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    AUDITEL, LA TRAPPOLA DEI NUMERI DELLA TV - DOPO ANNI DI RILEVAZIONI FALLATE, TERRÀ CONTO ANCHE DEI 130 MILIONI DI DISPOSITIVI (PC, TABLET, SMARTPHONE, SMART TV) ATTRAVERSO CUI GUARDIAMO I PROGRAMMI. E SUL CALCOLO DEGLI ASCOLTI, BISOGNA ANDARE OLTRE LO SHARE, SPESSO USATO COME CLAVA PER NASCONDERE DATI ASSOLUTI NON ECCEZIONALI…


     
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    Antonello Piroso per la Verità

     

    L' Auditel è diventato grande.

    Per età: ha festeggiato i 30 anni con cerimonia nella Sala della regina di Montecitorio.

    Per la dimensione del campione: un superpanel di 16.100 famiglie, 41.000 individui.

    Per il numero di emittenti testate: 440 sul digitale terrestre e 290 tra soggetti «free» e «pay», i canali distribuiti sul satellite.

    Per il perfezionamento dei metodi di calcolo: almeno così ha assicurato, in una relazione piuttosto autocelebrativa, il presidente Andrea Imperiali di Francavilla.

     

    andrea imperiali di francavilla andrea imperiali di francavilla

    Per i non addetti ai lavori: il sistema di rilevazione con cui si decreta il successo o la morte di un programma tv fa capo a una società partecipata dai principali operatori (Rai, Mediaset, La7, che risultano quindi controllori e controllati al tempo stesso, mentre Sky e Discovery siedono solo nel comitato tecnico), dalla vita alquanto travagliata. Proprio Imperiali è subentrato a Giulio Malgara dopo il «grave incidente» del 2015 quando venne meno l' anonimato delle famiglie «campione» e dei loro indirizzi email, che portò al fermo della diffusione dei dati per due settimane.

     

    Le sentenze dell' Auditel non servono solo per le classifiche, i confronti, il chi sale e chi scende negli ascolti: su di esse si basano le valutazioni degli inserzionisti che impattano direttamente sui ricavi dei network. Per la cronaca, la tv ancora nel 2016 assorbiva la metà degli investimenti pubblicitari totali, 7,8 miliardi di euro.

     

    Negli anni - questa per esempio l' accusa di Sky - l' Auditel è diventato un giocattolo obsoleto, non tenendo conto dello sviluppo della tv «digitale, multicanale, tematica, criptata, free», e delle modalità di fruizione: lo streaming in mobilità, i servizi via cavo, le offerte Ott (Over the top), realizzate cioè da imprese, in primis quelle telefoniche, che propongono pacchetti di servizi e contenuti via web.

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    Così Sky ha sperimentato un meccanismo alternativo, lo Smart panel, che -secondo il broadcaster - consentiva di capire anche meglio quanti spot fossero davvero visti.

    Secondo Auditel, infatti, su 100 spot trasmessi dai canali Sky e Fox ben 39 non erano visti da nessuno, mentre con questa misurazione gli «spot zero» scendevano a 8. Un gap macroscopico.

    Per evitare ulteriori diatribe si punta a introdurre l' Auditel 2.0, con la misurazione della tv «oltre la tv».

     

    In Italia ci sono in funzione 32 milioni di televisori e oltre 130 milioni di dispositivi attraverso cui programmi e produzioni vengono consumati.

    Quindi si tratta di misurare non solo lo zapping sugli apparecchi televisivi, ma anche il traffico sulla rete casalinga dei contenuti visualizzati sulle smart tv (in cui convergono tv e Internet) nonché i dispositivi mobili come smartphone e tablet. L' obiettivo è quello di una radiografia più corretta e puntuale della total audience, degli ascolti globali, ma chissà se e quando sarà raggiunto.

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    Dopo di che, rimane il vero punto dolente: Auditel valuta l' offerta attraverso una rilevazione quantitativa.

     

    Niente a che vedere con il mitico indice di gradimento usato dalla Rai, che offriva la reazione degli utenti sul piano della qualità delle proposte.

    Può il semplice atto di accendere la tv trasformarsi in un' approvazione implicita di quello che si guarda? Sicuri che, come in politica, alla fine un programma non sia scelto perché il «meno peggio"?

    Guardare una trasmissione - sul divano di casa in modo talvolta discontinuo e distratto - significa automaticamente «vederla» e apprezzarla?

     

    Domande cruciali, ma che vengono elegantemente bypassate. Consentendo a cronisti televisivi impreparati e senza memoria, critici con partita Iva incorporata e rimborsi spese a pie' di lista, blogger improvvisati e incompetenti, letture fallaci e superficiali delle dinamiche televisive. Ormai si cita solo la percentuale, lo share, «quel programma ha fatto il 15%!», senza specificare:1 quante siano le teste, cioè i telespettatori, che mediamente l' hanno seguito (il 15% di 10 milioni è diverso dal 15% su 20);2 quale sia l' orario di messa in onda (il 15% alle 12.30 non vale il 15% alle 21.30);3 quale sia la durata (due programmi che in prima serata totalizzino entrambi il 15% hanno in realtà un peso diverso, se uno finisce alle 23, l' altro alle 00.45).

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    Facciamo qualche esempio sulla base delle eleborazioni dell' autorevole studio Frasi di Francesco Siliato.

     

    Venerdì 16 il film Transporter 3 su Italia 1 ha battuto Il Condannato -Cronaca di un sequestro su Rai 3 (con Ezio Mauro diretto dalla renzianissima Simona Ercolani, nello scimmiottamento di La Notte della Repubblica di Sergio Zavoli): 7,74% con 1.781.003 telespettatori, contro il 6,86% e 1.674.251. Incredibilmente, lo share del film è pari a quello di Quarto grado su Rete4, 7,74%, che però ha attirato meno teste: 1.478.751. Com' è possibile? Semplice: Transporter 3 è durato 124 minuti, 2 ore e 4', Gianluigi Nuzzi ha toccato i 203, 3 ore e 23 minuti. Morale: si può essere meno visti, ma se ci si allunga, grazie allo share sbrodolato non si sfigura (la durata più lunga è comunque di Propaganda Live su La7, 212 minuti, 3 ore e 32', per converso con lo share e l' ascolto peggiori: 3,85% e 733.587 teste).

     

    smart tv smart tv

    Giovedì 15 marzo Boss in incognito (Rai 2) ha avuto 1.418.042 telespettatori, 5,65% in 104 minuti (un' ora e 44').

    In base allo share, ha perso nei confronti di Piazzapulita, che ha fatto il 5,83%. Solo che Corrado Formigli su La7 ha attirato meno pubblico (1.113.447) stando in video oltre il doppio, 220 minuti, 3 ore e 40'.

     

    Il 14 marzo Le Iene su Italia 1 con l' 11,76% hanno battuto Chi l' ha visto?, Rai 3: 10,79%.

    Ma le teste su Rai3 sono state 2.387.829, su Italia 1 2.250.755. Meno teste, paradossalmente con un' ora in più: Le Iene sono state in onda per 205 minuti (3 ore e 25 minuti), Chi l' ha visto? 146 minuti (2 ore e 26 minuti).

    Domenica 11 Non è L' Arena su La7 ha surclassato l' ennesima replica su Rete4 del film Il ritorno di Don Camillo: 5,78% contro 4,60%. Su Rete4 erano tuttavia sintonizzate 1.249.270 persone, su La7 1.206.869. Non solo, e soprattutto: Don Camillo ha intrattenuto il pubblico per 65 minuti, Massimo Giletti è stato in onda per 256 minuti, 4 ore e 16 minuti.

     

    Ovvero la durata del film Loro di Paolo Sorrentino sulla vita privata (vera, presunta, immaginata, trasfigurata) di Silvio Berlusconi. Solo che produttori e regista hanno pensato bene di non infliggere cotanta tortura (nonostante l' indubbio appeal delle leggendarie gesta del Cavaliere) in una sola razione, e l' hanno diviso in due. Urbano Cairo, editore di La7, si fa evidentemente meno scrupoli.

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