa, e probabilmente cerca di riscattare così i casi in cui a essere sottomesso deve essere lui, nell'ambito lavorativo, o tra gli amici o in altre cento situazioni. Neppure le donne però sfuggono a questa logica imperante e impersonale della forza. Anzi, oggi non poche di esse tendono sempre più a «maschilizzarsi»: lo si capisce dal linguaggio volgare, prima appannaggio dei maschi e ora non più, e anche dalla vera e propria violenza fisica che alcune di loro riservano ad altre donne, come capita purtroppo di leggere con una certa frequenza nelle cronache quotidiane.
manifestazione dopo la morte di Giulia Cecchettin
La vera questione non è quindi il fatto che uno sia maschio e l'altra sia femmina, il patriarcato o il matriarcato, anche perché vi sono uomini che non adorano anzi combattono la forza (vedi Gandhi) e vi sono donne che adorano e usano la forza (vedi Margaret Thatcher). Il punto focale riguarda piuttosto la seconda componente del termine «patri-arcato» o «matri-arcato», cioè il suffisso «arcato» che rimanda al greco «arché» che in questo caso significa «potere, comando, sovranità». Il punto focale è la forza, con il potere che essa conferisce.
Ha scritto una delle più grandi pensatrici del nostro tempo, Simone Weil: «La forza è ciò che rende chiunque le sia sottomesso una cosa».
vito mancuso foto di bacco (3)
(…) Per questo, al di là dei sorrisi di circostanza, stiamo tutti male e siamo preda di una sensazione di prigionia. Da qui il nostro linguaggio violento e aggressivo, nei toni della voce, prima ancora che nei termini e nei contenuti. Siamo tutti prigionieri del dio della forza, anche se ovviamente lo sono in primo luogo coloro che alzano le mani, tanto più se lo fanno in modo vigliacco contro chi è più debole. Per quanto mi riguarda l'unica liberazione che conosco è la cultura, la quale suscita e fa fiorire dentro di me quella dimensione che Simone Weil chiamava "anima". Tutto nel nostro mondo avrebbe bisogno di più anima.
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IL PATRIARCATO NON C’ENTRA
Massimo Ammaniti per “la Repubblica” - Estratti
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manifestazione dopo la morte di Giulia Cecchettin patriarcato
Ritornando alle violenze e alle sopraffazioni maschili queste non nascono oggi dal potere patriarcale, che le usava per legittimare la sua supremazia, originano piuttosto dalla debolezza e dalla fragilità degli uomini, che sentendosi impotenti e impauriti per essere sopravanzati affettivamente e socialmente dalle donne, reagiscono con rabbia e odio. Possiamo dire che si è verificata, come scriveva Pier Paolo Pasolini, una mutazione antropologica che ha completamente scompaginato il mondo del passato ed è difficile comprendere in quale direzione stiamo andando, anche perché la tecnologia ci sta continuamente sopravanzando.
massimo ammaniti vito mancuso foto di bacco (1) manifestazione dopo la morte di Giulia Cecchettin